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1. Violazioni al diritto alla salute delle Persone che usano droghe (PUD).

La Riduzione del Danno (RdD) è stata riconosciuta come una componente fondamentale del diritto alla salute, così come del diritto di ognuno a fruire dei progressi della scienza. È stata esplicitamente citata come misura cruciale per le PUD in molte occasioni dall’Assemblea Generale ONU [1] dallo Human Rights Council,[2] e da altre agenzie ONU [3][4][5][6].

In Italia, il diritto alla salute basato sulla disponibilità e accessibilità di servizi di RdD non è garantito in modo omogeneo in tutto il paese, sebbene questi servizi, in linea con la legge nazionale, dovrebbero essere servizi sanitari pubblici essenziali (LEA).

Nonostante queste norme, nessun passo concreto è stato intrapreso dai vari governi per l’implementazione di questi servizi: dal 2015, solo 12 regioni su 20 hanno un sistema di servizi di RdD, e solo in 6 regioni si tratta di servizi stabili. 6 regioni non hanno alcun servizio di RdD, mentre 2 regioni non hanno fornito dati [7]. Questo comporta un maggior livello di rischio (overdose, infezioni da HIV e HCV, altri danni correlato all’uso per via iniettiva) e differenze importanti nell’esigibilità del diritto alla salute per quelle PUD che vivono nelle molte regioni che non garantiscono programmi di RdD.

1.1  Discriminazione verso i migranti, rifugiati e richiedenti asilo che usano droghe.

In Italia i migranti con permesso di soggiorno hanno il diritto di accedere a tutti i servizi sanitari del Servizio sanitario pubblico nazionale (SSN), mentre quelli senza permesso legale hanno accesso solamente alle cure urgenti e primarie.

Dato che la RdD e i trattamenti per le dipendenze sono considerarti servizi essenziali, dovrebbero essere accessibili in egual misura per i migranti con o senza permesso di soggiorno.

Nel concreto, tuttavia, molti operatori fanno difficoltà ad accettare i migranti non regolari invocando questioni burocratiche, e molti trattamenti residenziali li discriminano, dando priorità agli italiani nativi o ai migranti con permesso. Le recenti riforme della legge nazionale sull’immigrazione e sui richiedenti asilo hanno avuto un impatto negativo sul diritto alla salute di rifugiati e richiedenti asilo. Queste leggi introducono un sistema più restrittivo e repressivo, che fa sì che molti richiedenti asilo perdano il loro temporaneo permesso di soggiorno. La conseguenza è che rischiano maggiormente l’espulsione o il carcere.

Gli operatori della RdD pensano che il sommarsi del loro status illegale con lo stigma ad esso associato sia una forte barriera contro la loro possibilità di accedere ai servi per le dipendenze, sia di RdD che di trattamento.

1.2  La RdD in carcere

La sola misura di RdD presente nelle carceri italiane è il trattamento metadonico, che viene somministrato a chi risulta diagnosticato come ‘tossicodipendente’. In caso di sintomi da astinenza, spesso il trattamento non è immediato, la continuità della cura dall’esterno all’interno o viceversa – oppure anche nel caso di trasferimento ad altro carcere – a volte non è assicurato o comunque viene ritardato.

La terapia metadonica a mantenimento è spesso assente. Ogni altro servizio di RdD non è previsto.

2. Il sistema giudiziario e la criminalizzazione delle PUD

L’incarcerazione per uso personale è stata abrogata dal referendum del 1993 (con la protesta allora dell‘ INCB [8]), ma la struttura complessivamente repressiva della legge è rimasta inalterata. È possibili perquisire senza alcuna autorizzazione per solo sospetto di sostanze, e il possesso è sufficiente per portare all’arresto e alla denuncia: la sottile distinzione tra possesso per uso personale o per spaccio, dovuta alla soglia molto bassa del principio attivo (250mg eroina, 500mg THC, 750mg cocaina), è difficile da determinare per un consumatore.

La profilazione etnica da parte della polizia è molto ricorrente [9].

Nella quotidiana prassi dei tribunali, I consumatori devono provare l’uso personale (inversione dell’onere della prova). In questo modo, i più deboli, e tra loro i migranti, finiscono con l’affollare le carceri del paese. In Italia, alla fine del 2021, 18.884 persone – il 35% di tuti i detenuti – sono in carcere per droga. Il doppio della percentuale europea (18%) e molto di più della media mondiale. 7 su 10 finisce in carcere per reati minori, il 30% sono stranieri. Il 36% di chi entra in carcere è tossicodipendente. Le misure alternative al carcere alla fin fine finiscono per essere non una alternativa, ma un incremento dell’area pensale del controllo, stante che il numero dei detenuti/e non diminuisce: i dati sono scarsi, ma sappiamo comunque che tra loro 3.600 sono dipendenti da alcool o da sostanze. Le leggi sulle droghe e la stigmatizzazione sono causa di morti dovute alla violenza della polizia durante fermi e arresti o di abusi durante la carcerazione: è il caso delle morti di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Aldo Bianzino e dei 13 morti in carcere nel 2020 durante le lotte al momento del primo lockdown.

2.1  Criminalizzazione e stigmatizzazione del consumo di droghe

 Le sanzioni amministrative per uso personale non sono semplici multe, sono misure punitive e emarginanti, come la revoca della patente o del passaporto, anche se la persona non ha agito condotte pericolose (per esempio non ha guidato sotto l’effetto di sostanze) Sono misure che ricadono sul diritto al lavoro, così come sulla possibilità di muoversi liberamente. Circa 1.500.000 italiani sono stati segnalati per droga dal 1990 ad oggi. Le segnalazioni restano nei files della polizia, a tempo illimitato: intere generazioni sono schedate, con il conseguente stigma. Ci sono stati diversi casi di suicidio correlati alla repressione del consumo. Il più drammatico è quello di un ragazzo di 16 anni, che si è tolto la vita dopo che la polizia l’aveva fermato davanti alla scuola con pochi grammi di marijuana, e condotto a casa per una perquisizione alla presenza della madre. Secondo la legge, la coltivazione per uso personale non rientra nelle condotte dell’uso personale, anche se la Corte di Cassazione si è espressa a favore; tuttavia questo non impedisce che chi coltiva per sé sia denunciato, anche se spesso poi assolto. La pena massima è comunque sei anni di carcere. Per i migranti è anche applicata l’espulsione dal sistema di accoglienza, anche quando abbiano la protezione per motivi umanitari.

3. Diritto alla salute e sostanze psicotrope

Solo dal 2010 l’Italia ha riconosciuto il diritto alle cure palliative e contro il dolore come un diritto inviolabile di ogni cittadino/a. restano non pochi problemi circa l’uso di sostanze per scopo terapeutico. In alcune regioni, l’accesso in ogni momento dell’epidurale per il parto senza dolore è limitato e non garantito. Negli anni più recenti, il Ministero della salute non è stato in grado di assicurare la disponibilità di cannabis medica in misura sufficiente a soddisfare una crescente domanda terapeutica. Questo ha causato seri problemi a molti pazienti, che hanno dovuto sospendere i trattamenti. È anche accaduto che pazienti che per questo coltivavano personalmente la cannabis per scopo medico siano stati denunciati.

4. Diritti culturali e religiosi

Nel 2009 l’organizzatore del più importante festival reggae d’Europa, Rototom Sunsplash, è stato denunciato per ‘favoreggiamento all’uso di droghe’ a seguito di una inchiesta dei Carabinieri di Tolmezzo, Friuli. Nel 2015 è stato assolto [10] mentre il festival nel frattempo è stato ospitato dalla Spagna, facendo perdere all’Italia un importante evento culturale.

Nel 2022, l’Italia ha incluso la ayahuasca e le piante da cui deriva nelle tabelle delle sostanze proibite. Il ricordo alla giustizia amministrativa presentato dalla Church of the Eclectic Cult of Universal Light- Iceflu Italy è stata rigettata con la motivazione che i rischi per la salute pubblica (di una sostanza NON tabellata dalle Convenzioni internazionali) sono più importanti dei diritti a un rito religioso.

5. Il diritto delle comunità e della società civile alla partecipazione

Il General Comment no. 14 del CESCR sottolinea che il diritto alla salute richiede ‘la partecipazione della popolazione in tutte le decisioni relative alla salute a livello di comunità locale, nazionale e internazionale’ [11] così come nell’ambito dei servizi sanitari [12]. Le International Guidelines on HumanRights and Drug Policy chiariscono che tutti – e in particolare chi è coinvolto in prima persona – hanno il diritto a partecipare in modo significativo alla progettazione, implementazione, e valutazione delle leggi, delle politiche e delle pratiche sulle droghe [13]. Il livello della partecipazione della società civile alle politiche sulle droghe in Italia è uno dei peggiori d’Europa [15]. E per quanto attiene alla partecipazione delle PUD nei processi politici e di valutazione, è pressoché inesistente. Ciò è dovuto soprattutto all’atteggiamento stigmatizzante incentivato dalla politica mainstream, basata su repressione e patologizzazione.

Questo documento è a cura di Forum Droghe con la collaborazione di Associazione Luca Coscioni(ALC) e la Società della Ragione (SDR)

Note

  1. In its resolution 65/277.
  2. In its resolution 12/27.
  3. See the Committee’s general comment 15 (2013) on the right of the child to the enjoyment of the highest attainable standard of health.
  4. In CEDAW/C/GEO/CO/4-5 and CEDAW/C/CAN/CO/8-
  5. In A/65/255.
  6. In A/HRC/22/53.
  7. Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2016
    http://www.politicheantidroga.gov.it/media/1095/1-relazione-annuale-al-parlamento-2016-sullo-stato-delle-tossicodipendenze-in-italia.pdf
  8. See Report of the International Narcotics Board for 1994 314, p. 52: https://www.incb.org/documents/Publications/AnnualReports/AR1994/AR_1994_E.pdf
  9. See https://progettoyaya.org/
  10. In 2011, one of the Carabinieri involved in the investigation was convicted of dealing the drugs seized
  11. Para 11 and 54
  12. Para 17
  13. General principle 4
  14. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A52012XG1229%2801%29
  15. A study by the University of Hamburg, in the framework of the European project Civil Society Involvement in Drug Policy, CSI-DP, evaluated the level of CSOs participation, https://csidp.eu/assessment

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