I dati sui consumi di sostanze psicoattive tra la popolazione europea dell’Osservatorio di Lisbona, al contrario delle letture allarmistiche della relazione governativa al Parlamento italiano, esigono un cambio radicale politico-culturale sui consumi di droghe. Si tratta di prendere atto che i consumi di sostanze psicoattive legali e illegali fanno parte della nostra vita quotidiana, della nostra cultura.
Fino ad oggi i Paesi europei, anche se con diverse e sostanziali differenze, hanno adottato politiche proibizionistiche e, in particolare, l’Italia con la legge Fini-Giovanardi, ha scelto la logica della repressione dei consumatori, della stigmatizzazione dei loro comportamenti e della medicalizzazione istituzionalizzante.
Questa politica ha fallito tutti gli obiettivi che si era data e nello stesso tempo ha creato e moltiplicato i rischi e i danni per i consumatori di droghe. L’illegalità del consumo e del mercato, infatti, spinge i consumatori verso comportamenti rischiosi e dannosi sia per la salute che per la socialità e ostacola l’apprendimento di comportamenti di consumo responsabili .
Ma vi sono segnali di una critica pragmatica a questa pesante realtà che provengono dalle città: da Milano a Torino, da Roma a Napoli e altre ancora, dove, da tempo, si realizzano politiche sociali e socio-sanitarie di riduzione del danno che aprono contraddizioni importanti nella politica nazionale. Parallelamente movimenti metropolitani diversi, insieme ad aggregazioni di consumatori, autonomamente praticano e diffondono forme di autoregolazione responsabile dei consumi.
Napoli, pur nelle sue contraddizioni di città meridionale, è un laboratorio di sperimentazioni e di innovazioni, che ha visto protagonisti i servizi e gli enti pubblici, in stretta connessione con il terzo settore e in dialogo costante con la società civile.
In particolare, si è tentato di superare il “modello unico” di servizio (basato su SerT e comunità terapeutiche) attraverso una differenziazione dei modelli di intervento e delle azioni socio-sanitarie e sociali, adeguate alla pluralità dei contesti nei quali si realizzano i variegati stili consumo: dai Sert, alle strutture intermedie e ai drop in, alle unità di strada, ai servizi per i nuovi consumatori socialmente integrati, alle equipe che operano nei contesti del divertimento, fino agli interventi in carcere. Si seguono i principi della riduzione del danno intesa come politica pragmatica, prospettiva culturale, scelta organizzativa.
L’obiettivo comune è la costruzione di un sistema a rete interistituzionale cittadino, flessibile e articolato che consenta un governo dei processi aperto alle innovazioni: capace, cioè, di riadeguare i servizi e le politiche, venendo incontro alle esigenze di salute e di convivenza dei consumatori, invece di andarvi contro.
Napoli, come le altre città, cioè, prova ad attenuare gli effetti negativi sulla salute e sulla socialità della legge antidroga nell’ambito di un ripensamento generale di una città più sicura in quanto più “ospitale”, impegnata non a reprimere, ma a regolare i fenomeni sociali.
Ma a Napoli, come nelle altre città, vi è stato un allentamento della tensione da parte delle istituzioni, anche per effetto della crisi del welfare, dei tagli ai Comuni e della crisi finanziaria delle Asl. Di queste contraddizioni discuterà l’appuntamento annuale di Summer school promosso da Forum Droghe e dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, a Firenze (5-7 settembre).
E’ necessario un rilancio. Dalle città parta la ripresa di un welfare del “comune” e la sfida al governo per un cambio di rotta radicale delle politiche sulle droghe.
Articolo di Redazione
Stefano Vecchio, Comitato Scientifico Forum Droghe, scrive per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 settembre 2013. Info Summer School Drugs and the city su formazione.fuoriluogo.it.