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Le modalità con cui Casa Bianca e Pentagono hanno deciso di custodire e processare i detenuti a Guantanamo vanno contro la Costituzione e i valori stessi su cui sono fondati gli Stati Uniti. È la bocciatura senza appello con cui la Corte Suprema si è pronunciata su uno dei dilemmi che hanno spaccato gli Usa dopo l’11 settembre: come bilanciare l’esigenza di sicurezza e la lotta al terrorismo islamico con i diritti fondamentali della persona. Con un voto di 5 a 4, che testimonia quanto l’argomento divida gli stessi giudici di Washington, il massimo organo giudiziario per la terza volta in quattro anni ha detto all’ amministrazione Bush che la realtà della prigione più contestata al mondo è inaccettabile. In passato il governo aveva reagito facendo passare una legge dal Congresso (all’epoca controllato dai repubblicani) per legittimare Guantanamo. Ma ora il Congresso è nelle mani dei democratici e per un’ amministrazione a fine mandato non c’é più tempo per soluzioni del genere.

La tesi di Bush secondo la quale le circostanze eccezionali della “guerra al terrorismo” richiedono strumenti fuori dall’ ordinario, per la Corte non è sufficiente per ignorare i pilastri di uno stato di diritto. “Le leggi e la Costituzione sono disegnati per sopravvivere e restare in vigore anche in tempi eccezionali”, ha scritto nelle motivazioni di maggioranza il giudice Anthony Kennedy, un moderato il cui voto ha dato la vittoria all’ala progressista della Corte. “La libertà e la sicurezza – ha aggiunto Kennedy – possono essere riconciliate e nel nostro sistema lo sono, nella cornice della legge”. Una sentenza già definita storica che ha subito aperto un limbo legale che rende ancora più incerta la già complessa situazione giuridica dei circa 270 detenuti ancora a Guantanamo.

La Corte Suprema ha in pratica dichiarato che anche a loro, pur essendo cittadini stranieri etichettati dal Pentagono come “combattenti nemici”, spetta il diritto di sfidare di fronte a tribunali ordinari le accuse per le quali sono in cella. La corte federale di Washington, che in questi anni ha gestito i casi dei detenuti, è entrata in stato d’emergenza, prevedendo l’arrivo di un’ondata di ricorsi da parte dei legali dei prigionieri. Le 70 pagine della sentenza sembrano lasciare pochi dubbi sul fatto che i presunti terroristi di Guantanamo devono poter comparire di fronte a giudici ordinari e non venir gestiti solo da militari. Ai detenuti spettano regolare diritto alla difesa, presunzione di innocenza, possibilità di interrogare testimoni e ogni altra garanzia basilare prevista dall’ordinamento americano.

“Rispetteremo la decisione della Corte, il che non significa che la condividiamo”, ha detto il presidente, George W. Bush, a Roma, nel corso della conferenza stampa con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. “Valuteranno se sia necessaria una ulteriore attività legislativa”, ha aggiunto. Una probabile conseguenza sarà un colpo di freno ai processi di fronte alle “commissioni militari” in programma in estate: tra questi, quello contro lo stratega reo confesso dell’11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed, e altri quattro presunti leader di al Qaida, rinviati a giudizio la settimana scorsa.

I quattro giudici finiti in minoranza, tra i quali il presidente John Roberts, ritengono che ai detenuti siano stati concessi ben più diritti di quanto storicamente sia mai stato fatto con “combattenti nemici” in periodi di guerra. Ma molti esperti da anni sottolineano che il problema di fondo è proprio la definizione di cosa sia una “guerra al terrorismo”, chi sia da considerare il nemico e quando si possono dichiarare finite le ostilità, restaurando così il diritto. La sentenza è stata accolta con favore dai candidati alla Casa Bianca, il repubblicano John McCain e il democratico Barack Obama, che hanno entrambi promesso di chiudere Guantanamo e trasferire i detenuti negli Usa.

Ma lo stesso Bush da tempo ribadisce una volontà analoga, senza che né Casa Bianca, né il Congresso controllato dai democratici abbiano trovato una soluzione alternativa per i prigionieri. Le circostanze della cattura, la pericolosità di molti di loro, il tipo degli interrogatori cui sono stati sottoposti, le modalità con cui sono stati raccolti gli indizi per i processi: tutto è anomalo e con pochi precedenti. E anche McCain e Obama, per ora, non hanno indicato alcuna idea su come chiudere la drammatica pagina di Guantanamo.