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Una settimana di tempo per inserire nel calendario della Camera la discussionesulla proposta di legge in materia di depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti (primo firmatario Boato), altrimenti comincerò lo sciopero della fame. Così ha chiuso il suo intervento Franco Corleone, introducendola Conferenza stampa di presentazione della proposta. I parlamentari intervenuti (Boato,Leoni,Dato,Farina,Ruggeri, De Zulueta) hanno assicurato il loro impegno per far iniziare l’iter di discussione al più presto.Tanti i presenti del mondo associativo sindacale che in questi anni si è battuto contro l’approvazione della legge Fini. Tutti a ricordare il modo inequivoco e perentorio con il quale il programma dell’Unione affronta il nodo delle politiche in materia di droghe.
Allora, perché tanto ritardo? Cosa impedisce all’Unione di rispettare il programma? Perché è potuto succedere che in Senato l’offensiva teodem prendesse il sopravvento facendo tornare indietro il dibattito di più di dieci anni e mettendo in mostra il modo strumentale con cui possono essere usate le politiche sulle droghe?
A costo di essere noiosi vorremmo ricordare che il progetto di legge Boato è frutto di un lungo percorso di discussione, che ha coinvolto operatori, consumatori,amministratori e giuristi, che si fa forte del lavoro svolto dalla commissione tecnica istituita durante i precedenti governi di centrosinistra e coordinata da La Greca e che in questa legislatura lo hanno sottoscritto tutte le anime della coalizione.
Vorremmo anche ricordare chela legge Fini oggi in vigore è figlia di un colpo di mano della Casa delle libertà, che la inserì nel decreto sulle olimpiadi invernali di Torino.
Dunque,dov’èil problema? Stiamo parlando di abrogare uno scempio fatto dal governo Berlusconi e di consentireal governo Prodi di portare avanti la sua politica di riforme. Buon senso avrebbe voluto che tra i primi atti ci fosse stata proprio questa riforma.
La questione riguarda in primo luogo la qualità della politica. In gioco ci sono la vita dei consumatori, la qualità del nostro welfare, la libertà e responsabilità individuali,ma, come ha già denunciato Susanna Ronconi,questi temi diventano mercedi scambio per altre poste in gioco.
Pesa come un macigno la sconfitta subita nel referendum sulla fecondazione assistita. Nessuno più ne parla, ma la mancata elaborazione di quel dato è un altro sintomo della crisi della politica.Di fatto da allora una parte dell’Unione ha cercato di portare al proprio interno i protagonisti della campagna astensionistica pensando di intercettare in tal modo un pezzo del cosiddetto elettorato cattolico.
Le conseguenze sono sotto i nostri occhi, il dibattito in Senato sul decreto Turco ha mostrato quali possono essere gli esiti di questa rincorsa. In presenza di una politica sempre più evanescente, priva di radicamento sociale e quindi della capacità di elaborare in autonomia valori e culture, risultano vincenti le scorribande di chi cerca in primo luogo di accreditarsi presso le gerarchie ecclesiastiche. Il dibattito è sempre più sradicato dalla società   suoi bisogni. Demo o con che siano, ormai i “teo”, sentono di essere gli unici con una proposta culturale forte. Di frontea questa impennata di fondamentalismo cattolico la coalizione oscilla, intere parti del programma vengono derubricate e la politica si involve.
Tornare al programma e cominciare l’iter della legge Boato potrebbe essere la mossa del cavallo della maggioranza per uscire dalla secche in cui è finita e per restituire alla politica la sua autonomia e rimettere al centro il merito, quelle idee di buon senso che suggeriscono di depenalizzare il consumo di sostanze stupefacenti.
Una settimana di tempo per inserire nel calendario della Camera la discussionesulla proposta di legge in materia di depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti (primo firmatario Boato), altrimenti comincerò lo sciopero della fame. Così ha chiuso il suo intervento Franco Corleone, introducendola Conferenza stampa di presentazione della proposta. I parlamentari intervenuti (Boato,Leoni,Dato,Farina,Ruggeri, De Zulueta) hanno assicurato il loro impegno per far iniziare l’iter di discussione al più presto.Tanti i presenti del mondo associativo sindacale che in questi anni si è battuto contro l’approvazione della legge Fini. Tutti a ricordare il modo inequivoco e perentorio con il quale il programma dell’Unione affronta il nodo delle politiche in materia di droghe.
Allora, perché tanto ritardo? Cosa impedisce all’Unione di rispettare il programma? Perché è potuto succedere che in Senato l’offensiva teodem prendesse il sopravvento facendo tornare indietro il dibattito di più di dieci anni e mettendo in mostra il modo strumentale con cui possono essere usate le politiche sulle droghe?
A costo di essere noiosi vorremmo ricordare che il progetto di legge Boato è frutto di un lungo percorso di discussione, che ha coinvolto operatori, consumatori,amministratori e giuristi, che si fa forte del lavoro svolto dalla commissione tecnica istituita durante i precedenti governi di centrosinistra e coordinata da La Greca e che in questa legislatura lo hanno sottoscritto tutte le anime della coalizione.
Vorremmo anche ricordare chela legge Fini oggi in vigore è figlia di un colpo di mano della Casa delle libertà, che la inserì nel decreto sulle olimpiadi invernali di Torino.
Dunque,dov’èil problema? Stiamo parlando di abrogare uno scempio fatto dal governo Berlusconi e di consentireal governo Prodi di portare avanti la sua politica di riforme. Buon senso avrebbe voluto che tra i primi atti ci fosse stata proprio questa riforma.
La questione riguarda in primo luogo la qualità della politica. In gioco ci sono la vita dei consumatori, la qualità del nostro welfare, la libertà e responsabilità individuali,ma, come ha già denunciato Susanna Ronconi,questi temi diventano mercedi scambio per altre poste in gioco.
Pesa come un macigno la sconfitta subita nel referendum sulla fecondazione assistita. Nessuno più ne parla, ma la mancata elaborazione di quel dato è un altro sintomo della crisi della politica.Di fatto da allora una parte dell’Unione ha cercato di portare al proprio interno i protagonisti della campagna astensionistica pensando di intercettare in tal modo un pezzo del cosiddetto elettorato cattolico.
Le conseguenze sono sotto i nostri occhi, il dibattito in Senato sul decreto Turco ha mostrato quali possono essere gli esiti di questa rincorsa. In presenza di una politica sempre più evanescente, priva di radicamento sociale e quindi della capacità di elaborare in autonomia valori e culture, risultano vincenti le scorribande di chi cerca in primo luogo di accreditarsi presso le gerarchie ecclesiastiche. Il dibattito è sempre più sradicato dalla società   suoi bisogni. Demo o con che siano, ormai i “teo”, sentono di essere gli unici con una proposta culturale forte. Di frontea questa impennata di fondamentalismo cattolico la coalizione oscilla, intere parti del programma vengono derubricate e la politica si involve.
Tornare al programma e cominciare l’iter della legge Boato potrebbe essere la mossa del cavallo della maggioranza per uscire dalla secche in cui è finita e per restituire alla politica la sua autonomia e rimettere al centro il merito, quelle idee di buon senso che suggeriscono di depenalizzare il consumo di sostanze stupefacenti.