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Duro colpo per il presidente colombiano di estrema destra, Iván Duque, che il prossimo 13 marzo punta a essere riletto. Il 19 gennaio la Corte costituzionale colombiana ha imposto lo stop alla ripresa delle fumigazioni aeree sulle zone del Paese in cui si coltiva la pianta di coca (da cui poi si ricava la cocaina).

Interventi unici al mondo, con la Colombia unico Paese ad accettare questa strategia voluta dagli Usa, iniziati nel 1978 contro le piantagioni di marijuana, nel 2000 formalizzati e militarizzati con la firma del Plan Colombia per poi fermarsi nel 2015.

A RIMETTERLI IN CAMPO tre anni dopo, sotto ricatto statunitense (pena la perdita degli aiuti economici), è lo stesso Duque che appena eletto concorda il suo nuovo piano antidroga e di sicurezza nazionale con l’allora presidente americano Donald Trump, facendone un progetto politico.

Guerra senza quartiere non solo contro i cartelli, ma anche contro i consumatori e, soprattutto, rimessa in discussione degli accordi di pace sottoscritti dal suo predecessore con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), il principale gruppo ribelle del Paese.

Per le Nazioni unite, la Colombia è il primo produttore al mondo di cocaina. Nel tentativo di arginare quei raccolti, per decenni, su intere aree rurali e comunità indigene sono stati spruzzati dal cielo milioni di litri di erbicidi a base di glifosato.

Provocando, secondo organizzazioni non governative e istituti di ricerca indipendenti, danni ambientali ed effetti collaterali sulla salute delle persone (bambini compresi). Rivelandosi a lungo termine del tutto inefficaci nell’interrompere la produzione della cocaina, molto richiesta e consumata nei mercati illegali occidentali (e non solo). E provocando migrazioni interne, proteste di massa e il disboscamento di nuove aree forestali.

PER I GIUDICI, le istituzioni colombiane interessate dovevano consultare le popolazioni locali prima di ricominciare a irrorare nuovamente dal cielo, cosa che non hanno fatto, nonostante l’anno di tempo che gli era stato concesso. Una «sentenza storica», per le organizzazioni e gli esperti di diritti umani.

«La decisione della Corte – spiega al manifesto Pedro Arenas di VisoMutop, think thank che dal 2012 promuove riforme delle politiche sulla droga in tutta la Colombia – tutela il diritto di quelle 104 municipalità, che erano nel piano irrorazioni del governo nazionale, di essere informate preventivamente, nell’ambito di un processo di partecipazione e tutela dei diritti delle comunità locali».

Sulla stessa linea Martin Jelsma, direttore del programma Droga e Democrazia dell’olandese Transnational Institute (Tni) che già nel 2001 denunciava gli scarsi risultati ottenuti negli anni Novanta: «Oltre 300mila ettari di campi di coca colombiana e papavero da oppio sono stati irrorati dagli aerei con tre milioni di litri di prodotto – ricorda riportando quei dati di oltre vent’anni fa – ma la coltivazione della coca in Colombia è triplicata da quando sono iniziate le fumigazioni. L’inquinamento colpisce gli esseri umani, gli animali e la vegetazione, distruggendo i mezzi di sussistenza delle comunità contadine e indigene».

Anche per questo, nel 2015, l’allora presidente di centro-sinistra, Juan Manuel Santos, aveva cambiato strategia, incrinando le relazioni con gli Usa. Stop alle fumigazioni e accordo di pace con le Farc.

Anche perché nel frattempo il glifosato usato per le irrorazioni era stato classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come probabile o possibile agente cancerogeno per l’uomo.

IL PIANO DI SANTOS prevedeva un programma nazionale con fondi statali per la sostituzione delle colture. Essendo antieconomico, causa assenza di infrastrutture, coltivare in quelle remote aree montuose e forestali altri prodotti (ad esempio il cacao o il caffè al posto della coca), lo Stato avrebbe messo a punto un programma che sovvenzionava quelle famiglie.

Arriviamo così al 2018: in Colombia viene eletto Duque, fin dall’inizio contrario all’accordo con le Farc e che oggi potrebbe contare su appena il 4% dei piani di sviluppo per la Colombia rurale completati, tra quelli previsti entro il 2021. La produzione di coca intanto cresce e su spinta Usa il governo colombiano studia un nuovo piano di fumigazioni.

«PER RIPRENDERLE – assicura Arenas – ora il governo deve riavviare nuovamente l’iter per l’ottenimento dell’autorizzazione ambientale e sanitaria nel rispetto delle prescrizioni disposte dalla Corte costituzionale. Tale processo richiederà quasi un anno e molti esperti ritengono che in ogni caso l’amministrazione Duque non può avvelenare dall’aria il suolo, i raccolti e la foresta pluviale, con il pretesto di perseguire i narcotrafficanti».

Intanto, anche alla Casa Bianca, almeno pubblicamente, la politica sembra essere cambiata. La nuova amministrazione statunitense, guidata dal democratico Joe Biden, non ha fatto cenno alle fumigazioni nella dichiarazione congiunta del Gruppo di lavoro bilaterale antidroga Colombia-Stati uniti del 24 settembre.

L’ong britannica Human Rights Watch (Hrw), in vista della visita in Colombia del sottosegretario di Stato Usa, Antony J. Blinken, gli ha ugualmente ricordato pubblicamente che «gli agricoltori hanno segnalato sintomi da esposizione al glifosato che includono irritazione della pelle, lesioni cutanee, allergie, problemi respiratori e vomito», in aggiunta alle «prove che il glifosato può alterare il sistema endocrino umano e causare gravi danni agli occhi».

[Fonte il manifesto, 23/1/2022]