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Consiglio di cuore agli amministratori locali, sindaci-sceriffi in testa, la recente ricerca di Monica Brandoli e Susanna Ronconi su “Città, droghe, sicurezza”, promossa dal Forum italiano per la sicurezza urbana. Per un paio di buone ragioni: la prima è che il libro offre un lucido contesto storico-critico circa l’attuale rappresentazione della emergenza-degrado nelle nostre città (lavavetri e prostitute, nomadi, spacciatori e via dicendo). “Degrado” che viene presentato come fenomeno dell’ultima ora, da curarsi con la “nuova” ricetta della “tolleranza zero” (nella versione nostrana delle ordinanze “penali” accompagnate da sequestri di secchi e ramazze). Insomma, la “tolleranza zero” è come la medicina di Pinocchio: amara, ma guarisce. Meglio della bacchetta magica, parola di fatine (ben nascoste dietro le barbacce di Cofferati e Cioni).
Peccato che la storia della emergenza-droga degli anni ottanta nelle città del Nord Europa dica il contrario, sostengono le autrici. Sono gli anni del “pugno duro” sulle droghe, la “zero tolerance ”si è appena estesa dal Nuovo al Vecchio Continente, i “drogati”sono ovviamente il bersaglio naturale della nuova intolleranza. Di fronte alle “scene di droga all’aperto”nei parchi di Zurigo e di Francoforte trasformati in luoghi del consumo di eroina, gli amministratori locali, assediati dalle proteste dei cittadini, scoprono che lo strumento penale è inefficace a contrastare il fenomeno. Anzi, può esacerbare i conflitti fra gruppi sociali che coabitano le stesse strade e piazze. L’illusione di eliminare i gruppi “che creano disturbo” è appunto un’illusione: si allontaneranno per un po’, ma poi ritorneranno (in un altro giardino magari, spostando il conflitto in un altro quartiere). Le città del Nord Europa scelgono allora di mettere in secondo piano lo strumento penale a favore della riduzione del danno, con l’intento di “gettare ponti” fra gruppi diversi e tra istituzioni diverse. Depenalizzazione del consumo personale e una rete articolata di risposte sociali e sanitarie, dai centri diurni e notturni, ai nuovi trattamenti con eroina e alle “stanze del consumo”: questi i contenuti delle community policies (come le definiscono le autrici). Che sono politiche di mediazione sociale fra i bisogni delle minoranze di consumatori di droghe illegali e quelli della maggioranza dei non consumatori, ambedue con pari diritto di cittadinanza. Qui sta il pragmatismo della riduzione del danno, ma anche la sua ispirazione liberale e democratica.
Un’altra buona ragione per raccomandare il volume sta nella rigorosa documentazione scientifica sulla riduzione del danno. Si scopre così che gli interventi più controversi sono proprio quelli che hanno passato il vaglio di rigorose sperimentazioni cliniche (come i trattamenti con eroina) o di studi di valutazione a livello europeo (come le stanze del consumo). Dunque la ricerca è una fonte preziosa per chi voglia fare politica, dentro o fuori le istituzioni, in “scienza e coscienza”. Due monete ahimé sempre più rare nel mercato politico. Ma questo è un altro discorso.

Monica Brandoli e Susanna Ronconi, Città, droghe, sicurezza. Uno sguardo europeo fra penalizzazione e welfare, Franco Angeli, Milano, euro 17,50