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corleone-napolitano.jpgIl Presidente Napolitano ha di recente rivolto l’ennesimo invito al Governo e al Parlamento per approvare misure strutturali e cancellare la vergogna di una condizione carceraria che vanifica l’articolo 27 della Costituzione (oltre a umiliare l’Italia in Europa).
La settimana scorsa, i Garanti dei diritti dei detenuti hanno tenuto contestualmente quindici conferenze stampa indicando misure concrete da prendere subito. Silenzio, assoluto e impenetrabile, da parte del governo. Non si sa se attendere rassegnati l’Apocalisse oppure ribellarsi e insistere per senso di responsabilità fino alle estreme conseguenze.
Il sovraffollamento non è una calamità naturale né un mostro invincibile: basta decidere di affrontare le cause strutturali, “facendo le riforme”, come si usa dire.
E’ urgente un decreto legge per cancellare le norme più vergognose e “affolla-carcere” della legge sulle droghe, alla radice della crescita incontrollata dei detenuti. Solo l’anno scorso sono entrate in prigione in violazione della normativa antidroga 28.000 persone (fra consumatori e piccoli spacciatori), mentre sono 15.000 i tossicodipendenti ristretti su un totale di quasi 67.000: la metà dei detenuti ammassati e stipati nelle patrie galere hanno a che fare con la legge proibizionista e punitiva del 2006. Legge che, in spregio alle norme costituzionali sulle ragioni di necessità e urgenza dei decreti, fu inserita abusivamente nel decreto legge sulle Olimpiadi. Il Presidente Napolitano ha invocato misure di “prepotente urgenza”: queste parole, se non vengono archiviate come esercizio di retorica, obbligano il Governo (e precipuamente la ministra della Giustizia Severino) a emanare un decreto legge per evitare l’arresto agli accusati di fatti di lieve entità e per far uscire i tossicodipendenti e inviarli a programmi alternativi (oggi per lo più preclusi da vincoli assurdi e dall’applicazione della legge Cirielli sulla recidiva).
Un provvedimento giusto, fondato e indispensabile. Non è dignitoso baloccarsi con l’annuncio di misure parziali e ininfluenti, come la messa alla prova e generiche depenalizzazioni, senza aggredire il macigno della normativa antidroga.
Se un decreto legge per modificare le norme più discutibili della legge antidroga è la priorità, altre cose buone si possono fare, dall’introduzione del reato di tortura, alla legge per l’affettività in carcere. La riforma del carcere non si realizza con la costruzione di nuove galere ma con l’applicazione del Regolamento del 2000, per garantire condizioni di vita dignitose che favoriscano il reinserimento sociale dei detenuti.
E’ paradossale che il governo non trovi i fondi per la legge Smuraglia sul lavoro in carcere mentre rifinanzia il contratto con la Telecom fino al 2018 per i fantomatici braccialetti elettronici, quando la Corte dei Conti ha denunciato lo spreco di 110 milioni di euro in dieci anni per l’utilizzo di soli15 apparecchi di controllo per la detenzione domiciliare (sic!).
Infine, l’agenda della politica in vista delle elezioni. La riforma della giustizia, da terreno di scontro, può divenire il fondamento del patto sociale, con l’approvazione (finalmente!) del nuovo codice penale.
Non è immaginabile una stagione di ricostruzione del Paese se non si mette al centro l’affermazione del diritto, dei diritti umani e del garantismo.