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(Associated Press, 1 settembre 2007) Cresce l’appoggio per l’abolizione della pena capitale nello Stato nord-orientale statunitense dell’Ohio, considerato un punto focale dagli attivisti dei diritti umani per la posizione storicamente favorevole che lo Stato possiede in merito alla pena di morte. “Siamo lo Stato del nord che ha ucciso di più.
Ci sono però dei segnali positivi che mostrano come le cose stanno cambiando anche in un paese come l’Ohio”, ha detto all’Ips Jeffrey Gamso, direttore legale dell’Unione per le Libertà Civili degli Stati Uniti (Aclu) dell’Ohio. “L’appoggio pubblico alla pena di morte è basso, e le sentenze si sono ridotte rispetto all’anno scorso.
L’Ohio è pronto a passare all’abolizione”, ha aggiunto. I giurati sono sempre più reticenti a partecipare ai processi che possono prevedere sentenze di morte e questo è un segnale del decrescente appoggio da parte della gente in generale alla sanzione capitale. Il nuovo governatore dello Stato, Tom Strickland, ha sospeso tre esecuzioni per poter valutare con attenzione i casi.
Secondo l’agenzia Associated Press, in questo momento, le lettere al governatore contro la pena di morte superano per cinque a uno quelle che invece l’appoggiano. Attualmente negli Stati Uniti, 38 Stati su 50 applicano ancora la pena di morte, ma l’appoggio pubblico in molti di questi sembra diminuire. Gli Stati orientali del New Jersey, Maryland e Connecticut potrebbero abolire la pena capitale tra uno o due anni, ha spiegato David Elliot della Coalizione Nazionale per l’Abolizione della Pena di Morte. In Ohio potrebbe succedere lo stesso fra qualche anno, ha detto Gamso.
L’Ohio ha ristabilito la pena capitale nel 1974 e dal 1999 ha compiuto 26 esecuzioni, due delle quali quest’anno. Secondo il Dipartimento di Riabilitazione e Correzione, ci sono 185 persone in attesa di esecuzione. In tutta la sua storia, lo Stato ha provveduto a 369 esecuzioni capitali. Lo Stato meridionale del Texas primeggia in materia di esecuzioni. Secondo il Centro Informazione sulla Pena di Morte con sede a Washington, dal 1976, data in cui la pena di morte fu reintrodotta dalla Suprema Corte degli Stati Uniti, si sono giustiziate 400 persone.
Secondo gli attivisti, l’appoggio sempre più debole alla pena capitale in Ohio si spiega per il crescente timore che possano essere giustiziate persone innocenti e per le nuove informazioni secondo le quali le esecuzioni per iniezione letale possano causare sofferenza. Si pensa sempre più che i pregiudizi razziali possano influire sulla sentenza di morte. Dal 1999, sei persone che aspettavano l’esecuzione capitale in Ohio sono state riconosciute innocenti e liberate.
Questa è una delle ragioni che pesa sull’opinione pubblica e che aumenta i dubbi sulle esecuzioni capitali, ha detto all’Ips Jim Tobin dell’organizzazione Ohioans to Stop Executions. Gli avvocati penalisti rifiutano le iniezioni letali come metodo di esecuzione e portano in tribunale una vera e propria lotta caso dopo caso. Questi sono riusciti a fermare la maggior parte delle esecuzioni capitali in Ohio. Ma finora i politici non hanno mostrato una grande volontà di seguire gli altri Stati ed ordinare una moratoria contro le esecuzioni, ha affermato Gamso.

“Il governatore potrebbe farlo se volesse. Ha il potere assoluto per fare queste cose. Ma ha ripetuto più volte che non lo farà”, ha spiegato Gamso. Altre istituzioni statali hanno mostrato una certa inerzia. “La legislatura e la Suprema Corte dello Stato potrebbero muoversi in tal senso, ma fino a questo momento hanno deciso di non farlo. Nemmeno i tribunali statali sono a nostro favore”, ha sottolineato Tobin.
Dal momento in cui ha assunto l’incarico a gennaio, il procuratore generale dello stato, Marc Dann, non è riuscito a colmare le aspettative di chi pensava che potesse fare qualcosa contro la pena di morte. Nei mesi precedenti alla sua elezione, Dann aveva affermato di avere numerosi dubbi in merito alla giustizia del sistema d’adempimento della pena capitale e aveva promesso di provvedere a una sua revisione. Fino a questo momento non è stata realizzata alcuna indagine.
Ma in questo Stato ci sono tre casi che continuano ad essere riportati tra le principali testate giornalistiche e che contribuiscono ad inclinare la bilancia a favore degli abolizionisti. Il più pubblicizzato è quello di Kenny Richey, un detenuto che ha aspettato la sua esecuzione per 20 anni. È stato condannato per l’omicidio di un bambino di due anni morto in un incendio presumibilmente intenzionale. Le prove che lo hanno incriminato sono però circostanziali e l’uomo continua a professare la sua innocenza.
Il Tribunale federale d’Appello ha concluso in due occasioni che la sentenza di morte deve essere revocata, perché il condannato ha ricevuto una rappresentanza legale inadeguata. Inoltre, il Tribunale ha affermato che “nel caso potrebbe essere implicato qualcuno che può aver avuto dei propri motivi per coinvolgere Richey”.
Il 10 di agosto, il Tribunale ha riconfermato la prima mancanza del 2005, ha ordinato la riapertura del caso o la liberazione del condannato nell’arco di 90 giorni. Un secondo caso è quello di John Spirko, la cui sentenza, programmata per luglio, è stata rinviata di 120 giorni dal governatore. Si tratta del settimo rinvio dell’esecuzione di Spirko dovuto ai dubbi esistenti sulla sua colpevolezza. Nessuna prova fisica infatti lo coinvolge nel crimine.

“Il caso di Spirko è un altro segnale chiaro che il sistema di Ohio non funziona”, ha detto una religiosa, Alice Gerdeman. Gerdeman è la direttrice di Ohioans to Stop Executions, che ha unito una decina di organizzazioni e città dello Stato, tra cui Cincinnati, Dayton e Oberlin, in una campagna per la moratoria contro le esecuzioni. La coalizione, inoltre, vuole aprire un’inchiesta sul funzionamento del sistema d’adempimento della pena di morte.
La diffidenza dell’opinione pubblica è cresciuta ulteriormente con il caso di Jason Getsy, che realizzò un omicidio su commissione nel 1995 quando aveva 19 anni. Getsy è stato condannato a morte, ma non è stato il mandante del crimine. Un tribunale federale ha rifiutato l’appello di Getsy. Ma 6 dei 14 giudici non erano d’accordo spiegando che la sentenza non era giusta. Il suo caso verrà portato alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ha spiegato all’Ips il suo avvocato, Michael Benza.
Il giudice Boyce Martin ha affermato che il caso è una dimostrazione che la pena di morte è “arbitraria, tendenziosa e per tanto fondamentalmente difettosa nella sua stessa essenza”. Gli attivisti dello Stato si aspettando di ricevere un grande appoggio pubblico quando si riuniranno il 26 settembre per manifestare all’assemblea legislativa statale. L’opinione pubblica è stanca “dell’idea che possiamo sottrarci ai nostri problemi”, ha concluso Tobin, uno degli attivisti dei diritti umani che parteciperà all’incontro.