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La Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) e’ scesa in forze per impedire che divenga realta’ la proposta, in sede comunitaria, di Spagna e Francia per la parziale “de-alcolizzazione” del vino (1). Un procedimento che, intervenendo nel momento della fermentazione, consentirebbe di produrre un vino a gradazione alcolica inferiore rispetto agli standard attuali. Per la Cia si tratterebbe di una grave pericolo per il made in Italy, perche’ sminuirebbe l’immagine di un prodotto che ha invece precise caratteristiche e si correrebbe il pericolo di aprire la strada ad un vino “alcool-free”.
Ricordando che questa corporazione di agricoltori e’ la stessa che si oppone alla nostra reiterata proposta di inserire nelle etichette del vino tutti i componenti (2) cosi’ come accade, per esempio, per un’acqua minerale, non siamo stupiti piu’ di tanto di questa presa di posizione conservatrice e corporativa.
Non si capisce, infatti, quale problema rappresenterebbe per la produzione e il mercato del vino l’introduzione di una simile opzione di scelta per il consumatore. Abbiamo, per esempio, birra, caffe’, the che vengono venduti con la privazione (parziale o totale) delle loro caratteristiche eccitanti e non ci sembra che il mercato di questi prodotti abbia avuto chissa’ quale debacle o perdita di immagine. Anzi. Ci pare sia un mercato che, proprio per la varieta’ di scelta, si sia meglio qualificato nelle sue offerte piu’ ricercate (si pensi alla birra, in modo particolare, sempre piu’ in crescita come produzione e consumo e non certo quella con meno gradazione alcolica o senza alcool). Perche’ non dovrebbe essere cosi’ anche per il vino?
Il problema, crediamo, e’ che quando si fa una difesa corporativa del proprio status, si corre il rischio di perdere la visione del mercato e delle sue innovazioni come fonte di benessere per chiunque, produttori e consumatori. Alla Cia, l’idea che possa esistere una concorrenza con qualcosa di simile, fa paura perche’ sono convinti che il mercato e’ “roba” loro e ben consolidata e qualunque variazione pur minima potrebbe turbare la loro nicchia. Alla Cia sembra non interessare che esista un consumatore che possa voler gustare il vino senza alcool e poi tornarsene a casa dopo il ristorante alla guida del proprio veicolo con tutta la necessaria lucidita’. Sicuramente sara’ un vino con un gusto diverso (come e’ anche diversa la birra senza o con poco alcool), ma sara’ libero il consumatore di decidere da se’? E perche’, per esempio, la presenza di questo vino con poco o senza alcool non potrebbe essere l’occasione per un ulteriore salto di qualita’ nella produzione del vino “tradizionale”? Purtroppo, il corporativismo porta a questo e altre bestialita’ dell’economia e della liberta’ di mercato.