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“Una struttura che è stata pensata per agire precocemente, per un’intesa su come attuare le politiche antidroga (la cui definizione spetta comunque al governo), per razionalizzare e per promuovere politiche di intervento”. Questo il nuovo Dnpa secondo Giovanni Serpelloni, responsabile dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze della Regione Veneto, chiamato a dirigere la struttura.

Il Dnpa, giova ricordarlo, era stato istituito sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri, dove aveva operato per circa tre anni. Nel 2006 fu soppresso, a favore della nuova Direzione tossicodipendenze presso il Ministero della Solidarietà sociale, Oggi, col nuovo cambio di governo, si torna alle origini. Abbiamo posto qualche domanda al nuovo direttore, cercando di capirne strategie e ipotesi di lavoro.

Dott. Serpelloni, quali sono le urgenze su cui concentrarsi?

Importante il fatto che si riparta da subito con una struttura funzionale, che deve essere al servizio di tutti. Le urgenze? Sto lavorando per elaborare un piano di strategie con il sottosegretario di riferimento, vale a dire l’on. Giovanardi; per individuare una sede adeguata, funzionale, che permetta di lavorare a stretto contatto con gli interlocutori politici; un’attenta selezione del personale, che sarà scelto sulla base della motivazione a lavorare contro le droghe; e poi individuare formule migliori per creare una rete di interlocutori, capace di far interagire tutti coloro che hanno voglia di fare.

E di cose da fare ce ne sono tante…

Nei giorni scorsi ho incontrato rappresentanti della Fict, del Cnca… Insomma, operatori impegnati quotidianamente sul campo. Come struttura dobbiamo capire e far capire per esempio chi sono gli interlocutori. Si pensi al problema dei referenti: al Governo si possono chiedere alcune cose, ma tanto va chiesto alle regioni. Tutti si devono rendere conto che la programmazione, la destinazione delle risorse, i controlli e altro ancora sono in mano alle regioni. Dunque, quando si fa qualcosa o si vantano diritti il problema di non sbagliare interlocutore è fondamentale. Le comunità accreditate non vengono pagate? Ci sono regioni che non pagano da anni, ma è a loro che bisogna rivolgersi.

Pubblico e privato. Anche in questo campo non sono mancati gli attriti. Questioni di metodo prima ancora che di merito…

C’è e ci dovrà sempre essere un’integrazione dei servizi. Non è corretto non tenerne conto. Forse gli operatori devono cominciare a preoccuparsi degli aspetti tecnici, e spostare i discorsi politici su altri tavoli. Io ho collaborato con tutti i governi. Le risposte devono essere comuni: o ci mettiamo in questa mentalità o continueremo con tante parole che non porteranno a nulla. Ma, in realtà, penso che su tante cose si sia molto più vicini di quanto si pensi.

Può darsi, ma le differenze rimangono. Il ministro Amato aveva proposto test nelle scuole, ma è stato criticato. A Milano ha fatto discutere il kit per i test in famiglia…

Il problema in Italia è che si parte dalle soluzioni e non dall’analisi dei fenomeni. Proviamo a pensare: ci stiamo giocando tutto sul lato dell’assistenza. Non ho mai sentito nessuno fare un discorso della diagnosi precoce. Da quando comincio ad assumere sostanze a quando vengo a contatto con le strutture, possono passare 8, 10 anni. Con danni spesso irreparabili. Nel frattempo un giovane si è devastato anche il cervello. Il problema è quello di fare sforzi per prevenire e, al limite, per intercettare precocemente il giovane che entra a contatto con le sostanze. Al di là del fatto che si tratti di droghe pesanti, leggere, etc. Io ho quattro figli, si fanno screening per tutto, controlli periodici per posture e altro. Perché non si può pensare a diagnosi in tema di tossicodipendenze? Con la diagnosi precoce stiamo battendo il cancro. E le droghe? Attenzione: non sono d’accordo sugli screening a scuola, sui test coercitivi, etc. Ma perché non si può parlare di test volontari sui minorenni? Ripeto: stiamo parlando di minorenni. Dobbiamo intercettare il disagio e il problema quando sono agli inizi.

A proposito di intercettare i problemi: per molti i Sert non sarebbero in grado di intercettare i nuovi fenomeni legati alle dipendenze…

Quando una persona sta male e arriva a suonare un campanello, trova una comunità, un Sert, un ospedale, etc. C’è un coordinamento a livello territoriale come risposta. Il resto è fatto di piccole questioni di potere, che possono e devono essere superate.