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Riduzione del danno non significa solo progetti, interventi e azioni che vanno dalle unità di strada alle cosiddette stanze del buco; è anche e soprattutto un modo diverso di intendere le politiche pubbliche, un’ottica altra che si basa sull’idea che non è mai la singola azione, seppur efficace, a fare la differenza, ma piuttosto è l’intero “sistema” (delle reti, delle singole associazioni e servizi, delle istituzioni, etc.) in interconnessione a ottenere i risultati di maggior rilievo: che maggiore sarà il numero di porte tenute aperte, dalla strada, passando per i servizi pubblici per arrivare alle comunità terapeutiche, maggiore sarà il numero di persone che vi potrà accedere.
Questa idea si traduce, concretamente, nell’attuazione di strategie atte a contenere il più possibile i rischi e i danni di comportamenti come l’uso di sostanze stupefacenti, sia sull’individuo che sulla società: un approccio che deve necessariamente essere parte di un più ampio continuum di interventi – i quali a loro volta possono mirare ad altri obiettivi come la prevenzione primaria, il trattamento e la riabilitazione – ma che in Italia ha le sembianze di un “malato grave”.
Manca un rinnovato slancio verso questo tipo di visione delle politiche pubbliche? Da operatori e “attori” del settore noi diciamo di sì: basti pensare che fino a pochi anni fa le equipe italiane andavano all’estero a formare i colleghi sugli interventi di riduzione del danno; adesso invece la Spagna e il Portogallo hanno inaugurato le stanze del consumo, mentre in Italia il solo parlarne scatena reazioni di carattere ideologico e senza nessun fondamento scientifico. Siamo addirittura in difficoltà a difendere interventi che davamo oramai per scontati, come la distribuzione di preservativi in centri a bassa soglia o lo scambio di siringhe attraverso le unità di strada.
In Italia, quindi, difendere gli obiettivi raggiunti diventa, per assurdo, la prima esigenza. A seguire sarebbe necessario sperimentare iniziative di comprovata validità a livello europeo e mondiale, senza dimenticare di sviluppare, supportare ed estendere gruppi di advocacy dei consumatori che diventino veramente protagonisti “in prima persona” nella contrattazione con i servizi, difendendo i propri diritti di cittadini prima ancora che di consumatori. C’è molto da fare, in Italia, se pensiamo che non siamo ancora riusciti ad abrogare il famigerato stralcio Giovanardi.
L’Europa dal canto suo offre esempi virtuosi di applicazione della riduzione del danno. Sul fronte giurisdizionale, le istituzioni europee hanno da tempo sancito l’importanza di queste politiche: per esempio, nel febbraio del 2005 l’assemblea di Strasburgo ha votato a grandissima maggioranza una risoluzione chiarissima: la politica nazionale contro le droghe deve basarsi su conoscenze scientifiche, non su impulsi emotivi.
L’obiettivo indicato dal Parlamento europeo è quello di «migliorare la messa a disposizione di programmi di riduzione del danno, segnatamente allo scopo di prevenire il diffondersi dell’Hiv e di altre malattie trasmissibili attraverso il sangue».
Cosa accade allora negli altri Paesi del vecchio continente?
L’attivazione di interventi di questo tipo porta a risultati sempre più incoraggianti. È il caso emblematico delle discusse narcosale: in Europa, nel 2003, se ne contavano 62. Un rapporto del 2004 dell’Emcdda (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction) afferma che «i benefici delle stanze per il consumo possono superare i rischi» se inserite in un dato contesto e, soprattutto, se si considerano gli obiettivi di tale strumento.
I dati relativi alle esperienze di Hannover, Amburgo, Francoforte e Saarbrucken, città che hanno attivato progetti di questo genere nella metà degli anni ’90, hanno evidenziato importanti risultati sia nella tutela della salute individuale, con una diminuzione della mortalità tra i tossicodipendenti (anche del 25%) e delle nuove infezioni da Hiv ed epatite B e C, sia nel campo della salute collettiva e dell’ordine pubblico con una diminuzione di “scene a cielo aperto” (persone che si “bucano” in luoghi pubblici, ndr), e del numero di siringhe abbandonate con conseguente abbassamento del pericolo di incidenti e dell’allarme sociale.
Per questi motivi abbiamo deciso di declinare la Conferenza Clat4 secondo due parole chiave: evoluzione ed innovazione. Ciò su cui vorremmo lavorare è proprio il riconoscimento a pieno titolo della riduzione del danno come una visione nuova e complessiva, «evolutiva», del problema, un’esigenza che accomuna tutti i Paesi coinvolti nel network Clat.
Al di là dei contenuti del programma, l’obiettivo principale della Clat4 sarà la produzione di un documento, una sorta di manifesto della rete, che chiamiamo l’“Alleanza latina”: comprenderà raccomandazioni e linee guida per l’implementazione e il supporto delle politiche di riduzione del danno nell’Europa latina. La discussione per finalizzare il documento si svolgerà nel forum della Clat4, a partire dal sito www.clat4.org, e nei primi mesi del 2008 darà vita ad un documento condiviso da tutti i partecipanti alla Conferenza, con l’obiettivo di portarlo a Vienna, nel 2009, in seno all’assemblea delle Nazioni Unite per la revisione dei trattati internazionali sugli stupefacenti.

  • Medico, deputato europeo
    Responsabile regionale droghe Prc – Sinistra europea Toscana
    * Comitato promotore Clat4