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Il nuovo atteggiamento del Governo in merito alla legalizzazione del possesso di droghe per uso personale ha aperto un dibattito, e anche una finestra su un altro aspetto: se si toglie i consumatori di droghe dal sistema penale per inserirli in quello sanitario e sociale, bisogna costringere questi settori a dare una nuova risposta alla problematica, cosa che finora è mancata.

Nelle parole dello stesso Viceministro della Sanità, Carlos Sorati, “finora le strategie non sono state realizzate tutte, ma c’è un intento politico molto forte perché lo siano”. Perciò, dopo che la Commissione di consulenza scientifica presso il ministero di Giustizia è stata incaricata di proporre un cambio nella legge sulle droghe, è stato istituito un tavolo interministeriale, attorno al quale si sono seduti già per due volte niente meno che i ministri di Giustizia (Anibal Fernandez), Sanità (Graciela Ocana), Educazione (Jorge Tedesco), Sviluppo sociale (Alicia Kirchner) e anche del Lavoro (Carlos Tomada).

Si tratta di un piano informale ma che, secondo quanto ha potuto verificare Clarin presso i vari ministeri interessati, ha un grande impatto politico giacché tutti hanno impegnato risorse per un progetto comune che cercherà di recuperare i tossicodipendenti non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale: completamento degli studi, abilitazioni, avvio al lavoro, integrazione nel quartiere. E l’interesse ufficiale mira non solo a dare una nuova opportunità ai dipendenti da droghe illegali, ma anche a quelli che usano sostanze legali, soprattutto che abusano di alcol. Il nuovo approccio si basa su quello che, secondo la coordinatrice della commissione consulente, la procuratrice Monica Cunaro, definisce “un cambio di paradigma”, poiché è in linea con la posizione già adottata da Mercosur come blocco regionale sul tema, con progressi in materia di depenalizzazione già attuati in Uruguay e Brasile. I consumatori smettono di essere delinquenti e smettono di essere tutti uguali. Per i drogati, il punto è il trattamento sanitario.

Secondo le stime della commissione scientifica, i tossicodipendenti non superano il 10% dei casi, mentre per l’insieme dei consumatori problematici – per la loro emarginazione sociale – la cifra arriva al 20% del totale dei consumatori. E per coloro che non sono né tossicodipendenti né consumatori problematici, il piano mira a un tipo di politica che in Europa è nota da dieci anni, e che qui suona ancora nuova: riduzione del danno. Che significa prevenire e sensibilizzare su rischi e conseguenze del consumare droghe.

Comunque, la Commissione ha lanciato un’inchiesta che interpellerà 51.000 famiglie (rappresentative del 95% della popolazione urbana), per conseguire una “mappa delle dipendenze”. Secondo quanto ha spiegato un membro della Commissione, “servirà per sapere qual’è l’ampiezza del problema e creare politiche, ma anche per evitare che un responsabile decida che nel suo distretto ci sono 5.000 drogati per ottenere fondi, quando in realtà sono 500”.

Secondo il viceministro Sorati, il nuovo approccio “implica riconoscere una diagnosi che va al di là del consumo di droghe vietate, poiché l’abuso di alcol è il più diffuso nella società e così pure il consumo di farmaci e di tabacco. La nuova visione nella strategia d’intervento sposta il centro su ciò che a che fare con la salute e la qualità della vita e con azioni di prevenzione e assistenza quando vi sia il danno”.

Il terzo passaggio del progetto è combattere di più e meglio le reti dei narcotrafficanti. E il fatto che sia Cunaro a parlare di questo per conto della Commissione non è pura declamazione: la procuratrice ha avuto un ruolo centrale nella lotta al narcotraffico nelle ville (favelas) di Bajo Flores, dove raccolse in modo artigianale, con i suoi colleghi, le cause disperse di vari crimini fino a ottenere la mappa di un’associazione illegale diretta da un peruviano noto come “Marcos”. Sul suo cammino si è posta di fronte ad Anibal Fernandez, accusando la Federal di occultamento. E segnalando come la politica deteneva i consumatori nelle favele, anziché i narcotrafficanti. Dopo lo ha convinto che le risorse venivano sperperate, e così è iniziata la svolta della politica ufficiale.

Ma fino a quando questa svolta non si concretizza – nel Governo si parla di due anni, ma nel parlamento hanno già cominciato a muoversi -, ogni consumatore di droghe fermato con delle sostanze continuerà a essere considerato un delinquente, con pene che vanno da un mese a due anni di carcere. Ogni anno vengono avviate 10.000 di questa cause, ma la maggioranza finisce in prescrizione o con l’accusato che accetta di considerarsi drogato ciò che gli consente di commutare la pena in un trattamento sanitario.