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Due recenti prese di posizione politiche, in Gran Bretagna, vanno in direzione diametralmente opposta. Charles Kennedy, il nuovo segretario dei Liberaldemocratici, ha di recente fatto appello a che venga istituita una commissione reale per riesaminare la politica sulle droghe, in direzione più liberale e tollerante; mentre Tony Blair ha proposto che venga dato potere ai tribunali di rifiutare il rilascio su cauzione anche a chi abbia commesso un reato non particolarmente grave, ma risulti positivo ai test di eroina o cocaina. Da tempo i Liberaldemocratici chiedevano l’istituzione di una commissione reale, ma il precedente leader ,Paddy Ashdown, aveva preferito non sostenere mai la proposta pubblicamente. La stampa inglese ha reagito molto positivamente alla richiesta di Kennedy, che in effetti ha portato alla luce le divisioni interne ai partiti inglesi sulla questione delle droghe. Per molti anni la politica sulla droga è stata vista come una questione “apartitica”: Charles Kennedy ha messo i bastoni tra le ruote a chi sosteneva questa pretesa. Come conseguenza, sia il New Labour che i Tories si sono spostati notevolmente a destra. La retorica usata da Blair e dal leader conservatore Hague ha un sapore proibizionista che non si sentiva da anni. Hague propone l’ergastolo per i trafficanti recidivi e il fantasma degli “spacciatori ai cancelli delle scuole” sta risuscitando dalla tomba . Nel frattempo Blair rilancia, minacciando di sottoporre tutti coloro che si siano macchiati di un crimine a test antidroga: se trovati positivi, sarebbero escluse tutte le attenuanti. Ma questa proposta è in palese contraddizione con recenti iniziative del governo volte a favorire percorsi di recupero per i trasgressori con problemi di dipendenza alle spalle. Per dimostrare la durezza e la determinazione della nuova linea del Labour sulla droga e il crimine, Blair ha resa nota la sua posizione poco prima del congresso del partito, e il suo messaggio è stato: “La “guerra alla droga” è di nuovo in auge, con più determinazione di prima, e i tossicodipendenti farebbero bene a stare in guardia”. C’è’ stato un insorgere di voci contrarie, dai media, alle associazioni che si battono per le libertà’ civili, alle agenzie che lavorano con i detenuti. Molti giornali, anche quelli tipicamente conservatori, si sono opposti all’idea, e Blair dovrà lavorare sodo per portare avanti la sua linea. Interessante notare che nessuno all’interno dei dicasteri competenti era stato informato in anticipo delle dichiarazioni che il primo ministro si accingeva a fare, il che dimostra che il suo governo non si era consultato con nessuno, secondo il suo stile sempre più autocratico. Ma forse Blair dovrà’ rimpiangere la decisone di aver imboccato questa strada, poiché la sua dichiarazione ha fatto sì che tutte le organizzazioni a favore di una politica più avanzata sulle droghe denunciassero pubblicamente la sua mossa. Ci sono perciò buone possibilità che la lobby anti-proibizionista costruisca alleanze ancora più salde ed è su questo che stiamo lavorando. La divisione che si è creata tra i partiti costituisce la premessa per un serio dibattito parlamentare, che affronti la politica sulle droghe nel suo complesso e in particolare sull’approccio penale. Ci sarà sicuramente un bel po’ di caos prima che le acque si calmino e i partiti mettano a punto le rispettive posizioni sulla politica delle droghe. Fra qualche mese comunque sarà possibile identificare quelli che si staccheranno dal gruppo per dire “no” alla guerra contro la droga e per chiedere un cambiamento in senso più avanzato. Sembra proprio che per il prossimo futuro un approccio pragmatico possa farsi gioco della più scontata retorica populista.

*Direttore di Transform