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Nel Rapporto sul fenomeno della criminalità organizzata, trasmesso in settembre dal Ministro degli Interni al parlamento, si evidenzia un trend nelle attività di contrasto al traffico di stupefacenti: la quantità di cannabis sequestrata è passata dagli 11.867 chilogrammi del 1996 ai 54.198 del 1998. Quella di eroina è invece pari a 703 chilogrammi nel 1998, contro i 1.270 del 1996. Il sequestro complessivo è di oltre 57 quintali di droghe. Dunque la cannabis costituisce la quasi totalità delle sostanze sequestrate. Se abbandoniamo le sostanze e guardiamo ai soggetti, scopriamo che sono 33.179 le persone deferite all’autorità giudiziaria, di queste 15.066 sono segnalate per cannabis (9.215 hanno subito un provvedimento restrittivo), mentre 11.482 sono quelle deferite per eroina. Gran parte del lavoro delle forze dell’ordine sembrerebbe rivolto a reprimere il mercato di hashish e marijuana. E’ una casualità, si tratta solo delle nuove rotte dei traffici internazionali, o è una strategia scelta dalle forze di polizia? Sul consumo di droghe quale fattore criminogeno ha puntato l’indice il dibattito sulla sicurezza. E’ questa una reale emergenza? Va affrontata solo con gli strumenti del diritto penale? Abbiamo rivolto questi interrogativi a Claudio Giardullo, segretario nazionale del Siulp. Cominciamo commentando i dati sui sequestri… Oggi sappiamo che è in crescita il consumo di altre droghe rispetto all’eroina, possiamo sostenere con relativa tranquillità che i consumatori di eroina siano in numero stabile. Non parlerei quindi di una minore attenzione delle forze di polizia al mercato dell’eroina e di un maggiore impegno su quello della cannabis. Tale scelta non sarebbe giustificata. Anche nel nostro Paese si è venuta affermando l’esigenza di distinguere la disciplina delle diverse droghe e di riconoscere il ruolo più devastante delle droghe pesanti. La minore quantità di eroina sequestrata è probabilmente in relazione al minor traffico legato a questa sostanza. Iniziano a circolare di più altre sostanze. Questo richiede una riqualificazione dell’azione della polizia? Certamente, anche se spesso vengono utilizzati gli stessi canali. Sovente il canale per il contrabbando di sigarette viene utilizzato anche per altro, per esempio armi o persone. Ma ci sono anche nuove mafie, in particolare dell’est, che operano nel nostro territorio. Di fronte a questa nuova realtà, quanto potrebbe essere efficace una strategia diversa dal proibizionismo? Credo che l’approccio a questo problema debba essere pragmatico. Assistiamo a una stabilizzazione del numero degli assuntori di eroina e a un invecchiamento della loro età media. Noi operatori sappiamo che evitare che questi consumatori siano spinti ad assumere comportamenti devianti per reperire la sostanza, può essere un fattore di restrizione della criminalità diffusa (oggi nessuno la chiama più micro-criminalità). In questa ottica una sperimentazione di distribuzione controllata di eroina può essere un’opzione credibile di riduzione del danno, a condizione che non abbia la pretesa di risolvere i problemi legati al complesso del consumo di droghe nelle nostra società. Essendo in diminuzione i consumatori di eroina e non volendo abbandonare a se stessa questa parte di popolazione, si può sperimentare un intervento che si è mostrato efficace nel ridurre non solo i rischi di tipo sanitario, ma anche i problemi di criminalità diffusa. Proposta invece come strategia per mettere in crisi il grande crimine organizzato non è credibile. Cresce la domanda di cocaina, di allucinogeni, ci sono dunque altri mercati a disposizione del grande crimine. Dobbiamo invece saper circoscrivere l’obiettivo e coinvolgere operatori e opinione pubblica con una seria sperimentazione. L’argomento che interessa molto l’opinione pubblica oggi, è il riflesso che questa strategia ha sulla criminalità diffusa, grazie alla diminuzione dei reati commessi dai soggetti in trattamento. Molta dell’attività di contrasto si rivolge contro la cannabis. Lei stesso ha distinto tra diverse droghe e ha sottolineato la minore o maggiore pericolosità delle diverse sostanze. Legalizzare le cosiddette droghe leggere non aiuterebbe la lotta al grande traffico organizzato, liberando risorse impegnate sul fronte canapa? Ipotesi di legalizzazione potrebbero essere utili per spezzare il rapporto tra vittima e carnefice, tra consumatore e spacciatore, che è il canale attraverso il quale spesso i ragazzi passano dalla marijuana ad altre droghe. Ma anche questa proposta dovrebbe avere alle spalle una sperimentazione. La condizione è dimostrare all’opinione pubblica che la cannabis non necessariamente porta al consumo di droghe pesanti. Lo stato non dovrebbe sostituire una risposta sbagliata, come quella penalizzante, con una sua assenza di ruolo in questo ambito. Alla legalizzazione dovrebbero accompagnarsi iniziative di informazione e un impegno sul fronte della risposta al disagio. La nostra impressione è che ci sia tra gli operatori di giustizia, anche tra gli operatori di polizia, una maggiore consapevolezza. Non a caso, nel pieno della polemica sulla sicurezza, a Milano sono stati dei magistrati a proporre la somministrazione controllata di eroina… Sicuramente chi opera in questo settore è inevitabilmente più pragmatico. Chi lavora sul campo è meno disposto allo scontro ideologico. Vede direttamente il dramma di un tossicomane. Vivendo la propria professione ci si rende conto che politiche di riduzione del danno sono necessarie. Il punto è come far uscire dal ristretto ambito degli operatori questa consapevolezza. Io dico che la sperimentazione è un canale importante, ha la forza della scientificità e della verifica del risultato.