Tempo di lettura: 3 minuti

“Sulla droga, a Bologna, manca una politica chiara e questa citta’ non se lo puo’ permettere”, ammonisce Salvatore Giancane, responsabile del Sert di Bologna. Eppure, ci sono medici precari responsabili dell’unita’ di strada del Sert, uno sportello sociale che non esiste piu’ e si assiste a un progressivo depotenziamento dei servizi che scambiano siringhe ai tossicodipendenti e distribuiscono metadone. Ma “non e’ eliminando un servizio che si risolve il problema della droga a Bologna”, insiste Giancane. Parole che convincono senza fatica i consiglieri comunali di maggioranza e opposizione presenti all’udienza conoscitiva che si e’ tenuta oggi a Palazzo D’Accursio sulla droga in citta’ e per fare il punto sui servizi. E le critiche, piu’ o meno pungenti al Comune e all’Ausl, sono bipartisan. A partire dalla diessina Elisabetta Calari, alla quale “sfugge il perche’ non si dia continuita’ a un percorso gia’ avviato, e pure evidenziato nelle linee di mandato sul contrasto all’esclusione sociale”. Ma, sempre in maggioranza, Valerio Monteventi (indipendente del Prc e presidente della commissione Sanita’) e Roberto Panzacchi dei Verdi, rimproverano Comune e Ausl.
Tanto per cominciare, attacca Monteventi, nelle udienze conoscitive avviate da un anno sulla questione droga, “non abbiamo avuto il piacere di vedere gli assessori. Mi sembra quantomeno bizzarro che certe responsabilita’ vadano solo ai consiglieri”. Ogni tanto, aggiunge, “si fa un convegno, si fanno appelli ai giovani perche’ non assumano droghe, e mentre si smantellano poco alla volta i servizi, si parla e non si agisce”. Insomma “le questioni sociali sono affrontate solo con la repressione e il divieto” e il “silenzio totale delle amministrazioni e’ preoccupante”.
Stessa linea per Panzacchi che, con il collega di partito Davide Celli, afferma: “Per molti amministratori far sparire certi servizi significa far sparire il problema”. Anche il capogruppo di Forza Italia, Daniele Carella, pur convinto che “i clandestini che fanno uso di stupefacenti dovrebbero essere mandati a casa”, afferma che “questi servizi sono indispensabili”.
Stefano Mellini, medico (precario) e responsabile dell’unita’ di strada conta a ieri 156 pazienti presi in carico dalla sua unita’, con numeri che pero’ arrivano fino a 500 all’anno. “Non si tratta solo di scambiare siringhe, cosa che puo’ fare anche una macchina, ma di stabilire un contatto, un dialogo con questa gente, il 70% della quale non ha nemmeno un documento”. E poi -va avanti- c’e’ da considerare che ogni 50 milligrammi di metadone che io somministro, sono 100 euro in meno di furti, scippi e spaccio”. L’unita’ considera un successo l’invio del tossicodipendente in comunita’, la cura e poi l’attivazione di percorsi di formazione e rientro al lavoro, ma pure il suo ritorno a casa, perche’ “il molti casi e’ la citta’ e i contatti che si hanno qua che rendono difficile l’uscita dalla dipendenza”.
Nel 2004, le dimissioni positive del genere sono state il 45%, aggiunge. L’unita’ mobile, pero’ -gli fa eco Giancane- non e’ piu’ operativa, gli operatori di strada non hanno piu’ una funzione precisa e “io, come tecnico, non ho mezzi e un budget, ma solo dei doveri”. Riguardo alla forte presenza di non residenti fra i pazienti presi in carico dal Sert, Giancane ricorda che “nessuno degli immigrati che curiamo era tossicodipendente, quando e’ arrivato in Italia. Se fossi un politico, approfondirei il perche’ di questo elemento”. Intanto, pero’, il problema resta “e le strutture di assistenza vengono smontate, perche’ non ci sono funzionari che si occupino specificatamente della questione”.
Ecco perche’ il responsabile del Sert suggerisce al Comune e all’Ausl di fare come a Roma e di creare un’agenzia sulla tossicodipendenza con dentro una persona che faccia le veci dell’amministrazione. Alla fine della commissione, i consiglieri di maggioranza e opposizione si trovano d’accordo sulla necessita’ di fare il punto con gli assessori competenti e di redigere un documento di indirizzo e non un semplice ordine del giorno per trovare una soluzione al graduale disfacimento dei servizi per la tossicodipendenza. Quello che serve, conclude Monteventi, “e’ che il Comune apra una trattativa con la Regione e con il ministero della Salute per ottenere dei fondi”.