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(Agi, 25 settembre 2007) Rafforzamento delle misure cautelari e restrittive, con la possibilità di prevedere l’arresto in flagranza anche per reati puniti con pene inferiori ai tre anni, ma soprattutto riaffermazione della certezza della pena.

È “essenziale” procedere ad un “rafforzamento sul tema che chiamiamo della certezza della pena. Sulla possibilità di adottare misure cautelari restrittive, bisognerà ampliare le possibilità esistenti, fermi restando i presupposti costituzionali”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Giuliano Amato, intervenuto in Commissione Affari costituzionali al Senato, riferendosi alle “misure cautelari restrittive che oggi possono risultare insufficienti”, come ad esempio per quanto riguarda “i reati con pena inferiore ai tre anni. Davanti all’esorbitanza delle tifoserie, uno attiva strumenti di cui dispone per prevenire l’azione teppistica e poi – ha rilevato Amato – ti accorgi che non può fermare neanche quelli che hanno zaini con dentro i machete perché, trattandosi di reati puniti sotto i tre anni, non si può fare”.
Per fronteggiare la criminalità, soprattutto quella proveniente da rom e nomadi, si devono introdurre nell’ordinamento disposizioni che rendano più semplici le espulsioni, anche dei cittadini comunitari.

“È in atto un vero e proprio esodo di rom dalla Romania per condizioni di non-vita nelle quali hanno finito per ritrovarsi” – ha detto Amato introducendo il tema delle espulsioni – “sono convinto che il decreto legislativo del febbraio scorso, che attua la direttiva sullo stabilimento dei cittadini comunitari contenga un errore tecnico che ha ridotto la possibilità delle espulsioni”, ha aggiunto il ministro. “La direttiva prevede le espulsioni per gravi motivi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica e dice che la condanna penale non comporta di per sé l’espulsione”.
Il titolare del Viminale sollecita quindi dei chiarimenti rispetto all’attuazione di tale direttiva in Italia. “Se la condanna penale non comporta di per sé l’espulsione, bisogna altresì precisare che per espellere non è necessaria una condanna penale”.
Il secondo punto del decreto attuativo della direttiva, ha spiegato il titolare del Viminale, attribuisce al ministro dell’Interno il potere di espellere uno straniero per motivi di ordine e sicurezza pubblica. “Ritengo che sia il caso di attribuire questo potere al prefetto per i casi di sicurezza pubblica, lasciando al solo ministro la decisione sull’espulsione per i casi in cui la sicurezza pubblica incida sulla sicurezza dello stato, come è altresì previsto dalla legge Bossi Fini”, ha aggiunto Amato. Questo in modo da rendere più snelli i procedimenti.
Il ministro è impegnato nella stesura di un pacchetto di norme anti-criminalità più volte annunciato nelle scorse settimane. Amato ha avvertito che sta valutando alcuni cambiamenti di normativa sulla pubblica sicurezza, ma che il tema centrale nel fronteggiare la criminalità rimane quello della certezza della pena, che ricade nella responsabilità del Ministero della Giustizia.
Contro la prostituzione multe “non conciliabili” per i clienti, con il verbale fatto arrivare a casa.

“I sindaci – ha spiegato Amato – sono sensibili al problema della prostituzione, ma è un tema in cui non penso ad una disciplina con un articolo proibitivo. Penso ad un divieto con sanzione amministrativa applicabile dai vigili urbani per l’esercizio di quell’attività in strade frequentate da minori o vicino a luoghi di culto. E per i clienti multe non conciliabili, con il verbale che deve arrivare a casa”. Le associazioni come la Caritas, ha proseguito, “hanno perplessità su questo tipo di soluzione, perché temono che la prostituzione dalla strada si trasferisca così in luoghi incontrollabili o che finisca al chiuso dove loro non possono controllare cosa succede alle donne coinvolte”. Tuttavia il ministro ritiene quella da lui indicata una strada decisamente percorribile.
Nel “comparto sicurezza” serve gente nuova, perché l’età media delle forze dell’ordine continua a salire.
Amato ha poi parlato della questione sicurezza nel suo complesso, evidenziando che “le risorse contano più delle norme e questo è un compito che spetta alla Finanziaria. Da parte nostra noi cerchiamo di rendere disponibili il più possibile uomini attraverso una mobilità sia interna che esterna”. Ad esempio, ha riferito, “2-3.000 unità si possono tirar fuori facendo fare al personale civile le pratiche che ora vengono svolti dai poliziotti.
Ma si può anche ricorrere alla mobilità esterna, prendendo 700 persone tra civili della Difesa ed alcuni marescialli – ce ne sono 25.0000 in esubero – in modo da riempire i vuoti dei ruoli tecnici”. Ma, ha sottolineato il ministro, “serve gente nuova, perché l’età media delle forze dell’ordine continua a salire. La legge sull’esercito professionale – ha poi aggiunto – rischia di perdere uno dei suoi capisaldi e cioè che dopo la ferma i volontari si possano ricollocare nei ruoli di polizia, carabinieri e finanzieri. Almeno 4.000-4.500 unità possono entrare così, per dare a noi sangue fresco”.