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Le varie parti in causa del nostro pianeta stanno arrotando i lunghi coltelli in vista di UNGASS 2016, l’Assemblea generale dell’ONU sulle droghe che dovrà decidere se congelare tali e quali (o con ritocchi di poco conto) le attuali convenzioni internazionali, ovvero modificarle in modo sostanziale; e la cannabis, al solito, sarà nell’occhio del ciclone. A parte i noti positivi sviluppi in vari paesi europei e nelle Americhe, pare di notevole interesse la pur cauta evoluzione della situazione svizzera. Infatti la Confederazione, anche se non è membro UE, sta proprio dietro l’angolo di casa nostra, ed è da sempre assiduamente frequentata per diversi motivi da molti nostri concittadini: dagli anarchici di “Addio Lugano bella”, ai perseguitati dai nazifascisti; dagli emigranti con le valige di cartone di “Pane e cioccolato”, ai corrieri di valuta e ai vacanzieri di diverse classi sociali, su su sino ai Paperoni griffati che si esibiscono a Saint Moritz o a Crans-Montana.

La Svizzera, com’è noto, qualche anno fa modificò la sua normativa sulle droghe con una buona legge detta dei quattro pilastri così definiti nel testo ufficiale: 1. prevenzione, 2. terapia e reinserimento, 3. riduzione dei danni e aiuto alla sopravvivenza [sic], 4. controllo penale – quest’ ultimo mirato alle attività criminali vere e proprie, piuttosto che ai consumatori, sui quali ormai si chiude un occhio, o al massimo si affibbiano sopportabili ammende (100 franchi, circa 80 euro). Ora gli elvetici stanno muovendo ulteriori passi in avanti (http://www.swissinfo.ch/eng/cannabis-legalisation-returns-to-swiss-agenda/411198): cioè la stessa Ruth Dreifuss, che come ministro degli interni promosse la suddetta legge, propone di avviare nelle principali città un esperimento pilota con l’apertura di Cannabis Social Club (Csc), dove i maggiorenni sarebbe autorizzati a consumare cannabis in santa pace. Significativo è il metodo con cui viene affrontato il problema: cioè così come la legge dei quattro pilastri era stata il frutto di accurate valutazioni di precedenti esperienze (p.e. quella di riduzione del danno a Zurigo), ora il problema di una eventuale futura legalizzazione della cannabis viene affidato in prima battuta a un gruppo di lavoro di esperti delegati a disegnare le caratteristiche del progetto pilota, a programmare le successive valutazioni “ad avanzamento” per accertarne benefici e rischi. Gli oppositori naturalmente non mancano, dagli attivisti delle associazioni proibizioniste, che volantinano strade e piazze reggendo in mano moccoli accesi, ai politici di destra che fanno esternazioni terroristiche. Ma il clima prevalente è comunque assai diverso da quello del nostro paese, dove si è giunti a inventarsi inutili tortuose lungaggini pur di intralciare l’applicazione delle norme sulla cannabis terapeutica. E questo, a fronte delle solide evidenze scientifiche che consentirebbero l’imbocco di una via direttissima agevolmente percorribile, come la fornitura al Farmaceutico Militare di Firenze di “materie prime” con specifici profili di principi attivi, tratte dalla ricca collezione del Centro di ricerca per le colture industriali di Rovigo. Evidenze, va inoltre precisato, non solo dell’efficacia in diverse condizioni patologiche – soprattutto ma non soltanto le diverse neuropatie e gli stati di grave malessere da terapie oncologiche – ma anche dei vantaggi e dei minori costi di prodotti e vie di autosomministrazione più vicini al “naturale”, come l’aspirazione attraverso il palloncino dei vapori di cannabis “riscaldata”. Ma ahinoi, il breve tunnel tra Como e Chiasso sembra sbarrato; quindi, per ora, arrivederci speriamo a presto, Lugano bella.