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HORTEN (NORVEGIA) – La libertà è a un tiro di schioppo. Per raggiungerla basta una decina di minuti in barca o, l´inverno, quando il mare gela in superficie, meno di un´ora di marcia. Eppure, negli ultimi dieci anni, dei centotrenta detenuti che ospita il carcere dell´isola di Bastøy solo tre hanno tentato la fuga. Già, da qui non si evade. Non si lascia il paradiso per l´ignoto. «Non gli conviene», spiega il direttore della prigione, Arne Kvernvik Nilsen. «Se vengono riacciuffati difficilmente potranno tornare qui».
Nel carcere ideale ci sono uomini che hanno compiuto delitti efferati: rapinatori, stupratori e omicidi seriali, che provengono quasi tutti da istituti di massima sicurezza. Sull´isola sono liberi di passeggiare nei boschi. Vedono crescere i fiori, volare gli uccelli. Durante i mesi estivi possono pescare o perfino fare il bagno a mare. Le loro celle sono colorate casette di legno dove vivono autonomamente in cinque o sei. «L´unica restrizione è quella di farsi trovare ai tre appelli della giornata, e di non uscire di casa dopo le 23», dice Nilsen.
Questa Alcatraz senza sbarre né lucchetti si raggiunge in traghetto dal porticciolo di Horten, un centinaio di chilometri a sud di Oslo. Due settimane fa, un detenuto ha rubato una barca di servizio, ma è stato ripreso pochi giorni dopo. «Gli daremo un´altra possibilità, perché ha rispettato il patto che avevano fatto. Ossia che quando uno fugge, una volta raggiunta la terra ferma, ci chiama per avvertirci che non s´è perso in mare, che non è annegato».
Bastøy era una volta conosciuta come l´Isola del Diavolo, perché fu la sede di un severo riformatorio. «Ma dal 2000 è la prima prigione umana ed ecologica del pianeta», racconta il suo direttore. Umana perché ai detenuti viene offerta la possibilità di vivere la simulazione di una vita normale. Ecologica perché sull´isola l´uso delle auto è ridotto al minimo a vantaggio delle bici, perché la terra viene lavorata con i cavalli e perché i rifiuti sono riutilizzati come concime. «Credo che sia difficile ottenere un buon risultato opprimendo e castigando un uomo. Al contrario, se lo rispetti, lui ricambierà». Già, sembrano dottrine di un utopista ottocentesco, eppure il modello Bastøy funziona.
Quanto costa? Poco, o comunque molto meno di un carcere di massima sicurezza. Il cibo è prodotto quasi interamente da detenuti e con la vendita delle pecore e dei vitelli, il penitenziario è quasi autosufficiente. «Per accudire 130 detenuti lavorano circa 70 persone, che la sera rientrano quasi tutte a casa con l´ultimo traghetto. Sull´isola restano solo 5 guardie carcerarie, che non hanno neanche una pistola. Negli altri istituti penali il rapporto è di uno a uno».
Quando arrivano a Bastøy, ai detenuti si chiede di comportarsi in modo responsabile. Le prime settimane viene insegnato loro a cucinare, lavare i panni, pulire la casa. Per scontare la pena in questo carcere unico al mondo, basta non infrangere le regole: devi alzarti alle 8 e preparare il breakfast, poi o vai a lavorare la terra o a scuola. Dalle tre del pomeriggio sei “libero”. «I primi giorni, aspettavo che il secondino mi portasse il caffè e mi aprisse la porta per l´ora d´aria. Non riuscivo a capacitarmi che la porta era sempre aperta e che io potevo uscire a mio piacimento», racconta Joaquim, 36 anni, condannato per rapina a mano armata e spaccio di droga. Gli chiediamo se a Bastøy funziona tutto davvero così bene. «Non proprio», risponde Joaquim. «A me spaventa la promiscuità con alcuni detenuti. È vero, qui sei libero, ma devi condividere la tua libertà con killer seriali e stupratori di bambini. Spesso ho paura. E poi mi mancano le ragazze che trovavo in città».
C´è un altro problema. La droga, quella che portano i famigliari quando vengono in visita sull´isola. Dice il direttore del carcere: «Ogni giorno, vengono analizzate le urine di un paio di detenuti a caso. Chi risulta positivo, viene invitato a recarsi il pomeriggio da uno psicoterapista». Tra gli ottanta edifici dell´isola ci sono una chiesa, una scuola, una biblioteca, un studio dentistico. Tutto ciò nel tentativo di rendere questo posto il più simile possibile a un piccolo villaggio di campagna. Perciò, quando avranno scontato la loro pena, sarà per loro più facile reintegrarsi nella società.
In Norvegia, se vieni sorpreso al volante con un tasso di alcolemia nel sangue appena superiore al consentito, finisci in galera per tre settimane. Ma non esiste l´ergastolo, e solo raramente viene inflitta la pena massima che è di 21 anni. «Prima o poi, il detenuto esce di prigione, e potresti ritrovartelo vicino di casa. Che te ne fai di un uomo che ha vissuto come un cane in gabbia per anni? Cercare di renderlo un cittadino per bene è nell´interesse di tutti». Per Arne Kvernvik Nilsen è lecito immaginare questo sistema carcerario altrove che in Norvegia, che è diventato il paese più ricco del mondo e che conta migliaia di isole deserte, dove poter costruire altrettante prigioni modello. «Basta esportare la filosofia con cui è gestito Bastøy».