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Dopo la presentazione della proposta di legge per la legalizzazione della cannabis da parte del governo canadese, sono cominciate le prese di posizione, anche istituzionali, rispetto all’ipotesi di regolamentazione proposta dai liberali al governo.

Come riporta The Globe and Mail alcune province canadesi hanno protestato per “il grande volume di lavoro e per i pesanti costi” che secondo loro il governo di Trudeau avrebbe scaricato sugli enti territoriali nel disegno di legalizzazione della cannabis ricreativa in tutto il Canada entro il prossimo anno.

Una presa di posizione piuttosto curiosa, soprattutto per un sistema federale come quello canadese. In particolare gli amministratori locali canadesi sono preoccupati dai tempi piuttosto stretti per l’avvio della legalizzazione, che impedirebbe loro di approfondire le problematiche legate alla definizione e applicazione delle normative di loro competenza.

E’ l’esempio del ministro della sanità pubblica della provincia del Quebec, Lucie Charlebois, che ha avvertito che seguire la timeline governativa sarà una sfida ardua per Province, Territori e Comuni chiamati a sviluppare complesse regolamentazioni a livello locale. Si fa particolare riferimento all’impostazione delle linee guida relative all’età legale minima, alla vendita al dettaglio, alla sanità pubblica, all’istruzione e alla sicurezza che sono demandate in larga parte agli enti locali.

Proprio Charlebois ha dichiarato in una recente intervista che 13 dipartimenti diversi del governo del Quebec sono stati coinvolti e impegnati per prepararsi alla legalizzazione della cannabis. “Non abbiamo così tanto tempo, quindi dobbiamo andare velocemente“, ha detto Charlebois, che ha aggiunto che sostiene il principio della legalizzazione della marijuana, ma che le sarebbe piaciuto che fosse Ottawa a definire un quadro normativo più rigoroso. “È una grande responsabilità e non è un prodotto ordinario – non sto parlando di popcorn, sto parlando di cannabis“, ha detto. “Quindi dobbiamo assicurarci che si facciano le cose in modo corretto“.

Le altre contestazioni provenienti da varie province canadesi riguardano i dubbi sulle reali entrate fiscai derivanti dalla cannabis legale, che per alcuni non saranno sufficienti a coprire i costi della preparazione del mercato regolamentato. Anche la Premier dell’Alberta, Rachel Notley, ha denunciato il carico di lavoro ed i notevoli costi che potrebbero esser lasciati sulle spalle delle province canadesi.

A queste polemiche ha già risposto pubblicamente la ministra della sanità federale Jane Philpott, con una lettera aperta pubblicata sul quotidiano La Presse di Montreal. In questa lettera ha definito fuorviante l’accusa al governo federale di Ottawa di avere scaricato troppa responsabilità sulle province. La ministra federale ha scritto che anche se le province dovrranno prendere decisioni e provvedimenti in settori come la distribuzione, oggi sono già costrette a trattare con le conseguenze del mercato illegale. Secondo Philpott lo status quo costa alle province e al sistema della giustizia un sacco di soldi, mentre l’attività criminale continua a crescere. Il governo federale – si è poi impegnata Philpott – lavorerà con le province e impegnerà più risorse alle esigenze legate alle conseguenze della legalizzazione, come la sicurezza pubblica, la polizia e le campagne educative.

Del resto la posizione governativa è che l’attuale sistema di proibizione è già molto costoso in sè e che quindi il passaggio alla legalizzazione non solo non dovrebbe aggiungere carico di lavoro alle province ma anzi ridurre in modo significativo i costi attuali.

Ma oltre a chi pone problematiche ci sono anche politici locali entusiasti della legalizzazione. Come il Premier della provincia del New Brunswick Brian Gallant, che sta cercando di posizionare la piccola provincia canadese (750.000 abitanti al confine con il Maine) in prima fila ai nastri di partenza della regolamentazione legale della cannabis ad uso ludico in Canada.

La scelta forte è quella di considerare l’industria legata alla cannabis legale come un driver fondamentale per lo sviluppo dell’economia locale, inserita all’interno di quelle delle attività ricreative sulle quali la provincia sta investendo molto del proprio futiro. Per Il Nuovo Brunswick ha previsto incentivi per i produttori, sviluppato un corso di College in coltivazione della Marijuana mentre la St. Thomas University di Fredericton sta per istituire una cattedra di ricerca sulla cannabis, in particolare sulle politiche pubbliche. “We’re ahead of the curve (siamo in posizione avvantaggiata)” ha detto Boudreau che non è molto preoccupato di ricevere o meno compensazioni federali per coprire, ne dimostra particolare difficoltà per elaborare i piani di intervento. Poi ovviamente, se arriveranno aiuti dal governo federale, nessuno li rimanderà indietro.