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In tutto il mondo soltanto nel 2008, ultimi dati disponibili, le autorità hanno sequestrato quasi 18.500 laboratori illegali per la produzione di stupefacenti. In pratica esistono decine di migliaia di piccole fabbriche che usano a ciclo continuo precursori chimici per poi scaricarli nei terreni, nei fiumi o nelle reti fognarie. Essenso clandestini senza alcun controllo, devastando gli ecosistemi. La Drug Enforcement Administration (Dea) statunitense ritiene che soltanto per produrre un chilo di cocaina base servono tre litri di acido solforico concentrato, 10 chili di calce, 80 litri di cherosene, 200 grammi di permanganato di potassio e un litro di ammoniaca concentrata.
 
Le Nazioni Unite hanno stimato, solo nel 2008 una produzione mondiale di cocaina di 865 tonnellate. Ma secondo altri istituti di ricerca i numeri sarebbero maggiori. E di molto. L’Università di Lima (Perù) ha calcolato che in un solo anno i trafficanti della Valle Superiore dell’Huallaga hanno scaricato oltre 100 milioni di litri di rifiuti speciali liquidi (gasolio, kerosene, acido solforico e toluene), impiegati per la produzione di pasta di coca, dentro il bacino del fiume Huallaga. Che confluisce nel Rio delle Amazzoni. Tanto che i limiti stabiliti dall’Oms sono stati di gran lunga superati.
 
Oltre alla cocaina, c’è poi l’eroina e tutte le altre droghe sintetiche (ecstasy, anfetamina, ketamina e lsd). L’impatto ambientale del traffico di droga è incalcolabile. Anche perché il problema dei laboratori clandestini per la produzione di stupefacenti non coinvolge solo il Sudamerica. Interessa infatti vaste aree dell’Asia (dall’Afghanistan alla Cina, passando per Birmania, Myanmar e Laos), dell’Europa dell’Est (Balcani compresi) e del Medio Oriente (soprattutto l’Iran). Paesi che spesso non dispongono né di rete fognaria, né tantomeno di depuratori per le acque reflue.
 
Anche negli Usa vengono scoperti continuamente nuovi laboratori, come del resto in Australia. Soltanto in questo remoto Paese, nel giro di pochi anni, le autorità hanno scoperto oltre 300 laboratori clandestini. Tanto che il governo di Canberra ha realizzato un vademecum su come valutarne l’impatto ambientale e quali contromisure prendere a tutela della salute dei residenti. Nei casi più gravi è stato addirittura disposto l’abbattimento dell’edificio che ospita il laboratorio, negli altri la bonifica. C’è poi il problema della coltivazione delle piante di coca, responsabili di un continuo disboscamento e della perdita di biodiversità. Quasi 3 milioni di ettari in 10 anni, solo nella regione andina tra Perù, Bolivia e Colombia. Dove una superficie di foresta più grande del Galles è stata distrutta.
 
Infine l’uso intensivo di prodotti chimici. Da un lato i contadini (solo in Colombia 16mila tonnellate di fertilizzanti e 450 di antiparassitari l’anno), dall’altro le autorità che cercano di distruggere la piantagioni via aerea (900mila tonnellate di erbicidi, tra i più potenti e tossici al mondo). Che uccidono flora, fauna, indigeni e coltivazioni alimentari.