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stefano-vecchio.jpgI dati sui consumi di sostanze psicoattive tra la popolazione europea dell’Osservatorio di Lisbona, al contrario delle letture allarmistiche della relazione governativa al Parlamento italiano, esigono un cambio radicale politico-culturale sui consumi di droghe. Si tratta di prendere atto che i consumi di sostanze psicoattive legali e illegali fanno parte della nostra vita quotidiana, della nostra cultura.
Fino ad oggi i Paesi europei, anche se con diverse e sostanziali differenze, hanno adottato politiche  proibizionistiche e, in particolare, l’Italia  con la legge Fini-Giovanardi,  ha scelto la logica della repressione dei consumatori, della stigmatizzazione dei loro  comportamenti e della medicalizzazione istituzionalizzante.
Questa politica ha fallito tutti gli obiettivi che si era data e nello stesso tempo ha creato e moltiplicato i rischi e i danni per i consumatori di droghe. L’illegalità del consumo e del mercato, infatti, spinge i consumatori verso comportamenti rischiosi e dannosi sia per la salute che per la socialità e ostacola l’apprendimento di comportamenti di consumo responsabili .
Ma vi sono segnali di una critica pragmatica a questa pesante realtà che provengono dalle città: da Milano a Torino, da Roma a Napoli e altre ancora, dove, da tempo,  si realizzano politiche sociali e socio-sanitarie di riduzione del danno che aprono contraddizioni importanti nella politica nazionale. Parallelamente movimenti metropolitani diversi, insieme ad aggregazioni di consumatori, autonomamente praticano e diffondono forme di autoregolazione responsabile dei consumi.
Napoli, pur nelle sue contraddizioni di città meridionale, è un laboratorio di sperimentazioni e di innovazioni, che ha visto  protagonisti i servizi e gli enti pubblici, in stretta connessione con il terzo settore e in dialogo costante con la società civile.
In particolare, si è tentato di superare il “modello unico” di servizio (basato su SerT e comunità terapeutiche) attraverso una differenziazione dei modelli di intervento e delle azioni socio-sanitarie e sociali, adeguate  alla pluralità dei contesti nei quali si realizzano i variegati stili consumo: dai Sert, alle strutture intermedie e ai drop in, alle unità di strada, ai servizi per i nuovi consumatori socialmente integrati, alle equipe che operano nei contesti del divertimento, fino agli interventi in carcere. Si seguono i principi della riduzione del danno intesa come politica pragmatica, prospettiva culturale, scelta organizzativa.
L’obiettivo comune è la costruzione di un sistema a rete interistituzionale cittadino, flessibile e articolato che consenta un governo dei processi aperto alle innovazioni: capace, cioè, di riadeguare i servizi e le politiche,  venendo incontro alle esigenze di salute e di convivenza dei consumatori, invece di andarvi contro.
Napoli, come le altre città, cioè, prova ad attenuare gli effetti  negativi sulla salute e sulla socialità della legge antidroga nell’ambito di un ripensamento generale di una città più sicura in quanto più “ospitale”, impegnata non a reprimere, ma a regolare i fenomeni sociali.
Ma a Napoli, come nelle altre città, vi è stato un allentamento della tensione da parte delle istituzioni, anche per effetto della crisi del welfare, dei tagli ai Comuni e della crisi finanziaria delle Asl. Di queste contraddizioni discuterà l’appuntamento annuale di Summer school promosso da Forum Droghe e dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, a Firenze (5-7 settembre).
E’ necessario un rilancio. Dalle città parta la ripresa di un welfare del “comune” e la sfida al governo per un cambio di rotta radicale delle politiche sulle droghe.