Tempo di lettura: 2 minuti

La Associated Press (AP) sta pubblicando una serie di inchieste sulla guerra alla droga. Nella prima, uscita in maggio, ci si chiede come mai a 40 anni dalla dichiarazione di Richard Nixon della war on drugs e dopo aver speso un milione di milioni di dollari, gli Stati Uniti e il Messico continuino a combattere una battaglia persa.
L’ultimo pezzo, dei primi di dicembre, ha un titolo espressivo: “Gli arresti di esponenti dei cartelli non frenano il traffico di droga”. L’articolo ricorda la conferenza stampa del Procuratore Holder, nel 2009, in cui fu annunciata una delle più grandi operazioni della polizia federale contro il cartello messicano di Sinaloa, con 761 persone arrestate e 23 tonnellate di droga sequestrate. Nell’occasione il capo della Dea, Michele Leonhart, dichiarò: “Oggi abbiamo inferto al cartello della droga di Sinaloa un colpo schiacciante”.
A distanza di due anni, l’inchiesta della AP ha ricostruito gli esiti di questa operazione, consultando migliaia di pagine di fascicoli giudiziari e intervistando dozzine di detenuti e di agenti di polizia. Si è così scoperto che
– i boss non sono mai stati beccati
– molti degli arrestati non sono neppure personaggi di medio calibro: sono spacciatori di strada americani e “muli” che aiutano a contrabbandare le droghe, ambedue facilmente rimpiazzabili.
– un terzo degli arrestati sono già fuori, o perché non c’erano prove sufficienti o perché hanno patteggiato la pena o perché lavorano sotto copertura per la Dea.
L’inchiesta enumera le operazioni principali che avrebbero dovuto infliggere “corpi mortali” ai cartelli:
– l’operazione “Imperatore Imperiale” del 2007 con 400 arresti
– il Project Reckoning del 2008 (507 arresti)
– il Project Coronado del 2009 che portò a 1.186 arresti, a detta di Holder “assestando un colpo significativo” al cartello La Familia
– il Project Deliverance del 2010 con 2.200 arresti
Ciononostante, non risulta alcun rallentamento nel traffico. L’unico effetto rilevabile dei raddoppiati sforzi di Messico e Stati Uniti nella guerra alla droga è l’aumento della violenza, che ha portato a 30.000 morti in Messico.

L’articolo di M. Mendoza e E. Spagat della Associated Press su www.alternet.org