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La rubrica sulla Cannabis Terapeutica di Fuoriluogo.it
Numero 19 – Settembre 2019
Supplemento mensile alla
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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Parliamo un po’ di sesso

Sono stati studiati i risultati di un sondaggio online riguardante vari aspetti dell’esperienza sessuale in 216 canadesi utilizzatori di cannabis. Il 52,3% usava la cannabis per alterare l’esperienza. Il 38,7% diceva che l’esperienza era migliorata, il 16% che era meglio in alcuni aspetti e peggio in altri, il 24,5% riferiva che qualche volta era meglio, e solo il 4,7% diceva che era peggio. Di 202 partecipanti, il 58,9% riferiva che la cannabis aumentava il desiderio, il 73,8% riportava un aumento della soddisfazione sessuale, il 74,3%  un aumento della sensibilità al tocco, e secondo il 65,7% c’era un aumento dell’intensità dell’orgasmo. Di 199 partecipanti, il 69,8% diceva che si rilassava di più durante il sesso, e 100 su 199, il 50,5%, riportavano che erano in grado di concentrarsi meglio. Di 28 partecipanti che riferivano difficoltà a raggiungere l’orgasmo, 14 dicevano che era più facile raggiungere l’orgasmo usando la cannabis, ma solo 10 che l’esperienza era migliore.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31447385

Dolore: risultati di un sondaggio tedesco

In Germania i medici che prescrivono cannabis a spese del servizio sanitario devono compilare un modulo online. Sono stati valutati 3138 questionari con diagnosi principale di dolore. Il farmaco a base di cannabis più frequentemente usato (64%) era il dronabinolo, cioè THC puro. L’età media era di 57 anni, e maschi e femmine erano in numero simile. I pazienti trattati con infiorescenze erano significativamente più giovani (48 anni). Secondo quanto riportato dai medici, il 35,5% dei malati aveva un miglioramento del dolore. Gli effetti collaterali più comuni erano fatica, vertigini e nausea, sintomi correlati a un ridotto stato di vigilanze e quindi rilevanti in termini di capacità di guida, abilità al lavoro e rischio di cadute. 1179 pazienti interrompevano la terapia entro un anno, cioè 37,6%, numero considerato elevato.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31432246

Sempre dalla Germania: THC negli anziani

A 40 pazienti anziani affetti da dolore, e trattati sia un cure palliative che no, è stato somministrato dronabinolo, THC puro. 21 di questi (52,5%) ottenevano un miglioramento del dolore maggiore del 30%, 10% dei pazienti una riduzione del dolore di più del 50%. Mediamente circa quattro sintomi o effetti collaterali correlati ai precedenti trattamenti sono stati influenzati positivamente. Il 26% dei pazienti ha riportato effetti collaterali. Gli autori concludono che i farmaci a bse di cannabinoidi sono efficaci, a basso rischio e dovrebbero essere considerati più precocemente in terapia.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=torontali+gastmeier

Restiamo in Germania: SLA

32 malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica SLA sono stati trattati per quel che riguarda la spasticità con lo spray Sativex, a base di THC e CBD di estrazione vegetale.  Riguardo alla soddisfazione dei pazienti, ponendo 100 come valore massimo, sono stati rilevati i seguenti valori medi: efficacia 70,5, convenienza 76,6 e soddisfazione globale 75,0. Gli autori hanno concluso che “i risultati suggeriscono che il THC:CBD può servire come una preziosa aggiunta nello spettro della terapia sintomatica nella SLA.”
https://bmcneurol.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12883-019-1443-y

La febbre del Mediterraneo

La febbre mediterranea familiare è una malattia autoinfiammatoria con episodi ricorrenti di febbre e infiammazione, che provocano dolore addominale, toracico, articolare e muscolare. È tipica nel Sud-Est del Mediterraneo. Vengono riportati due casi clinici, osservati in Israele, di pazienti resistenti alla terapia usuale, trattati con cannabis. Ambedue hanno avuto un notevole miglioramento nella severità e nella frequenza degli attacchi.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=habib+levinger

L’erba protegge da una grave infezione?

Il Clostridioides difficile è un batterio che causa gravi infezioni con interessamento intestinale, dovute a uso massiccio di antibiotici specie in ospedale. Il cannabidiolo, uno dei componenti della cannabis, sperimentalmente mantiene l’integrità dell’intestino e sopprime la tossina del batterio. Basandosi su tali presupposti, ricercatori americani hanno preso in considerazione i dati di una statistica di pazienti ospedalizzati, con storia di uso di cannabis confrontandoli con non utilizzatori (ogni gruppo era di 29.912 pazienti). Ne è risultato che il rischio di infezioni da Clostridioides era del 28% più basso negli utilizzatori. La riduzione per i consumatori dipendenti di cannabis è stata ancora più elevata, dell’80%, mentre il rischio per i consumatori non dipendenti è stato ridotto solo del 20%. Gli autori hanno concluso che i disturbi da uso di cannabis “erano associati a un ridotto rischio di infezione da Clostridioides difficile tra i pazienti ospedalizzati”.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31493498