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Nei primi mesi del 2009 i rappresentanti di tutti i governi nazionali si riuniranno a Vienna per decidere come gestire il sistema di controllo internazionale delle droghe.
L’esito di questo incontro, e il processo di revisione e preparazione che lo precede, sono oggetto di un aspro dibattito, perché molti stati membri stanno mettendo in discussione la scelta di affidarsi a politiche repressive e di riduzione dell’offerta per risolvere i problemi correlati alla droga, e stanno invece puntando molto su politiche e programmi che mettano al centro le conseguenze sanitarie e sociali dei mercati illegali e del consumo di droghe.
Attualmente in tutto il mondo le associazioni della società civile stanno ragionando su come inserirsi in questo processo per influenzarne l’esito. La presente guida alla partecipazione è stata prodotta dall’International Drug Policy Consortium (www.idpc.info) per fornire alle ONG informazioni e idee per mettere in campo azioni efficaci di pressione.
Questa versione della guida è stata prodotta nel giugno 2008. Essa fornisce un background del processo di revisione, un esame degli elementi di debolezza delle strutture e delle strategie esistenti, ed una breve introduzione alle questioni che affronteremo nel prosieguo del processo di revisione.
Nei prossimi dodici mesi l’IDPC terrà anche una serie di workshops per dare l’opportunità ai nostri partner di discutere le varie questioni, fare lavoro di rete con i rappresentanti dei governi, assumere decisioni riguardo alle prossime fasi del processo di revisione. La prossima riunione si terrà a Vienna nel mese di luglio, a margine del Forum Globale “Beyond 2008”. Se desiderate partecipare alla riunione di IDPC, siete pregati di contattare Andreas Woreth all’indirizzo aw@internationaldrugpolicy.net.

COME È ORGANIZZATO IL SISTEMA DI CONTROLLO DELLE DROGHE?

Il sistema attuale di controllo globale delle droghe si basa su tre Convenzioni internazionali: La convenzione del 1961, Single Convention on Narcotic Drugs (come modificata dal Protocollo del 1972); la convenzione del 1971, Convention on Psychotropic Substances, e la convenzione del 1988, Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances. L’adesione ad esse è molto ampia. Al luglio 2007 sono 183 i paesi aderenti alle prime due convenzioni, 182 quelli aderenti alla terza.
Alla gestione e al controllo delle Convenzioni partecipano molte agenzie. Tra queste vi sono: l’ECOSOC (Economic and Social Council), la CND (Commissione sulle droghe narcotiche o Commission), l’INCB (International Narcotics Control Board) e l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime o Office).

L’ECOSOC è il forum centrale per la discussione delle questioni economiche e sociali internazionali e per la formulazione di raccomandazioni dirette agli stati membri e al sistema delle Nazioni Unite. In base alla Carta dell’ONU, l’ECOSOC è competente su questioni economiche, sociali, culturali, educative, sanitarie e su questioni correlate. Per svolgere queste funzioni l’ECOSOC ha creato varie commissioni funzionali, tra cui la Commissione sulle droghe narcotiche (CND).

La CND è l’organismo centrale di policy-making del sistema di controllo delle droghe dell’ONU. Ha il compito di condurre analisi sulla situazione globale delle droghe e di formulare proposte finalizzate a combattere i problemi delle doghe e a rafforzare il sistema dei controlli. In quanto organizzazione formalmente costituita dell’ONU, la CND si riunisce una volta all’anno per un periodo non superiore a otto giorni. Comprende 53 stati membri dell’ONU, eletti dall’ECOSOC.
Le funzioni della CND sono stabilite dalle Convenzioni sulle droghe. Esse autorizzano la CND a considerare tutte le questioni relative agli obiettivi delle Convenzioni e a sovrintendere alla loro implementazione. In quanto organo previsto dalle Convenzioni del 1961, del 1971 e del 1988, sulla base di raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) o dell’INCB, la CND decide le misure di regolamentazione da assumersi sulle droghe narcotiche e psicotrope e sui precursori chimici. Perciò l’organismo svolge un ruolo centrale in tutte le decisioni di policy-making internazionale sulle droghe. Per quanto riguarda il supporto amministrativo e tecnico, la CND si appoggia all’UNODC.

L’INCB è l’organo di controllo “indipendente e quasi-giudiziale” per l’implementazione delle Convenzioni. Fu creato dalla Convenzione del 1961 e diventò operativo nel 1968. Tecnicamente è indipendente dai governi e dall’ONU ed è formato da tredici persone che mettono a disposizione le loro competenze personali. Tre di queste sono scelte all’interno di una lista di candidati nominati dall’OMS. Le restanti dieci sono selezionate da una lista proposta dai governi degli stati membri. Sono elette dall’ECOSOC e possono richiedere expertise all’OMS.
L’INCB ha il potere di valutare i requisiti scientifici e medici legittimi delle sostanze controllate in base a stime degli stati membri, e conseguentemente ne alloca delle quote tra i vari stati con l’obiettivo di impedire che le sostanze passino dalle fonti lecite al mercato illegale. Esso compie inoltre un monitoraggio del rispetto delle Convenzioni. Eventuali motivi di preoccupazione possono essere sollevati a diversi livelli dai singoli stati all’Assemblea Generale dell’ONU.
L’INCB non ha di per sé il potere di far rispettare le Convenzioni. Tuttavia, quando denuncia agli stati aderenti, all’ECOSOC e alla CND il mancato rispetto delle Convenzioni del 1961 e del 1971, può raccomandare agli stati il blocco dell’importazione o dell’esportazione, o di entrambe, nel paese o nel territorio interessato. Questa sanzione non è mai stata applicata, e l’INCB si limita alla tattica del “nominare e biasimare” nel suo Rapporto Annuale gli stati che considera inadempienti. Negli ultimi anni, l’INCB ha assunto un ruolo di maggiore protagonismo, con analisi sul traffico e sul consumo illegale, sui precursori chimici, come previsto dalla Convenzione dell’88, e con commenti sulle politiche seguite dai diversi stati membri dell’ONU.

L’UNODC è l’agenzia ONU che ha il compito di coordinare le attività di controllo a livello internazionale. È stato creato nel 2002 e attualmente il suo staff conta circa 500 persone in tutto il mondo. Il sua quartier generale è a Vienna. Ha ventuno uffici sul campo e un ufficio di collegamento a New York. L’UNODC è stato creato dal Segretario generale dell’ONU con lo scopo di “consentire all’Organizzazione di concentrare e accrescere la sua capacità di affrontare questioni correlate tra loro quali il controllo delle droghe, la prevenzione del crimine e del terrorismo internazionale in tutte le sue forme”. Nell’assolvere il suo mandato “di assistere gli Stati Membri nella loro battaglia” l’UNODC ha un programma di lavoro basato su tre pilastri: ricerca e analisi, azione normativa e progetti di cooperazione tecnica. A questo scopo, l’UNODC Drug Programme, precedentemente United Nations International Drug Control Programme (UNDCP), gestisce progetti per lo sviluppo alternativo, il monitoraggio dei raccolti illegali e i programmi di lotta al riciclaggio del denaro sporco. Come agenzia leader per le attività di controllo a livello internazionale, l’UNODC gioca un ruolo importante collaborando con gli stati membri, soprattutto i cosiddetti “paesi produttori” e i paesi in via di sviluppo, per affrontare con successo un’ampia gamma di problemi correlati alla droga. Ha inoltre un ruolo importante per quanto riguarda la compilazione di dati globali, per delineare e indagare i trend internazionali della produzione, della lavorazione, del traffico e dell’uso di droghe, e per agire da hub centrale per la disseminazione di buone prassi nella formulazione e implementazione delle politiche sulle droghe.

QUALI SONO GLI ELEMENTI DI DEBOLEZZA DEL SISTEMA?

Il sistema di controllo delle droghe è stato pensato e creato con un chiaro scopo primario: la restrizione della produzione, della distribuzione e dell’uso delle droghe controllate. Tuttavia gli operatori e i governi hanno sviluppato una maggiore conoscenza della complessità dei mercati della droga, e le loro conseguenze per la salute sociale ed economica delle comunità; pertanto ci si domanda se le attuali strutture interne all’ONU per affrontare il problema siano “adatte allo scopo” (fit for purpose). Ci sono molti settori in cui le attuali strutture potrebbero essere migliorate; questo avrebbe un impatto diretto sul modo di affrontare sfide cruciali su politiche e programmi in questo campo:

INCB. Il Board ha un ruolo importante che consiste nel supervisionare il sistema della produzione e della distribuzione lecita di sostanze controllate per uso medico e scientifico, e verificando allo stesso tempo che i paesi rispettino l’obbligo derivante dai Trattati di proibire il mercato illegale. Come il mandato dell’INCB riconosce, tale ruolo richiede al Board il raggiungimento di un equilibrio tra queste due funzioni primarie, nonché la considerazione di altri aspetti quali le norme culturali e giudiziarie degli stati membri, il diritto alla salute, la proporzionalità delle pene per chi commette reati di droga. Troppo spesso il Board non ha garantito questo equilibrio nelle sue attività e affermazioni, mettendosi in cattiva luce presso molti stati membri. Questo approccio inflessibile può essere osservato in quattro settori:

•    L’interpretazione dei trattati. L’INCB attualmente propone interpretazioni molto rigide e non universalistiche (almeno in un caso, in contrasto diretto con il consiglio legale ricevuto) delle Convenzioni. Ciò si traduce frequentemente in dichiarazioni e posizioni problematiche nei Rapporti Annuali dell’INCB, e in lettere private ai governi nazionali. Comportandosi come un guardiano inflessibile piuttosto che come un cane da guardia delle Convenzioni, (vedi http://www.internationaldrugpolicy.net/reports/BeckleyFoundation_Report_07.pdf) l’INCB genera tensioni con alcuni stati membri e con altre componenti del sistema internazionale di controllo della droga.
•    Il conflitto tra l’INCB e l’OMS sulla classificazione delle sostanze. Negli ultimi anni l’INCB è andato oltre il proprio mandato per offrire agli stati membri consigli non richiesti sulla classificazione delle sostanze. Ciò è particolarmente problematico perché, in tutti questi casi, le sue raccomandazioni contrastavano con quelle dell’OMS, ossia l’organismo ONU preposto a fornire suggerimenti tecnici agli stati membri sulla classificazione delle sostanze.
•    Lo sconfinamento rispetto al mandato. Il mandato dell’INCB è chiaramente definito dalle Convenzioni, tuttavia il Board attualmente sta travalicando la sua autorità e negli ultimi anni ha esteso illegittimamente il proprio ruolo nel sistema di controllo internazionale della droga. Le evidenze di questo sconfinamento possono essere rinvenute, tra l’altro, nell’attuale atteggiamento del Board verso gli stati membri, rispetto ai quali sembra porsi su un piano quantomeno di parità, e verso altri organismi del sistema ONU (ad esempio l’OMS), rispetto ai quali sembra considerarsi superiore.
•    La cultura della segretezza. Un fatto che complica tutte le questioni sopra riportate è l’aura di segretezza con cui il Board opera. Ad esempio, tutte le sue missioni, comunicazioni e lettere (migliaia ogni anno) sono confidenziali. Inoltre alle sessioni dell’INCB non sono ammessi osservatori, né sono disponibili minute, neanche per gli stati membri. Il risultato di una simile cultura della segretezza è che l’INCB manca di qualsiasi procedura di responsabilizzazione ed è probabilmente diventato l’organismo meno trasparente e più segreto dell’ONU. Il segretariato dell’INCB ha spesso sostenuto che il suo status unico all’interno dell’ONU gli consente di operare in questo modo. In realtà vi sono molti organismi ONU con mandati simili, che riescono ad operare in modo più aperto, e con una più stretta collaborazione con gli stati membri. L’INCB deve diventare un organismo più trasparente, deve dare risposte alle preoccupazioni degli stati membri, e aiutare in modo equilibrato i policy-makers a procedere nelle complesse sfide politiche che essi hanno di fronte.

(Per una discussione dettagliata di tutte e quattro i settori vedi The International Narcotics Control Board: Current Tensions and Option For Reform, International Drug Policy Consortium, Briefing Paper 7, February 2008,
http://www.idpc.info/php-bin/documents/IDPC_BP_07_INCB_TensionsAndOptions_EN.pdf)

UNODC. L’UNODC afferma che “Un relativo vantaggio per l’Office è il suo stesso dna in quanto soggetto multilaterale, cioè in quanto onesto intermediario che non rappresenta l’interesse di un singolo stato membro”. Tuttavia nella realtà le considerazioni di natura diplomatica e relative ai finanziamenti hanno un impatto enorme sulla attuazione di questo “principio guida”, sui tipi di progetti che diventano operativi, e in ultima istanza sul funzionamento complessivo dell’UNODC. Il suo budget consolidato, consistente nei budget dei programmi sulla droga e sul crimine, generalmente fa affidamento su contributi volontari di donatori per circa il 90%. Il restante 10% proviene dal budget dell’ONU (vale a dire, i fondi conferiti all’ONU nel suo insieme per pagare lo staff, le infrastrutture fondamentali e alcune attività). Ad esempio, nel periodo 2006-2007, il 70-80% dei contributi volontari era vincolato. Perciò, in qualunque momento, l’UNODC opera con un “puzzle” incompleto di finanziamenti, con un’alta percentuale di attività pianificate che aspettano la raccolta di fondi, e un’ampio numero di donatori i quali chiedono che l’ufficio persegua le loro priorità politiche e di programma, priorità spesso in conflitto tra loro. Una situazione simile porta a una politicizzazione non utile delle attività dell’Office e indebolisce il suo ruolo nel sistema. L’UNODC dà il meglio di sé quando fornisce analisi obiettive ed expertise agli stati membri, favorendo il dibattito politico tra posizioni in contrasto. Comunque, fin troppo spesso, l’Office ha operato come un soggetto politico autonomo, prendendo le parti di singoli stati membri, o semplicemente difendendo l’efficacia delle politiche e dei programmi esistenti.
Coerentemente con il suo mandato, l’UNODC si occupa degli aspetti relativi al controllo del problema della droga a livello globale. Talvolta ciò gli impedisce di raggiungere un equilibrio tra questa responsabilità – ridurre il più possibile le dimensioni del mercato illegale – e le considerazioni relative alla salute, allo sviluppo e ai diritti umani. Attualmente i meccanismi di partecipazione alle politiche sulle droghe e alla definizione di strategie, da parte delle agenzie ONU che si occupano di queste questioni, sono deboli. Ciò rende impossibile un efficace coordinamento tra priorità contrastanti (coordinamento che è sempre più presente a livello nazionale).
Anche se nella politica sulle droghe vi sono significative convergenze tra le posizioni delle diverse agenzie ONU, persistono tuttavia dei contrasti, sia dentro la cornice del controllo delle droghe, sia tra questa e le competenze e finalità più ampie dell’ONU. Il grado di incongruenza è fluido perché sia la politica che la scienza, nel campo delle droghe, si modificano nel corso del tempo. Tuttavia è possibile, ad esempio, identificare diversità di approccio tra l’orientamento repressivo dell’UNODC e l’interpretazione delle Convenzioni rigidamente ispirata alla tolleranza zero dell’INCB da una parte, e l’attenzione alla salute e allo sviluppo e una interpretazione più ampia delle Convenzioni da parte di altri organismi come l’UNAIDS, l’UNDP (Programma di sviluppo dell’ONU), l’Organizzazione mondiale della sanità, la Banca Mondiale e l’UNFPA (United Nations Population Fund) dall’altra. Inoltre, le strategie di impianto repressivo dimostrano una mancanza di congruenza rispetto ad alcuni settori del sistema di controllo internazionale delle droghe e ai più ampi principi di tutela dei diritti umani cui si ispira l’ONU, principi delineati nella Carta dell’ONU e più recentemente negli Obiettivi del Millennio.

Commissione sulle droghe narcotiche (CND). Uno degli effetti negativi della mancanza di coesione del sistema è che i delegati degli stati membri che partecipano ai principali forum dell’ONU per discutere e assumere decisioni politiche si occupano in larga misura di affari esteri e law enforcement. Ciò rafforza il primato dell’approccio repressivo su una questione che ha in realtà implicazioni sociali, sanitarie e di tutela dei diritti umani ben più ampie.
Ci sono anche difficoltà di tipo procedurale. Per molti anni, tutte le dispute all’interno della CND sono state risolte con il consenso. Come osserva un analista, “questo significa che ogni decisione solitamente viene ridotta al suo minimo comune denominatore: ciò che disturba meno il maggior numero di stati”. Dato questo modo di procedere, per un membro della CND è facile bloccare una risoluzione. Il risultato è che spesso si cercano soluzioni per “salvare la faccia”, e questo si traduce in una formulazione vaga delle risoluzioni. Inoltre la struttura e la formulazione finale delle risoluzioni spesso sono anche soggette a trattative tra i membri della CND, sì che a volte fattori esterni alla questione delle droghe influenzano le posizioni assunte dalla CND.
Il risultato è che negli incontri annuali per la definizione delle politiche una grande quantità di tempo ed energie va sprecata in complimenti e autocelebrazioni degli stati membri. Raramente vengono discussi i veri dilemmi posti dal sistema attuale, in quanto gli stati membri preferiscono evitare i rischi diplomatici che sollevare questioni difficili comporterebbe.
Infine, l’intero processo avviene con una scarsissima partecipazione della società civile, e soprattutto di quelli su cui la questione incide maggiormente (come i rappresentanti dei consumatori e dei produttori). In altri settori di attività dell’ONU, le ONG sono molto più integrate nei processi decisionali (ad esempio nell’UNAIDS, dove esse partecipano al tavolo di coordinamento del programma). Nel sistema ONU sulle droghe, invece, le ONG sono spesso state viste come una minaccia alla qualità del dibattito, piuttosto che come una fonte esperta da valorizzare. Ad esempio, i rappresentanti di chi coltiva piante usate nella produzione illegale di sostanze possono contribuire con informazioni dettagliate al dibattito dei governi sulle politiche nei paesi produttori.

QUESTI ELEMENTI DI DEBOLEZZA QUALI PROBLEMI COMPORTANO?

I dibattiti sulle riforme strutturali possono essere molto aridi, ed hanno scarsa rilevanza rispetto alle esperienze delle persone. Tuttavia le debolezze che abbiamo identificato all’interno delle strutture del sistema di controllo delle droghe ONU hanno direttamente prodotto risposte deficitarie della comunità internazionale a molte sfide pressanti. Il mancato raggiungimento di un equilibrio nella considerazione delle opzioni politiche è stato più marcato nei seguenti settori, ciascuno dei quali è caratterizzato da una eccessiva focalizzazione sull’eliminazione del mercato illegale, a scapito di risposte alle conseguenze negative di quel mercato:

•    Prevenire la trasmissione dell’HIV attraverso il consumo di droga per via iniettiva. Si stima che il 10% di tutte le nuove infezioni da HIV a livello mondiale (il 30% fuori dell’Africa) avvengano attraverso il consumo di droga per via iniettiva. Da venti anni a questa parte i governi e la comunità internazionale dispongono di efficaci misure di prevenzione per la salute pubblica. Attualmente però esse sono accessibili solo da meno del 5% della popolazione target. Questa risposta lenta e insufficiente è stata dovuta in una certa misura dal fatto che il sistema ONU ha mancato di far valere la propria leadership su questa questione, perché le misure sanitarie che consentono ai consumatori di iniettarsi la droga in modo più sicuro sono state viste come un qualcosa che minava il messaggio centrale della proibizione.
•    Affrontare i reati correlati alla droga. I reati commessi dai consumatori, dagli spacciatori, e dai gruppi criminali coinvolti nel traffico causano danni gravi alle persone, alle comunità, e in alcuni casi alle società intere. I tentativi delle agenzie antidroga nazionali e internazionali di contrastare i reati correlati alla droga si sono focalizzati quasi interamente sulla riduzione del mercato illegale: numero dei sequestri, numero degli arrestati, gruppi criminali smantellati. Purtroppo, in questo campo, anche gli interventi riusciti hanno prodotto raramente un decremento generale dei reati correlati alla droga, poiché sul mercato nuovi soggetti rimpiazzano velocemente quelli rimossi dalle forze dell’ordine. Anzi, il successo nella disarticolazione di una particolare rete può spesso portare a un aumento dei reati perché gruppi in competizione tra loro si contendono il territorio. L’attività di contrasto deve puntare maggiormente a ridurre i reati che colpiscono direttamente le comunità, come i delitti contro la proprietà commessi dai consumatori, nonché la violenza e l’intimidazione associate ai mercati della droga.
•    Ricostruire società in pezzi. I paesi dove si concentra la produzione di droga (l’Afghanistan per l’oppio, la Colombia per la coca) hanno sofferto più di tutti per il problema globale della droga. Essi sono presi in un circolo vizioso in cui la povertà e l’assenza della legge creano le condizioni perché la produzione e il traffico di droga fioriscano, mentre l’influenza corruttrice del narcotraffico vanifica qualsiasi tentativo di ridurre la povertà e di imporre la legge e l’ordine. L’unica soluzione per questo circolo vizioso è la creazione a lungo termine di attività economiche e sociali legittime, nonché di istituzioni pubbliche efficienti. Questo è il settore specialistico di agenzie come l’UNDP e la Banca Mondiale, il cui lavoro in questi paesi è compromesso e spesso è secondario rispetto agli obiettivi a breve termine della lotta alla droga.
•    Fornire l’accesso ai farmaci essenziali. Molte sostanze sottoposte al controllo globale possono avere usi medici validi (ed essenziali). Gli oppiacei, in particolare, sono ampiamente usati nella gestione del dolore e nel trattamento della dipendenza. L’OMS stima che le terapie del dolore siano sotto-utilizzate in paesi che insieme contengono l’80% della popolazione globale, e in quasi tutti i paesi il trattamento della dipendenza con oppiacei non è disponibile. Una delle ragioni per questa mancanza di accesso ai farmaci essenziali è la natura delle restrizioni imposte dalle leggi sulla droga alla lavorazione e alla distribuzione di queste sostanze. Nella ricerca di un equilibrio tra il favorire l’offerta legittima di queste medicine, e l’impedire che esse finiscano nel mercato nero, l’INCB in particolare ha dato colpevolmente la priorità alla repressione, piuttosto che agli obiettivi di natura sanitaria.
•    Tutelare i diritti umani. L’ONU dispone di un insieme di trattati sui diritti umani che promuovono i diritti fondamentali per tutti i cittadini, e di una infrastruttura che esamina e critica gli abusi, ovunque essi si verifichino. Inoltre, i paesi che hanno sottoscritto le convenzioni ONU sulle droghe sono tenuti a rispettare i loro obblighi generali, sanciti dagli articoli 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite, e sono tenuti a promuovere “il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti” (Carta delle Nazioni Unite, 1945). In base all’articolo 103 della Carta, “In caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai Membri delle Nazioni Unite con il presente Statuto e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale, prevarranno gli obblighi derivanti dal presente Statuto”. (Carta delle Nazioni Unite, 1945). Tuttavia il sistema del controllo della droga dell’Onu è stato spesso colpevole di trascurare o condonare le azioni dei governi (ad esempio, la detenzione senza processo, le uccisioni extragiudiziarie, o la pena di morte) che violano questi diritti umani, laddove essi sono commessi nell’ambito della lotta alla droga. Tutte le agenzie ONU dovrebbero essere coerenti nella loro condanna di simili azioni, quale che sia l’impatto sul mercato della droga.

LA REVISIONE PUÒ AFFRONTARE QUESTI PROBLEMI?

Nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo imparato molto sulla natura del problema droga a livello globale e sull’efficacia delle nostre politiche, perciò il 2008 è il momento giusto per ragionare su come il sistema potrebbe funzionare più efficacemente. In questa fase non è però chiaro se i governi vedono la revisione come un’opportunità seria di modernizzare il sistema del controllo, o come un semplice fatto di routine. Quando nel 1998 la comunità internazionale si è data appuntamento alla Sessione Speciale dell’assemblea Generale dell’ONU (UNGASS) per discutere la risposta globale alle droghe illegali, essa ha adottato una dichiarazione che impegnava gli stati membri al raggiungimento di risultati significativi e misurabili nella riduzione della domanda e dell’offerta illecita di droghe entro il 2008. Dieci anni dopo, alla Commissione sulle droghe narcotiche del 2008, gli stati membri, i funzionari dell’ONU e le ONG hanno discusso sui progressi fatti, e ancora una volta sono emerse alcune divisioni ben note.
Il direttore esecutivo dell’UNODC, Antonio Costa, ha riconosciuto che questi ambiziosi obiettivi non sono stati raggiunti, ma ha sostenuto che il problema globale della droga viene attualmente contenuto attraverso un mix di misure efficaci di riduzione dell’offerta e della domanda.
I contributi degli stati membri al dibattito sono stati ampiamente divergenti. Mentre molti paesi (soprattutto europei, ma anche molti paesi dell’America Latina, e alcuni dell’Asia e dell’Australasia) hanno sottolineato l’esigenza di sfruttare questa revisione per correggere alcuni squilibri e deficienze nel sistema di controllo globale, molti altri hanno insistito sulla necessità di restare fedeli allo “spirito” delle convenzioni, e di far funzionare le attuali politiche ispirate alla repressione.
I delegati alla CND del 2008 hanno confermato che nel marzo 2009 si terrà a Vienna un meeting politico ad alto livello della durata di due giorni. In questo meeting sarà concordata la cornice per la prossima fase della politica ONU sulle droghe. Il materiale e i rapporti che saranno presi in considerazione in quel meeting saranno generati attraverso cinque gruppi di lavoro intergovernativi che svilupperanno e presenteranno delle bozze di testo all’attenzione dei governi. Questi gruppi di lavoro verteranno, rispettivamente, su:

•    Riduzione della domanda (meeting dal 15 al 17 settembre 2008)
•    Riduzione dell’offerta (meeting dal 23 al 25 giugno 2008)
•    Riciclaggio del denaro sporco (meeting dal 30 giugno al 2 luglio 2008)
•    Eradicazione delle colture e sviluppo alternativo (meeting dal 2 al 4 luglio 2008)
•    Precursori e stimolanti tipo-anfetamine (meeting dal 17 al 19 settembre)

Gli incontri si svolgeranno tutti a Vienna. Le organizzazioni non governative non possono prendervi parte in quanto tali, ma gli stati membri sono stati incoraggiati a includere nelle loro delegazioni “esperti”, anche appartenenti a organizzazioni non governative. Perciò le ONG dovrebbero cercare di persuadere i loro colleghi del governo a includere nelle loro delegazioni esperti qualificati e contribuire con idee e suggerimenti attraverso queste delegazioni.
Il processo di revisione 2008/2009 rappresenta perciò una opportunità significativa per affrontare le attuali debolezze del sistema. Non è più sufficiente che l’UNODC e gli stati membri riconfermino semplicemente le strutture e i programmi esistenti. A questo proposito la società civile può offrire un contributo significativo, promuovendo idee costruttive per migliorare il sistema internazionale di controllo e facendo in modo che i rappresentanti dei governi al meeting del 2009 riflettano seriamente l’esperienza e l’opinione pubblica dei loro paesi.

QUALI SONO LE QUESTIONI CHIAVE DELLA REVISIONE?

Le organizzazioni della società civile di tutto il mondo avranno un’ampia gamma di posizioni e priorità rispetto alla revisione, tuttavia l’IDPC propone di concentrarsi su quattro questioni chiave, per le quali sentiamo che le attuali politiche e gli attuali programmi potrebbero realisticamente migliorare attraverso questo processo:

LA RIFORMA STRUTTURALE. A livello nazionale e locale, le strutture per creare, implementare e rivedere la politica sulle droghe sono diventate sempre più interdipartimentali, perché le amministrazioni si rendono conto delle interconnessioni tra gli aspetti repressivi, e gli aspetti sanitari e sociali del problema. Quasi tutti i paesi hanno ora adottato strategie nazionali su cui sovrintendono organismi di coordinamento in cui sono rappresentate tutte le componenti dei governi. Nel programma delle Nazioni Unite non esiste un meccanismo di questo tipo.
In assenza di un meccanismo strategico a livello sistemico, la CND e l’UNODC hanno concentrato la propria attenzione sui reati e sul loro contrasto per promuovere un approccio di law enforcement. Ciò è rafforzato dalla rigida interpretazione delle convenzioni da parte dell’INCB. Nel frattempo, le agenzie ONU molto più grandi che si occupano delle conseguenze del mercato della droga (ad esempio l’OMS, l’UNAIDS, l’UNDP e gli organismi di controllo dei trattati per i diritti umani) giocano solo un ruolo marginale nella formulazione della politica sulle droghe e nella attuazione dei programmi.
Questa situazione deve cambiare: è necessario passare a un sistema in cui possa svilupparsi in modo veramente collaborativo una strategia coordinata e olistica, tale da riflettere un equilibrio tra i principi e i criteri di tutte le agenzie ONU rilevanti (ed i principi fondamentali dell’intero sistema ONU, per quanto riguarda i diritti umani). Una tardiva implementazione di una versione del Piano SWAP (System-Wide Action Plan) del 1998 sul controllo dell’abuso di droga potrebbe offrire una via per affrontare molte di queste questioni. Inoltre la rivitalizzazione di un processo di tipo SWAP si collocherebbe bene all’interno della più ampia agenda ONU, che necessita di una coesione a livello di sistema. Questo concetto, in base al quale tutte le agenzie ONU con un interesse comune per una qualunque tematica lavorano a stretto contatto per concordare una strategia ad alto livello e assicurare un coordinamento durante la sua promozione e attuazione, è uno dei principi chiave che informano gli attuali tentativi di riformare la machinery dell’ONU. Esso è particolarmente applicabile al settore delle politiche sulle droghe, perché l’impatto del problema della droga (e delle conseguenze non volute dei tentativi di contrastare il mercato della droga) tocca moltissimi aspetti della politica e dell’attività umana.
Una sfida correlata è ridefinire sia il ruolo dell’UNODC, sia il ruolo dell’INCB. Queste agenzie dovrebbero essere centri di expertise obiettivi e indipendenti, in grado di coadiuvare gli stati membri nell’analisi della complessità dei problemi della droga nei loro territori, e nella definizione di risposte efficaci. Troppo spesso però, nella pratica, la leadership di entrambi gli organismi ha assunto un ruolo politico, sostenendo una particolare opinione politica. anche di fronte a posizioni chiaramente divergenti tra gli stati membri, o tra diverse agenzie ONU. Dovremmo sfruttare l’opportunità che la revisione decennale ci offre per correggere il ruolo di questi due organismi.
Nel caso dell’UNODC, ciò significherebbe una espansione significativa della sua funzione di ricerca e analisi, e la disseminazione di consigli e suggerimenti agli stati membri sulla base delle evidenze raccolte. La revisione e la fine dell’attuale meccanismo basato sui questionari annuali e biennali (ARQ e BRQ) è anche un momento ideale per rivalutare e modernizzare i sistemi di raccolta dati dell’UNODC, e migliorare il rigore e l’oggettività della sua analisi. È importante osservare che un potenziamento significativo della capacità di ricerca dell’UNODC, o un rafforzamento dei meccanismi di valutazione, richiederebbe anche la disponibilità dei donatori a fornire finanziamenti adeguati. Comunque, per l’UNODC sarebbe più facile ottenerli se rafforzasse il suo rapporto con i donatori non limitandosi a cercare di assicurarsi i fondi ed aumentasse la collaborazione e la comunicazione in tutte le fasi del programma, sia con loro che con le altre agenzie.
Nel caso dell’INCB, questo significherebbe restituire al Board il suo compito originario di identificare le debolezze funzionali nell’adesione degli stati membri alle convenzioni sulle droghe, piuttosto che entrare nel merito di questioni che dovrebbero restare di competenza delle scelte politiche nazionali o di altri organismi ONU. In questo contesto, una particolare attenzione dovrebbe essere prestata al processo di selezione e all’expertise dei membri dell’INCB, al loro ruolo relativamente alla classificazione delle sostanze nell’ambito dei Trattati, alla cultura della segretezza dell’INCB, e al suo approccio selettivo all’implementazione del suo mandato. (Vedi The International Narcotics Control Board: Current Tensions and Options For Reform, IDPC Briefing Paper 7, February 2008 http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000134 e ‘Unique in International Relations?’ A Comparison of the International Narcotics Control Board and the UN Treaty Bodies, IHRA, 2008 http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000133).
Infine, sta diventando sempre più difficile affrontare in modo appropriato le crescenti tensioni all’interno del sistema di controllo della droga dell’ONU, particolarmente in relazione alle questioni della riduzione del danno, della classificazione della foglia di coca, dei diritti umani, senza esaminare da vicino certi aspetti delle convenzioni stesse. Di conseguenza, questa questione politicamente sensibile non dovrebbe essere esclusa dalle discussioni a lungo termine sul tema della riforma strutturale.
Il documento IDPC n. 5
http://www.idpc.info/php-bin/documents/IDPC_FivePolicyPrinciples_Exp5_EN.pdf
Il documento IDPC n. 5 (IDPC Position Paper 5) affronta alcune di queste questioni in modo più dettagliato, e nei prossimi mesi ci proponiamo di proporre raccomandazioni costruttive su come può essere creata una struttura funzionale per il controllo della droga, coerente con i principi insiti nella più ampia agenda di riforma dell’ONU.

RIDUZIONE DEL DANNO. Negli ultimi vent’anni questa espressione è stata associata principalmente alla adozione di misure di salute pubblica che aiutino i consumatori a non contrarre l’HIV ed altre infezioni, ma anche ad evitare casi di overdose ed altre conseguenze sanitarie negative che possono derivare loro dal consumo di droghe. La riduzione del danno è anche diventata oggetto di un dibattito infinito negli ambienti delle politiche sulle droghe, poiché questo insieme di attività rappresenta la più chiara e la più diffusa presa di distanza dalla politica di tolleranza zero, che mira unicamente a ridurre al minimo o sradicare il consumo e il commercio di sostanze. Il concetto di riduzione del danno, perciò, ha implicazioni molto più vaste per le politiche sulle droghe e per i programmi di intervento. L’UNODC stesso non cita più tra i suoi obiettivi lo sradicamento del consumo, ma il contenimento del mercato ai livelli correnti. L’IDPC, pur essendo scettico rispetto alla affermazione secondo cui il contenimento sarebbe stato raggiunto, ritiene che questo cambiamento di atteggiamento consenta di orientare le politiche internazionali nel senso di dare risposte alle conseguenze del consumo. Ciò significherebbe maggiori sforzi per ridurre i rischi sanitari del consumo, ma anche le conseguenze sociali come la tossicodipendenza, l’impatto sulla famiglia e sulla vita di relazione, e i reati connessi alla droga. Anche all’interno delle politiche di contrasto, un simile riallineamento di prospettiva significherebbe prendere le distanze dall’ossessione delle eradicazioni delle colture, dei sequestri di sostanze e dell’arresto dei consumatori per misurare i successi conseguiti, ad esempio, in termini di riduzione del potere e dei profitti del crimine organizzato, di miglioramento dello sviluppo o degli indicatori della qualità della vita, o di riduzione del fenomeno della corruzione connessa alla droga.
Un simile cambiamento di prospettiva avrebbe un impatto enorme sui programmi ONU. Nel corso degli anni, l’ONU ha prestato pochissima attenzione alle conseguenze sociali e sulle comunità del consumo di droghe, e le agenzie ONU per il controllo della droga talvolta hanno frenato lo sviluppo di programmi assolutamente necessari – ad esempio, il ricorso crescente a misure per la prevenzione dell’HIV tra i consumatori. Una strategia futura più produttiva dovrebbe vedere un chiaro impegno delle agenzie ONU per ridurre le conseguenze del consumo e del traffico, e quindi l’espansione di programmi che sostengano il trattamento della tossicodipendenza, la riduzione dei reati, e le misure di prevenzione dell’HIV. Ci sono segnali, certamente nel campo della prevenzione dell’HIV, che questa idea stia ricevendo maggiore accettazione all’interno del sistema di controllo della droga dell’ONU. Affermazioni fatte alla CND del 2008 da Antonio Maria Costa, confermate da testi in documenti ufficiali UNODC, sembrano avere infine registrato il sostegno di quella agenzia a un approccio di salute pubblica e di riduzione del danno alla prevenzione dell’infezione da HIV tra i consumatori, affermando che egli non vede incompatibilità tra gli sforzi di ridurre le dimensioni del mercato, e i tentativi di fronteggiarne le conseguenze. Ora la nostra sfida è fare in modo che questo crescente sostegno al principio della riduzione del danno sia inserito negli esiti della revisione delle politiche, e che l’UNODC promuova con maggiore determinazione l’espansione di misure complete di prevenzione dell’HIV nei paesi colpiti.
Il documento dell’IDPC n. 2 (Position Paper 2 – http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000059) analizza la questione in modo più dettagliato, e continueremo a lavorare con gli stati membri per promuovere l’adozione di questi concetti attraverso il processo di revisione.

I PAESI PRODUTTORI. La strategia predominante basata sulle eradicazioni forzate e sulla repressione, che prende di mira i contadini che coltivano la coca e il papavero da oppio da destinare poi ai mercati illegali, non ha intaccato in modo significativo la quantità di droghe illegali in circolazione. Nonostante la presenza di truppe occidentali in Afghanistan sin dal 2001, la produzione di oppio negli ultimi due anni è stata più alta che mai. Pur riferendo alcuni casi recenti di calo della produzione di coca nella regione andina, l’ONU stima che non vi sia virtualmente alcun cambiamento della produzione potenziale globale di cocaina.
Tuttavia queste politiche comportano serie conseguenze per uno sviluppo economico e sociale in un ambito di legalità, nonché per i diritti umani delle comunità colpite. Per la maggior parte dei contadini, coltivare piante da usare nella produzione di droghe illegali è una fonte di sostentamento primario. Eradicare quella che spesso è la loro unica fonte di reddito senza avergli fornito delle alternative si traduce per loro in una spirale di povertà, e implica che presto ricominceranno a coltivare, con la conseguente espansione geografica di questi raccolti e un ulteriore degrado ambientale. Inoltre i programmi di eradicazione forzata sono spesso controproducenti, perché generano conflitto sociale e violenza politica minando la legittimità del governo.
Si potrebbe obiettare che queste campagne necessitano di più tempo, ma alla fine produrranno i loro effetti. Tuttavia la produzione totale di coca andina è aumentata da quando fu lanciato il Plan Colombia nel 2000, nonostante i miliardi di dollari in assistenza Usa e la fumigazione di oltre 750.000 ettari di campi coltivati a coca e papavero. Le evidenze provenienti dai pochi paesi dove la coltivazione è scesa indicano che lo sviluppo di forme di sussistenza alternative e realistiche a lungo termine, mediante progetti di sviluppo in collaborazione con le comunità sul territorio, è molto più efficace per ridurre – e in alcuni casi eliminare – i raccolti destinati al mercato illecito in queste aree. (Comunque è importante osservare che finché la domanda di droghe illecite resterà alta, la produzione si sposterà in altre aree.)
Queste realtà stanno cominciando a trovare riconoscimento. Secondo il rapporto del Direttore Esecutivo sul “Piano d’azione sulla cooperazione internazionale per l’eradicazione dei raccolti illeciti e per lo sviluppo alternativo” presentato alla CND del 2008, “sono emerse scarse evidenze che l’eradicazione riduca la coltivazione illecita nel lungo periodo”, e i programmi per lo sviluppo alternativo restano inadeguati. Il rapporto incoraggia gli stati a inserire le strategie per lo sviluppo alternativo in più ampi programmi di sviluppo nazionale. L’affermazione più significativa è forse la seguente: “Lo sviluppo alternativo deve essere valutato in base agli indicatori dello sviluppo umano e non solo in base alle statistiche sulla produzione dei raccolti illeciti”. In breve, gli indicatori del controllo della droga dovrebbero misurare lo sviluppo socio-economico, piuttosto che gli ettari eradicati o i sequestri di sostanze effettuati. Alla CND del 2008 è stata anche approvata la mozione “Promuovere la sostenibilità e l’integrità (sic) nello sviluppo alternativo come parte importante della strategia di controllo della droga”, che parte dal successo ottenuto in Thailandia con l’approccio basato sui mezzi di sussistenza alternativi.
Il riconoscimento che le attuali politiche di eradicazione e di sviluppo alternativo non hanno prodotto i risultati sperati, e il bisogno di un approccio basato su mezzi di sostentamento alternativi che metta lo sviluppo socio-economico al centro degli sforzi internazionali, offrono una opportunità importante per la costruzione di alternative più efficaci durante il processo di revisione dell’UNGASS. Il gruppo di lavoro su questo piano d’azione dovrebbe usare il rapporto del Direttore Esecutivo come punto di partenza per una analisi più approfondita su come integrare le politiche di riduzione dei raccolti nei programmi di sviluppo nazionali e regionali, allo scopo di migliorare la qualità della vita di popolazioni rurali marginali. Porre fine alle eradicazioni forzate e dare priorità a forme alternative di sostentamento è una strategia più umana ed efficace per contenere la coltivazione di coca e papavero da oppio.
Infine, alla CND del 2008 si è svolto un dibattito significativo sul Rapporto Annuale 2007 dell’INCB e sulla foglia di coca. Il rapporto invita a rispettare l’indicazione della Convenzione del 1961 di mettere fine alla masticazione della foglia di coca entro 25 anni e si spinge ancora oltre affermando, erroneamente, che tale pratica può portare alla “tossicodipendenza”. La delegazione boliviana in particolare si è detta offesa per la mancanza di rispetto nei confronti delle pratiche indigene tradizionali dimostrata dall’INCB, che ha ignorato i progressi presenti nelle convenzioni successive in cui si riconosce il diritto all’uso tradizionale. Il viceministro boliviano Hugo Fernandez ha perciò annunciato alla CND che la Bolivia richiederà formalmente la rimozione della coca dalla Tabella 1 della Convenzione del 1961. La Bolivia ha anche chiesto che la questione della foglia di coca e dei diritti dei popoli indigeni sia presa in considerazione nel processo di revisione dell’UNGASS. Questi temi resteranno certamente controversi durante la revisione.
Il documento dell’IDPC n. 3 (Position Paper 3 –
www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000064) approfondisce ulteriormente queste questioni. Nel corso del 2008 continueremo a presentare proposte che possano essere inserite nelle future strategie d’intervento internazionale nelle zone dove vengono coltivate le piante usate per la produzione delle droghe illegali.

DIRITTI UMANI. Sta diventando sempre più evidente che molti aspetti dell’implementazione del sistema di controllo globale delle droghe contrastano potenzialmente con i diritti umani e con gli standard giudiziari che sono promossi da altri organismi ONU.
Il punto di vista morale dipinge il traffico di droga non come una attività criminale, ma piuttosto come un “male sociale” o una “minaccia globale”. Le persone coinvolte nel commercio di droga, come i coltivatori, gli spacciatori o i consumatori, sono perciò spesso visti come un gruppo omogeneo che costituirebbe una minaccia per l’ordine morale e sociale, e perciò non meriterebbe gli stessi diritti e le stesse tutele dei cittadini “normali”. Con almeno 200 milioni di consumatori attualmente presenti nel mondo, questa posizione è chiaramente irrealistica e indifendibile.
Il punto di vista utilitaristico ritiene che una punizione severa sia un efficace deterrente contro il “male” delle droghe e serva a mitigarne le conseguenze sociali negative. Seguendo questa logica, più severa è la pena, maggiore è la deterrenza. Questo “principio di deterrenza” è stato testato e analizzato in molti paesi, e si è rivelato errato: la dimensione della repressione, e l’asprezza delle pene, non ha una correlazione stretta con il consumo di droghe.
Come conseguenza di questo approccio morale, nei paesi ad alto reddito e a basso reddito in tutte le regioni del mondo, le persone che usano droghe illegali sono tra le più marginalizzate e stigmatizzate della società. Esse costituiscono un gruppo soggetto come nessun altro ad un ampio assortimento di violazioni dei diritti umani, incluse pratiche di abuso da parte delle forze dell’ordine, incarcerazioni di massa, esecuzioni extragiudiziali, devastazioni ambientali, attacchi alle culture indigene, negazione dei servizi sanitari e, in alcuni paesi, esecuzioni in base a leggi che non corrispondono ai criteri internazionali di salvaguardia dei diritti umani. Ad esempio:

•    Più di 30 stati membri prevedono ancora la pena di morte per reati di droga, che talvolta comprendono anche il possesso. In alcuni di questi paesi, ogni anno, una percentuale significativa di esecuzioni è per reati di droga.
•    Azioni di polizia e militari finalizzate a colpire il narcotraffico possono includere uccisioni extragiudiziali, tortura e detenzione senza formulazione del capo d’accusa o senza processo.
•    Le campagne di eradicazione forzate delle colture dichiarate illegali sono spesso violente, e tolgono ai contadini poveri le loro uniche fonti di entrata senza fornirgli alcuna alternativa.
•    Le pratiche culturali indigene tradizionali che prevedono il consumo di piante dichiarate illecite dalle convenzioni internazionali sono soggette a violazioni del diritto all’identità culturale e mancanza di rispetto per le culture indigene.
•    Le azioni di polizia tese a identificare, arrestare e punire i consumatori possono portare alla violazione del diritto alla privacy, del diritto al giusto processo, e del diritto alla proporzionalità della pena.
•    Controlli eccessivamente rigidi sulla distribuzione per uso medico delle sostanze controllate sono tra le cause di un accesso inadeguato alle medicine essenziali in molte parti del mondo, minando così il diritto alla salute di decine di milioni di cittadini.

Nonostante queste dissonanze tra le politiche e la pratica del controllo della droga da una parte, e il dovere dei governi e delle agenzie ONU, in base alla Carta dell’ONU, di tutelare e promuovere i diritti umani dall’altra, queste questioni hanno ricevuto scarsa attenzione sia nella Commissione sulle droghe narcotiche, sia negli organismi ONU di controllo dei trattati per i diritti umani. I membri di IDPC le stanno portando sempre di più all’attenzione delle autorità, e la questione dei diritti umani sta cominciando a suscitare una certa attenzione, anche se non sempre convinta:

•    Dopo la pubblicazione di un rapporto dell’IHRA sulla pena di morte, il capo dell’UNODC e l’Alto Commissario ONU per i diritti umani hanno entrambi riconosciuto che su questa questione è necessario un maggiore impegno, e si stanno incontrando per discutere su come procedere.
•    Dopo la pubblicazione di un briefing della Beckley Foundation su repressione e diritti umani (Recalibrating the Regime: The Need for a Human Rights-Based Approach to International Drug Policy, The Beckley Foundation Drug Policy Programme, Report 13 http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000131), su questo argomento si è tenuto un workshop alla CND che ha visto la partecipazione di molto delegati governativi, e ha stimolato dei dibattiti interessanti.
•    La delegazione uruguaiana alla CND ha presentato una risoluzione sui diritti umani. Il dibattito su questa risoluzione è stato aspro, con differenze evidenti tra i molti governi che si sono espressi nettamente a favore di un rafforzamento dell’approccio basato sui diritti, e un numero più piccolo di paesi che si sono opposti (alcuni dei quali hanno apertamente messo in discussione lo status delle disposizioni sui diritti umani presenti nella Carta dell’ONU, o la loro rilevanza rispetto alla politica sulle droghe).

La questione dei diritti umani ormai è stata chiaramente inserita nell’agenda del sistema di controllo delle droghe, e noi lavoreremo nei prossimi mesi per fare in modo che vi resti.
Attraverso un rapporto costruttivo con le agenzie ONU e con i governi nazionali, intendiamo promuovere una collaborazione più stretta tra l’UNODC e gli organismi ONU di controllo dei trattati per i diritti umani, una maggiore disponibilità da parte dell’INCB a criticare i governi che violano gli standard concordati, e l’inclusione di un linguaggio forte che sostenga un approccio basato sui diritti nella dichiarazione politica del meeting del 2009.

COME POSSONO PARTECIPARE LE ONG?

In passato le opportunità per le ONG di partecipare all’elaborazione delle politiche sulle droghe dell’ONU sono state molto limitate, ma ora ci sono segnali promettenti per un maggior coinvolgimento. Le ONG che sono interessate a contribuire a questi dibattiti, e ad influenzarne l’esito, hanno le seguenti opzioni a disposizione:

L’INIZIATIVA “OLTRE IL 2008”
. Il Vienna NGO Committee (Comitato delle ONG di Vienna – VNGOC) ha completato i suoi seminari di consultazione per le ONG in ciascuna regione del mondo. Queste consultazioni regionali hanno prodotto altrettanti rapporti che ora saranno raccolti in un unico documento delle ONG che sarà reso disponibile sul sito del VNGOC (www.vngoc.org) entro la fine di maggio 2008. Questo documento sarà discusso alla conferenza globale delle ONG che si terrà a Vienna nel luglio 2008. Le conclusioni saranno messe a disposizione degli stati membri, e formalmente presentate al meeting politico del 2009. Il sito web del VNGOC contiene anche un questionario scaricabile che le ONG possono completare e restituire. Le informazioni contenute in questi questionari saranno anch’esse raccolte e presentate ai policy-makers.

IL PROGRAMMA IDPC. I membri dell’IDPC stanno mettendo a punto una piattaforma politica (advocacy plan) per la revisione dell’ONU. Questo piano si basa sui nostri cinque principi per le politiche sulle droghe (http://www.idpc.info/php-bin/documents.pl?ID=1000069), ma possono contribuire a questo lavoro anche le ONG che attualmente non fanno parte dell’IDPC. Se la vostra organizzazione appoggia questi principi, e desidera lavorare attraverso l’IDPC per promuoverli nell’ambito del processo di revisione, potete contribuire in uno qualunque dei seguenti modi:

•    Aiutando a produrre idee e materiali. Organizziamo regolarmente incontri e seminari per discutere il processo di revisione, e decidere rispetto agli approcci da adottare. Il prossimo incontro per discutere l’agenda di IDPC si terrà a Vienna nel luglio 2008.
•    Espandendo i canali di comunicazione con i policy-makers. Poiché le decisioni sulla forma futura del controllo delle droghe saranno prese dai governi nazionali, è cruciale aumentare al massimo il numero e la qualità dei nostri contatti con funzionari e politici, che rappresenteranno il proprio paese durante la revisione. Le ONG coinvolte in questo processo dovrebbero perciò cercare di identificare i referenti adeguati nei loro governi, stabilire contatti con loro per pubblicizzare le posizioni di IDPC, e valutare il livello di sostegno o di resistenza.
•    Stimolando l’interesse di ONG e agenzie governative attive in settori collegati, come la salute, lo sviluppo e i diritti umani. Come menzionato sopra, l’impatto delle politiche di controllo delle droghe su questi settori ha ricevuto finora troppo poca attenzione, e manca un coordinamento a livello ONU tra le agenzie responsabili. Le ONG che partecipano a questo processo possono contribuire a identificare i soggetti principali, e cercare di coinvolgerli.
•    Mobilitando i politici e l’opinione pubblica. Nella gran parte dei casi, le precedenti riunioni dell’ONU per discutere di politiche sulle droghe hanno ricevuto scarsa attenzione da parte dei media o dei parlamenti. Nonostante l’importanza della questione, pochi commentatori collegano il processo decisionale dell’ONU alle politiche nazionali sulle droghe. Le ONG coinvolte in questo processo decisionale dovrebbero perciò cercare di suscitare l’interesse dei media e dei politici del proprio paese, identificando i giornalisti interessati nei principali media, piazzando articoli ed editoriali che riflettano le nostre posizioni, offrendo informazioni ai politici, e stimolando il dibattito politico durante la preparazione della posizione del governo rispetto alla revisione.

AZIONI INDIPENDENTI. Naturalmente, qualunque singola ONG (o gruppo di ONG) può avere le proprie idee su quali siano le questioni da affrontare, o gli approcci da seguire, che non sarà possibile perseguire attraverso le due strutture descritte sopra. Potreste perciò preferire strategie e tattiche autonome. Una molteplicità di posizioni e approcci sarà segno di un dibattito vivace, e l’IDPC sarà felice di continuare a scambiare informazioni con qualunque gruppo che lavori in modo costruttivo per influire sulla revisione.

CHE SUCCEDERÀ DOPO?

L’IDPC continuerà a elaborare proposte costruttive che gli stati membri possono cercare di realizzare attraverso il processo di revisione. Inoltre continuerà a fornire informazioni e assistenza ai suoi membri e ad altre ONG. A mano a mano che il processo di revisione andrà avanti, produrremo e faremo circolare versioni aggiornate delle informazioni in nostro possesso sul processo di revisione e delle nostre raccomandazioni. Inoltre organizzeremo con regolarità riunioni nelle quali le ONG potranno discutere l’agenda emergente e concordare strategie comuni.

International Drug Policy Consortium, Giugno 2008
Traduzione di Marina Impallomeni