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Sono trascorsi oltre dieci anni da quando i giudici della Corte costituzionale, con la sentenza n. 301 del 2012, avevano riconosciuto il diritto per i detenuti di svolgere colloqui riservati come “una esigenza reale e fortemente avvertita…che merita ogni attenzione da parte del legislatore”, pur dichiarando l’inammissibilità della questione.

Tante cose sono accadute da quella pronuncia, sollecitata dal Tribunale di sorveglianza di Firenze. Diverse sono state le proposte di legge sul diritto all’affettività e alla sessualità, che si sono susseguite in questi anni. Particolarmente significativi i disegni di legge presentati da due consigli regionali, quelli della Toscana, nel 2020, e del Lazio, nel 2022. Nonostante questi richiami e l’esplicito monito della Corte del 2012, il legislatore è rimasto fermo. Non è ormai più possibile accettare che un diritto così importante delle persone recluse continui a non trovare attuazione. Né può essere tollerata la latitanza di un legislatore che, sul tema della sessualità in carcere, ha reso il nostro Paese quasi un unicum nel contesto europeo. Ben 31 Stati dei 47 che compongono il Consiglio d’Europa autorizzano, sia pure con diverse modalità, le visite “intime” dei detenuti.

Un Magistrato di Sorveglianza, stavolta quello di Spoleto, ha di nuovo posto la questione all’attenzione della Consulta. Con l’ordinanza n. 23 del 12 gennaio 2023, il giudice Fabio Gianfilippi ha sollevato l’illegittimità dell’art. 18 dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ostino ragioni di sicurezza, di svolgere colloqui intimi, anche a carattere sessuale, con la persona convivente non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale di custodia. Questa questione sarà discussa dalla Corte il prossimo 5 dicembre.

Oltre 100 fra giuristi, associazioni e altre personalità che si occupano di carcere hanno lanciato, proprio in vista della seduta della Consulta, un significativo appello, nel quale ricordano che la privazione dell’affettività e sessualità si configura come “un’autentica e indifferenziata pena accessoria”, “una primitiva sanzione corporale contraria al disegno costituzionale delle pene”. Chiedono perciò che la Corte dichiari l’incostituzionalità del controllo visivo non supportato da specifiche esigenze di sicurezza.

L’appello, al quale hanno aderito sia Fuoriluogo che Forum Droghe, è promosso da La Società della Ragione, Associazione Luca Coscioni e Centro per la Riforma dello Stato. L’estensore e primo firmatario è Andrea Pugiotto (Università di Ferrara). Il testo è aperto alla sottoscrizione all’indirizzo https://www.societadellaragione.it/affettivita.