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Con rare eccezioni i nostri media hanno passato in cavalleria il documentato dossier dell’Economist (7 marzo) sugli effetti perversi della guerra alle droghe. Il dossier non disconosce il successo apparente di alcune escalation repressive: ma per esempio, nel caso di quella messicana, ne snocciola la tragica serie di conseguenze negative: i 10.000 ammazzati in breve tempo; la proliferazione di significativi “avvertimenti”, come le teste mozzate disseminate ovunque e le centinaia di corpi squagliati nell’acido; il preoccupante aumento e diversificazione di varie attività criminali (taglieggiamenti, rapimenti, ecc.), a “compenso” degli spazi parzialmente perduti nel narcotraffico; le vistose spaccature tra forze dell’ordine corrotte e non; quindi lo sconvolgimento della vita di intere nazioni, sino alla fuga dei benestanti che si accodano agli emigranti miserabili, sino al blitz verso la frontiera messicana delle milizie di Obama. E infine crescono i passaggi di molti consumatori di coca a psicostimolanti più pericolosi, come le varie amfetamine, mentre velocemente aumenta la tossicità della coca stessa.

Ma il dossier non poteva sviscerare tutte le ricadute negative delle politiche proibizioniste. Per esempio, non parla della frequenza crescente di esecuzioni capitali in divesi paesi, spesso mirate a eliminare soggetti scomodi che con il narcotraffico non hanno a che fare; né delle condizioni disumane di galere come le nostre (“celle piene, turni per stare in piedi”, titola vistosamente il Corriere della Sera dell’8 marzo); né di altri fattacci assai meno noti, ma non meno preoccupanti, come il passaggio di molti ragazzi e giovani adulti, per timore di sanzioni penali, da consumi per lo più a basso rischio – come l’uso moderato di cannabis – a consumi di farmaci di uso medico assai più pesanti, lecitamente o illecitamente procurati. Quest’ultimo fenomeno è il pendant di un vecchio problema troppo spesso trascurato: cioè la radicata abitudine di correre all’armadietto dei farmaci – psico e non-psico – a ogni stormir di fronde nella famiglia, nella scuola, sul lavoro e altrove; un’abitudine suscettibile di accrescere la vulnerabilità di ragazzini e adolescenti alla onnipresente offerta di droga. Ma molti dati oramai da tempo dimostrano che questo percorso non è più un viaggio di sola andata, bensì di andata e ritorno. Infatti già sin dagli anni ’60 si era constatato negli USA un uso crescente, da parte degli studenti di college, di farmaci notevolmente pericolosi come la fenciclidina, il metaqualone e l’amfetamina, in aggiunta o in sostituzione delle droghe illecite “classiche” come l’eroina, la cocaina e la cannabis. Da allora il fenomeno si è notevolmente esteso e diversificato: oggi il gran bazar dei farmaci di uso medico abusati come droghe, da parte di un numero sempre crescente di soggetti sempre più giovani, comprende molti oppiacei, sedativi, ansiolitici, sonniferi e psicostimolanti per lo più amfetaminici. Tre anni fa tale andamento aveva indotto una rivista medica di grande autorevolezza e diffusione, il New England Journal of Medicine, a lanciare un grido di allarme, a firma del noto psichiatra e psicofarmacologo newyorchese Richard A. Friedman, con ampi riferimenti a documenti ufficiali delle autorità sanitarie statunitensi. Friedman insisteva sul fatto che il timore di sanzioni penali era una delle principali cause del passaggio da consumi meno rischiosi – come l’uso moderato di cannabis da parte della stragrande maggioranza dei consumatori di droghe illecite – a consumi a rischio assai più elevato. Tali avvertimenti sono stati a lungo volutamente ignorati in Italia: un’ignoranza che si è tradotta in uno spreco di una parte consistente dei fondi per la lotta alla droga in pseudoricerche e in campagne “educative” di dubbio valore e di nessuna utilità. Solo di recente il Cnr ha condotto un ampio studio sul risorso a farmaci di uso medico da parte di 10.000 studenti di 15-16 anni (Unità, 27 marzo). Purtroppo non sorprende che gli usi e gli abusi di cocktail spesso strampalati e assai rischiosi di farmaci e di droghe lecite e illecite siano a prima vista addirittura più allarmanti di quelli già da tempo noti negli Stati Uniti.