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Il costo della normalità
Firenze, 9 febbraio 2007, piazza della Calza, un convegno sulla tossicodipendenza. Ci si interroga se il mondo della tossicodipendenza sia un mondo speciale o normale (o almeno non più speciale di tanti altri). Se i pazienti, i servizi, gli operatori, i trattamenti, le politiche sulla tossicodipendenza debbano essere considerati speciali, particolari, urgenti, straordinari, o se rientrano in un quadro di normale sanità pubblica, di normale ricerca di equilibri sociali e di modalità di convivenze complesse, come complessa è la società in cui viviamo. Ma ecco che il tema della specialità e della straordinarietà mi porta a formulare mentalmente una lenta litania.

È normale che una famiglia, di domenica, se accende la televisione, sia costretta a subire la presenza di individui che si urlano addosso con tutta la rabbia di cui sono capaci, e che poi queste immagini rimbalzino di canale in canale a ogni ora del giorno. È normale avere quotidianamente a che fare con una televisione macabra e voyerista, centrata sulla disgrazia e sul dolore trattato come “gossip”. È normale vivere con l’angoscia che da un giorno all’altro io mi trovi in mezzo a una strada, senza lavoro, con una famiglia da mantenere e un mutuo da pagare. È normale che in ogni organizzazione avanzi di carriera chi più sgomita, chi conosce questo o quello. È normale metter su famiglia e poi ogni mattina spararsi fuori casa, ognuno per proprio conto, ognuno sul proprio luogo di lavoro o a scuola, per ritrovarsi poi la sera, semiestranei, stanchi, a cenare e andare a dormire. È normale sperare (visto che non abbiamo più tempo di educarli) che i nostri figli non diventino dei “bulli” maleducati e violenti o che, al contrario, non diventino loro vittime.

È normale giudicare balordo, vizioso, parassita, delinquente un tossicodipendente e concludere la settimana alticci a cena a casa di amici o in locali alla moda. È normale avere soldi da spendere per qualsiasi idiozia ci venga in mente (l’ultima tecnologia pc, i-Pod, mp3, video, o di telefonia cellulare, la camicia, la giacca, la cravatta griffate, la monovolume, i corsi di tango argentino, una bottiglia di Brunello, una di Veuve Clicquot, un grammo di cocaina, una pastiglia di ecstasy…) e scacciare infastiditi il prossimo nero che ci chiede di comprare un accendino, in un mondo in cui la fame è ancora un problema per milioni di esseri umani.

È normale, alla fine, morire di tutta questa normalità, ma da soli e in silenzio, per non disturbare troppo l’umore allegro della giostra che continua a girare. È normale interrogarsi, ogni volta, meravigliati, costernati, dopo tutta questa normalità, sul perché della violenza negli stadi, sul perché della violenza negli adolescenti, sul perché della droga e della guerra, dell’inquinamento e del mal costume.
Francesco Cappellini
Associazione Genitori Comunità Incontro, Pistoia

UNA SCELTA SCONCERTANTE
Vorrei segnalare la situazione in cui versa Sassari, una città di 100.000 abitanti con 1.300 tossicodipendenti. Esiste un Sert ubicato in una zona periferica e degradata dove gli utenti stazionano per tutto l’arco della giornata in attesa del metadone e circondati dagli spacciatori. Questa situazione esiste da circa 15 anni nonostante questa collocazione dovesse essere provvisoria. Il nuovo sindaco e il direttore della Asl hanno finalmente deciso di porre fine a quest’inferno che penalizzava i pazienti e i cittadini. In che modo? Spostando il Sert in un piccolo ospedale di campagna, a 10 km dalla città: difficilmente raggiungibile, senza un pronto soccorso e una postazione di pubblica sicurezza. Come dire: puliamo la casa e nascondiamo la polvere sotto il tappeto!
Naturalmente di analizzare i problemi relativi all’organizzazione del Sert (ad esempio separare la somministrazione del metadone dalle altre attività, potenziare la struttura e agevolare i pazienti rendendo più fruibile il servizio), neanche a parlarne. Lo spostamento dovrebbe avvenire a maggio e noi cittadini siamo sconcertati per la superficialità con la quale i nostri amministratori stanno affrontando (anzi, non stanno affrontando) il problema.
Margherita Pedde, Sassari