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ROMA – Riccardo Riccò ci ripensa e confessa di aver assunto l’Epo di terza generazione, il cosiddetto CERA. Il ciclista, fermato mentre partecipava al Tour de France, ha ammesso le sue colpe nel corso della prima udienza davanti alla procura antidoping e al procuratore del Coni Ettore Torri. Ma il padre del ciclista non nasconde i dubbi: “E’ impossibile che abbia fatto tutto da solo”.

L’ammissione. “Davanti alla procura antidoping mi sono preso le mie responsabilità – dichiara l’atleta- Prima del Tour ho sbagliato, ho assunto la sostanza che tutti sapete. E’ stato un errore soltanto mio, e anche per questo ho rifiutato di inoltrare la richiesta per le controanalisi”. L’atleta smentisce inoltre le voci su un possibile doping di squadra. “Nel mio gesto non sono stato consigliato da nessuno. Mi sono informato sulle conseguenze di questa sostanza su Internet. Quando l’ho presa, ero convinto di non rischiare nulla per la mia salute”.

Le scuse. La confessione è anche il momento per le scuse: “Il mio pensiero va alla squadra, perché per colpa mia qualcuno può aver perso il lavoro. Penso anche ai miei compagni del team che, sempre per causa mia, hanno dovuto rinunciare a proseguire la loro avventura al Tour de France”. Anche i tifosi sono citati dal modenese: “Sono venuto davanti alla procura antidoping per togliermi un peso, perché mi sento in colpa e in dovere di scusarmi anche nei confronti dei miei tifosi”.

La polemica. Riccardo Riccò non risparmia però una frecciata al mondo delle due ruote: “La cosa che mi ha ferito di più in tutta questa vicenda è stata l’ipocrisia dell’ambiente del ciclismo”.

Il padre: “Non ha fatto tutto da solo”. “Riccardo non era capace di procurarsi da solo questa sostanza”. Rubino Riccò, il padre del ciclista difende così il figlio. “Mi disse che aveva assunto queste cose in Italia – dice – La speranza è che il suo gesto aiuti il ciclismo, un mondo dove girano tanti soldi ed è ancora facile nascondersi dietro a un dito”.