La questione dell’oppio in Afghanistan irrompe nella politica italiana. Era ora. Finalmente si parla di questo nodo, spesso evocato retoricamente a giustificazione della war on drugs, in termini concreti. La proposta di acquistare l’oppio dei contadini afgani, in alternativa alla scelta di sradicare con la violenza le coltivazioni tradizionali anche con l’aiuto delle forze Nato, diventa un punto di confronto nel dibattito sul decreto di rifinanziamento delle missioni all’estero.
L’ordine del giorno illustrato ieri alla Camera dei Deputati da Migliore, Bonelli e D’Elia rappresenta una netta inversione di rotta e può segnare una vera discontinuità nella strategia della presenza internazionale in quel teatro di guerra.
La soluzione politica passa certo attraverso la auspicata Conferenza di pace di cui il Governo italiano intende essere protagonista, ma anche tramite progetti per rafforzare un’economia legale che consolidi la democrazia nel paese.
Il progetto di trasformare l’oppio afgano in morfina da destinare alla richiesta pressante in ogni parte del mondo (e in gran parte inevasa) di farmaci per la terapia del dolore, già dal 2005 è stato elaborato dal Senlis Council, un think tank internazionale che è presente sul campo afgano e che ha prodotto anche uno studio di fattibilità.
Grazie all’iniziativa di Rifondazione, dei Verdi e della Rosa nel Pugno, si riapre il confronto su questa proposte con maggiore nettezza e precisione, dopo che un emendamento approvato dalle Commissioni Esteri e Difesa era misteriosamente scomparso dal testo del decreto.
Basta leggere le rassegne stampa internazionali per cogliere l’arretratezza e la superficialità del dibattito italiano, segnalato peraltro da voci autorevoli: così Barbara Spinelli, sulla Stampa del 21 gennaio scorso, ha denunciato l’insensatezza della campagna di sradicamento dell’oppio che semina povertà e spinge le popolazioni ad aggrapparsi ancor più ai Talebani e lamenta che finora le proposte di legalizzare la produzione dell’oppio, come è accaduto in passato in Turchia, sia caduta nel vuoto. Franco Venturini sul Corriere della Sera, in un editoriale del 21 febbraio, definisce letteralmente suicida l’attuale politica di sradicamento delle colture di oppio.
Lo stanziamento degli Stati Uniti di 700 milioni di dollari al dipartimento della difesa “per combattere la coltivazione di papavero in Afghanistan ed eliminare la produzione e il commercio di oppio ed eroina e per impedire che i terroristi usino i proventi per attività terroristiche” è nettamente superiore al costo del progetto alternativo, ma soprattutto è destinato al fallimento e mette a rischio la missione italiana che intende puntare al rafforzamento della cooperazione civile.
L’ordine del giorno non rappresenta una generica petizione di principio ma richiede un’azione concertata dell’Italia a livello dell’Unione Europea e la definizione di iniziative politiche e amministrative coinvolgendo le Ong interessate e la Croce Rossa Internazionale.
Questa proposta rappresenta un passo vero in direzione della pace in Afghanistan mentre apre nuovi e intelligenti scenari mondiali nel contrasto al narcotraffico. E’ un orizzonte ambizioso e le resistenze forti che già si preannunciano lo confermano.