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Il Garante per la protezione dei dati personali, su specifica richiesta del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ha espresso parere sul decreto che definisce le procedure di raccolta dati per il Sistema Informativo Nazionale Dipendenze, (Sind), manifestando non poche riserve in merito.
La prima riguarda la poca chiarezza circa le finalità del sistema stesso. Il Sind infatti dovrebbe rappresentare uno strumento di analisi delle attività svolte dal Servizio sanitario nazionale nell’ambito delle dipendenze ai fini di valutazione e programmazione dei servizi, non invece un dispositivo di monitoraggio delle persone che sono in trattamento presso i servizi tossicodipendenze. Il Garante richiama dunque ad una precisa definizione degli scopi istitutivi del Sind osservando che “allo stato, indicazioni circa le possibili finalità cui è preordinato il sistema sono contenute solo nel preambolo e nel disciplinare tecnico allegato allo schema e in maniera, peraltro, non esaustiva”. Definire con chiarezza gli obiettivi che il sistema informativo vuole perseguire è il primo criterio per distinguere le informazioni utili e necessarie da quelle che eccedono i compiti prefissati. Ciò permette di restringere il campo dei dati da raccogliere a tutela della riservatezza: la quale non sembra neppure garantita per altri aspetti, come la non identificabilità delle persone. Su questo punto cruciale il Garante si esprime, ritenendo necessario sostituire la dizione contenuta nel decreto (“informazioni individuali, ma non nominative”) con quella, più corretta, di “dati personali non identificativi”.
Non si tratta di una sottigliezza formale, ma di un fatto sostanziale che minaccia il diritto alla privacy delle persone colpite da infezione Hiv. Poiché le modalità di trattamento dei dati previste dal decreto non forniscono garanzie adeguate ad assicurare pienamente il rispetto dell’anonimato – sentenzia il Garante – non può ritenersi, allo stato, consentita la raccolta nell’ambito del Sind di informazioni personali attinenti a tale infezione”. Insieme ai dati riguardanti questa patologia, per analoga cautela sono esclusi quelli riguardanti i provvedimenti giudiziari.
Infine, sempre allo scopo di delimitare il campo, è richiesto di attingere informazioni solo sulle patologie concomitanti allo stato di dipendenza e “di espungere dallo schema la rilevazione di comportamenti quali il gioco d’azzardo patologico e l’uso di tecnologie digitali (la cosiddetta “dipendenza da computer”) che appaiono, con evidenza, eccedenti rispetto alle finalità del decreto il cui ambito di applicazione è la sola dipendenza da sostanze stupefacenti o da alcool anche in conformità a quanto previsto dalla normativa di settore”.
Anche dai rilievi del Garante circa un dispositivo particolare come il sistema informativo, traspare la debolezza del sistema dipendenze italiano caratterizzato da finalità poco chiare e mal definite, se non per alcuni aspetti ideologici, quali il ripetuto richiamo al “non diritto all’uso di droghe” (oscura espressione di nessuna rilevanza giuridica e culturale); o la pretesa di identificare la “guarigione assoluta” (leggi l’astinenza totale) dagli stati di dipendenza come obiettivo fondativo delle pratiche di trattamento. Siamo nell’ambito della propaganda e tuttavia mancano prese di posizione chiare in ambito tecnico scientifico che denuncino l’attuale scempio.
Per concludere, rivolgo ai tecnici che dovranno attuare il sistema informativo dipendenze alcune domande: se il Sind deve occuparsi solo di dipendenze, quando si dichiarerà che anche i Sert (servizi tossicodipendenze) devono occuparsi di persone dipendenti, per l’appunto, senza confusione coi consumatori? È accettabile il protocollo di certificazione dello stato di tossicodipendenza quando prescrive che le relative procedure “non possono fare distinzione tra uso occasionale, uso regolare o presenza di dipendenza al fine di attivare la sospensione cautelativa del lavoratore”? Vogliamo che i servizi siano valutati sull’adesione alla propaganda oppure al rigore scientifico e alla serietà professionale?