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«Su strade bollenti dove eroina, fentanil e metanfetamina avanzano come i Fantasmi della Morte, dove per decenni sia la droga che la guerra alla droga hanno distrutto tante vite umane, la città di Seattle propone un approccio audace ai narcotici che dovrebbe essere un modello per tutta l’America». Questo l’incipit di un ampio editoriale pubblicato nei giorni scorsi dal New York Times, che propone il processo di depenalizzazione di Seattle come efficace superamento degli enormi danni causati dalla ‘war on drugs’.

Ricordando altresì alcune preoccupanti statistiche: ogni 25 secondi qualcuno negli USA viene arrestato per possesso di droga, confermando un’incarcerazione di massa che non produce alcun effetto significativo su traffico e consumo negli Stati Uniti. Il numero delle persone dipendenti dagli oppiacei è raddoppiato in pochi anni, e oltre due milioni di bambini vivono con un genitore che usa sostanze.

Il primo passo del percorso di depenalizzazione avviato nella maggiore area metropolitana dello Stato di Washington (Seattle conta 725.000 residenti) risale all’ottobre 2011, con il lancio del cosidetto LEAD (Law Enforcement Assisted Diversion): invece di arrestare indiscriminatamente le persone che usano droghe per il possesso di piccole quantità di sostanze illegali, o per reati tipo furtarelli o prostituzione, la polizia individuava quelli disposti ad accettare l’assistenza medica e che non mostravano segnali violenti, così da indirizzarli rapidamente verso i servizi sociali e le cure.

Da notare che nel periodo 1990–2008, erano stati oltre 85.000 gli arresti per droga in città, senza però sostanziali cambiamenti nel mercato illegale ma libero della droga. L’ennesimo fallimento dell’approccio proibizionista. Motivo per cui Dan Satterberg, procuratore capo della King County inclusiva di Seattle, ha attivato un’ampia partnership per trovare altre soluzioni fattibili. Il risultante Policy Coordinating Group include autorità comunali e addetti all’ordine pubblico, la Defender Association e la ACLU di Washington, associazioni e cittadini impegnati nella comunità locale. Un innovativo progetto-pilota di depenalizzazione dall’immediato successo: uno studio peer-review del 2017 riportava una riduzione del 58% di ri-arresti tra le persone che usano sostanze inserite nel programma, oltre ad avere il doppio delle probabilità di avere fissa dimora e il 46% anche di trovare lavoro o di seguire corsi di formazione.

D’altronde i primi riscontri positivi erano emersi già nel 2015, al termine del periodo di prova di quattro anni con un budget di quattro milioni ricevuti da fondazioni private. Anche se i partecipanti allora erano appena 203, il dato primario riguardava la riduzione del 60% della recidività penale per senzatetto, spacciatori di basso livello, prostitute e persone utilizzatrici di sostanze che giravano regolarmente nel centro cittadino. In linea con l’obiettivo complessivo di migliorare la sicurezza e l’ordine pubblico, riducendo al contempo comportamenti criminali dovuti al traffico di droga in strada.

Questo processo di depenalizzazione riguarda in parte lo stesso Dan Satterberg, la cui sorella Shelley divenne tossicodipendente già a 14 anni dopo essere scappata di casa e aver subìto violenze d’ogni genere. Nonostante il successivo percorso di recupero in centri di assistenza specializzati, la donna è deceduta l’anno scorso a 51 anni a causa di una infezione urinaria cronica dovuta a precedenti abusi di droga e alcol. «Questa storia mi ha insegnato che c’è qualcosa che funziona meglio del carcere: Shelley non meritava la galera o un giudice che la criminalizzasse, aveva bisogno di supporto», spiega il procuratore capo di Seattle.

A ulteriore chiarimento, va notato che progetti come il LEAD non costano poco: almeno 350 dollari al mese per partecipante. Cifre però sicuramente inferiori a quelle cumulative dovute ad arresti, procedimenti giudiziari, carcere e annessi vari, senza contare gli irreparabili danni umani inflitti a senzatetto e consumatori di sostanze. Motivo per cui, conclude la testata newyorkese, questa strategia sta compiendo rapidi passi in avanti: sono già 59 le municipalità statunitensi che hanno lanciato o stanno studiando iniziative modellate sull’esempio di Seattle. Tra queste si contano Santa Fe (New Mexico) e Albany (New York), i cui rappresentanti tempo fa hanno dato vita a una serie di presentazioni  in vari dipartimenti di polizia interessati a saperne di più.

Una strategia generale che include altri interventi di salute pubblica per ridurre l’epidemia da morti per droga, a partire dalle ‘stanze del consumo‘ alla distribuzione capillare del naloxone contro l’overdose. A conferma di una volontà di riforma che pian piano fa facendosi strada anche negli odierni Stati Uniti, abbracciando sempre più la sfera politica e la società civile.