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Preoccupa notevolmente la notizia di cui all’articolo sul Manifesto del 18 aprile (pag 6), circa i lavoratori della cooperativa Basaglia di Trieste messi in cassa integrazione. Battuta dai giochi al ribasso nelle gare di appalto per vari servizi – pulizie, ristorazione, manutenzioni edili, trasporti, logistica – la triestina cooperativa Basaglia ha dovuto mettere in cassa integrazione ben 220 lavoratori. Per il 43% i dipendenti della cooperativa provengono dall’area del disagio psichico: e non vi è bisogno di spiegare perchè fattacci come questo, di cui sono spesso responsabili pubbliche amministrazioni le quali se ne fregano sia della qualità dei servizi, sia delle altre ricadute negative di una competizione a prezzi sempre più stracciati, colpiscano indiscriminatamente tutti i cosiddetti soggetti deboli. Quindi, dovrebbe essere inutile aggiungere, anche i tossicodipendenti, per i quali la possibilità di lavorare è un passaggio cruciale nel percorso di cura e riabilitazione.      Un confronto significativo: nella piana pontina le retribuzioni delle varie manovalanze si sono andate riducendo da quattro sino a due euro all’ora, per lo più attraverso il licenziamento di extracomunitari in regola sostituiti da clandestini in nero. Stiamo arrivando a questo punto anche nella guerra fratricida tra cooperative sociali, alimentato dal cinismo dei compratori di serivizi? Recita un detto siciliano: il limone prima si spreme e poi si getta; e  non è una metafora, come mostra il caso di quel  lavoratore assassinato e sciolto nell’acido per aver reclamato i miseri salari non pagati.