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La relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze del 1997 ha un carattere “sperimentale”, come spiega la ministra Turco nella breve introduzione: per offrire un documento più snello e leggibile, in linea con le indicazioni dell’Osservatorio europeo sulle droghe di Lisbona. In effetti, un passo avanti si è fatto rispetto alle precedenti relazioni, che si limitavano ad affiancare i documenti dei vari ministeri competenti: con l’attuale si cerca invece di delineare la situazione epidemiologica e le strategie di contrasto, dalla riduzione dell’offerta a quella della domanda, ai trattamenti. È assente, non si sa perché, un capitolo, o almeno un paragrafo sulla riduzione del danno: o, per meglio dire, se ne parla sotto la voce “prevenzione dell’infezione HIV”, dunque in un’ottica a dir poco riduttiva. Vedremo meglio in seguito. Tuttavia, siamo lontani dall’obbiettivo dichiarato di fornire una “comprensione” del fenomeno, da cui trarre indicazioni politiche di intervento. Intanto è ancora carente la rilevazione dei dati, ad esempio sul fenomeno più significativo per giudicare l’efficacia delle strategie socio-sanitarie attivate: le morti per overdose. A prima vista parrebbe che i decessi per overdose siano sensibilmente diminuiti, e il dato è stato giustamente sottolineato dai resoconti di stampa. Ma, guardando con più attenzione il rapporto, si legge che “alla data della rilevazione nel 1997, nonostante le ripetute richieste, non tutti gli Enti e le autorità giudiziarie hanno fornito riscontro, per cui i dati debbono considerarsi provvisori e verosimilmente suscettibili di ulteriori significative variazioni in aumento”. Dunque nessuna diminuzione, forse, chi sa, perfino un aumento. Non è un’incertezza da poco. Soprattutto sono assenti una linea di ricerca e una metodologia coerente che permettano una vera “intelligenza” sul fenomeno. Non è un caso la “commedia degli equivoci” intorno alle cifre sul consumo di droghe fra i soldati. Alla conferenza stampa della ministra Turco, l’otto luglio scorso, le agenzie stampa hanno battuto la notizia di un “forte incremento” fra i giovani di leva. In una successiva conferenza stampa il ministro della Difesa ha precisato che i dati del 1996 non erano comparabili con quelli del 1997, essendo questi ultimi frutto di una più “sofisticata metodologia”, che rileverebbe anche il “consumo occasionale”. Di questo mutamento dei parametri di rilevazione rispetto all’anno precedente non si fa cenno nel testo, mentre sarebbe utile informare il lettore per comprendere la finalità della ricerca. Guardiamo più da vicino questa “sofisticata metodologia”. Essa consiste nel classificare i soggetti (che entrano in contatto con le strutture sanitarie militari per provvedimenti medico-legali connessi all’uso di sostanze stupefacenti) in 4 categorie: tossicodipendenza, abuso, tossicofilia, consumo occasionale. Sorge però un dubbio. O si vogliono ricercare le modalità patologiche di rapporto con le sostanze, e allora non si vede perché non utilizzare i criteri di classificazione di accertata autorevolezza scientifica, quali quelli del DSM IV(il manuale diagnostico dell’American Psychitriac Association): che, senza distinzione fra sostanze legali e illegali, individua la “dipendenza” e “l’abuso” di sostanze (con l’avvertenza che si tratta di uno strumento di diagnosi clinica). O si vuole ricercare la frequenza d’uso delle sostanze, e allora il “consumo occasionale” è una categoria imprecisa, e non si vede perché non utilizzare la classificazione più usata nelle ricerche sociologiche sul tema: rilevando il consumo “almeno una volta nella vita”, “nell’ultimo anno”, “nell’ultimo mese” e così via. L’incertezza metodologica è spia di una confusione sul piano culturale. Trattandosi di droghe illegali persiste la sovrapposizione fra la patologia della dipendenza e l’assunzione, distinzione che invece è chiara per l’alcool. Tra parentesi: immaginereste una ricerca sull’alcool che utilizza la categoria di “alcolfilia”, individuandola (parafrasando la “tossicofilia”) come una “modalità di uso abituale di vino caratterizzata da disponibilità ad altre esperienze alcoliche per acquisita abitudine alla fuga dalla realtà”? La confusione è evidente in molti passi del rapporto, come nel capitolo sulle segnalazioni ai Prefetti, dove si continua a parlare di “tossicodipendenti” segnalati, scoprendo poi che il 58% sono consumatori di sostanze leggere (“cosiddette”, precisa severo il rapporto). E, ancora ,nel paragrafo sulla “stima complessiva del consumo di droga”: scorrendo il quale troviamo però che si tratta di 150.000 eroinomani, stimati nella seconda metà degli anni ’80 dall’Osservatorio epidemiologico del Lazio, e di più di 200.000 “tossicodipendenti” agli inizi degli anni ’90 (così genericamente definiti. Si tratta sempre di eroinomani? Non si sa). Saltiamo per brevità agli indirizzi di intervento . Un paragrafo a parte è dedicato alle droghe sintetiche, individuate come priorità, anzi come emergenza, sia sul piano repressivo che su quello preventivo. C’è da dubitare che sia utile questa logica allarmistica ed emergenziale, tuttavia è innegabile che il governo sia intervenuto sul tema con una campagna interessante, che concilia l’approccio di riduzione della domanda con quello di riduzione dei rischi legati all’uso. Seguendo le indicazioni di Napoli, si dice. Ma a Napoli era emersa anche una priorità circa le droghe leggere: si era discusso di legalizzazione, e alla fine era emerso un accordo generalizzato sulla depenalizzazione. L’argomento droghe leggere è però scomparso dal capitolo conclusivo, dove si affrontano strategie ed indirizzi. Eppure, se si guardano i dati, si scopre che la gran parte del controllo poliziesco si rivolge ai consumatori. Ben 43.000 sono state le sanzioni erogate dai Prefetti per consumo, un buon numero delle quali interessa l’uso di cannabis , poiché la maggioranza delle segnalazioni riguardano questa sostanza. Anche dai dati della Guardia di Finanza, che pure dovrebbe essere impiegata per sua natura a intercettare il grande traffico, si ricava che l’attività di repressione si rivolge prevalentemente verso “il basso”: 8600 violazioni accertate dell’art.75 (uso personale), 3400 ex art.73 (spaccio, ma presumibilmente la gran parte per l’ipotesi di “lieve entità”), solo 54 per associazione finalizzata al traffico. È vero che nelle conclusioni si citano le linee del progetto governativo sulla depenalizzazione e la decarcerazione; ma in altra parte del documento si sostiene che “è necessario definire in termini ponderali certi… la quantità di droga detenuta per uso esclusivamente personale”. Ossia si auspica il ritorno alla famigerata “dose media giornaliera”, che il referendum ha opportunamente cancellato. Come dire: un passo avanti e due indietro. Un ultimo accenno alla riduzione del danno, anche questa una priorità emersa a Napoli. Non risulta così scorrendo il rapporto, anzi ne emerge una lettura distorta: “una strategia di intervento – si dice – che agisce esclusivamente sul piano sanitario, prevedendo programmi di controllo dal punto di vista sanitario (leggi metadone) e distribuendo siringhe sterili”. La riduzione del rischio sociale e del rischio dell’illegalità è ignota agli estensori del rapporto. E, difatti, nell’analisi dei trattamenti si continua a distinguere fra “trattamenti farmacologici” e “trattamenti psico-sociali riabilitativi”. Come se non esistessero, o meglio non potessero esistere, trattamenti metadonici insieme a interventi sociali, per mantenere l’integrazione sociale del tossicodipendente. Questo è poi l’obbiettivo della sperimentazione con eroina attuata in Svizzera, con risultati già scientificamente acclarati. Che la relazione tranquillamente ignora, trincerandosi nel vago: “nei diversi Paesi (quali?) questi tentativi (di somministrazione di sostanze stupefacenti) hanno assunto aspetti molto divergenti” (sic!). Come si vede, si tratta di lacune gravi, o di incongruenze decisive, come nel caso degli indirizzi in materia penale. Addebitabili ai “tecnici” estensori, oppure alla responsabilità politica del ministero per la Solidarietà sociale, che presenta il rapporto al Parlamento? Non è chiaro, ma questo, per il futuro, è un nodo decisivo da sciogliere.