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Lo scorso 8 giugno cadeva esattamente il decennale della Sessione speciale dell’Assemblea generale Onu sulla droga (Ungass), quando, nel 1998, i grandi del mondo si riunirono solennemente a New York. Lo slogan dell’incontro era: «Un mondo libero dalla droga – Possiamo farcela!». Dieci anni dopo, l’attuale direttore dell’Unodc Antonio Maria Costa sembra negare che l’Onu abbia mai usato questa formula. Rinfreschiamogli la memoria.
Nel documentario War without end (Guerra senza fine), trasmesso recentemente dalla tv irlandese, Costa dice: «Vorrei ricordare che le Nazioni Unite non hanno mai usato l’espressione “un mondo libero dalla droga”» (minuto 28:27 del documentario). È vero o è l’ennesima mezza verità di Costa?
Certo, nella dichiarazione politica dell’Ungass o nei piani d’azione non c’è, ma fu certamente questo lo slogan con cui, all’epoca, l’Onu cercò di ottenere il consenso per fronteggiare il problema della droga.
Non ricordo di avere visto Costa nel 1998 a New York. Suppongo che non ci fosse – ma io c’ero. Lo slogan era dappertutto, sulla pagina web speciale, nelle cartelle stampa, sul poster tristemente noto – e nei numerosi discorsi dei leader mondiali nel palazzo dell’Onu, tra i quali quello dell’allora segretario generale Kofi Annan all’inizio della sessione speciale, e quello dell’allora direttore esecutivo dell’Undcp (l’organismo predecessore dell’Unodc) Pino Arlacchi, alla fine. Le evidenze sono abbondanti, ed anche nei documenti ufficiali.
Ad esempio, nei verbali ufficiali della ventesima sessione speciale. Nel suo discorso d’apertura Annan disse: «È tempo che tutte le nazioni dicano “sì” alla sfida di lavorare per un mondo libero dalla droga». E Arlacchi, nel suo discorso conclusivo: «Andiamo avanti con la certezza che l’impegno da noi assunto a lavorare per un mondo libero dalla droga sarà affrontato con le azioni e le risorse necessarie a garantire risultati reali e misurabili. Insieme possiamo affrontare questa sfida. Ora mettiamoci al lavoro». Arlacchi pubblicò un articolo in un numero speciale della Un Chronicle dedicato all’Ungass 1998 titolato: «Verso un mondo libero dalla droga entro il 2008 – Possiamo farcela!» (Volume XXXV, N. 2, 1998, Department of Public Information).
Non è chiaro cosa sia accaduto per quanto riguarda la campagna sui media. A quanto pare lo slogan non fu mai trasmesso da nessuna parte. Sparì, proprio come il controverso progetto da quattro miliardi di dollari Scope («Strategy for Coca and Opium Poppy Elimination by 2008») che era stato proposto da Arlacchi e dall’Undcp. Cosa ne fu della campagna e del progetto Scope è rimasto sempre un mistero.
Ora che Arlacchi ha ripreso la sua carriera come accademico indipendente e amante della verità, potrebbe sentirsi in dovere di spiegare cosa accadde dietro le porte chiuse delle riunioni con i grandi finanziatori, o del suo ufficio. Di tanto in tanto interviene su questioni come le droghe e il conflitto in Afghanistan, difendendo le posizioni assunte quando gestiva l’ufficio dell’Onu, ma non ho ancora sentito da parte sua un onesto bilancio della sua gestione.
Oggi, a dieci anni di distanza, l’Unodc appare imbarazzato dalle posizioni prese all’epoca. Sul suo sito web è difficile trovare un riferimento all’Ungass del 1998: forse è per questo motivo che Costa non sa di cosa parla. Anche se c’è la Dichiarazione Politica, comprendente i discorsi di Annan e Arlacchi.
A onor del vero, il discorso di apertura di Costa pronunciato alla Commissione sulle droghe narcotiche 2008 (dedicata alla revisione dell’Ungass 1998) era molto più realistico delle declamazioni di Arlacchi dell’epoca. Costa ha sottolineato che ci sono troppe persone in carcere, e troppo poche nei servizi sanitari; che ci sono troppo poche risorse per la prevenzione, il trattamento e la riabilitazione; e che ci sono troppe eradicazioni delle colture, ma troppo poche eradicazioni della povertà. Ha anche ribadito l’importanza della riduzione del danno e dei diritti umani nelle politiche internazionali di controllo della droga come una priorità per rendere il controllo della droga più funzionale allo scopo (fit for purpose): «Mentre enfatizziamo gli aspetti sanitari del controllo della droga, è ovvio che l’attuazione delle convenzioni sulle droghe deve procedere con la dovuta attenzione ai diritti umani. Finora è stata dedicata scarsa attenzione a questo aspetto del nostro lavoro. Una correzione è decisamente necessaria. Anche se le droghe uccidono, non credo che dobbiamo uccidere per le droghe».
Sebbene sia ancora di là da venire un sistema globale di controllo della droga moderno, ragionevole, basato sulle evidenze, umano ed efficace, nell’ultimo decennio è stato fatto qualche progresso.
Nel suo discorso, Costa ha anche osservato che «c’è davvero uno spirito di riforma nell’aria, per rendere le convenzioni funzionali allo scopo e adattarle alla realtà di oggi, che  è considerevolmente diversa rispetto all’epoca in cui furono scritte. Basandoci sulla machinery multilaterale già a disposizione, tutto ciò che ci serve per adattare le convenzioni è: primo, un rinnovato impegno verso i principi del multilateralismo e della responsabilità condivisa: secondo, un impegno a basare la nostra riforma su evidenze empiriche e non sull’ideologia; e terzo, mettere in campo azioni concrete che sostengano quanto sopra esposto, andando oltre la mera retorica e le mere affermazioni».
A quanto pare, oggi si riconosce anche a livello ufficiale che le convenzioni hanno bisogno di essere riviste. È una agenda eccellente per andare «oltre il 2008».

*TransNational Institute, Amsterdam