Il Rapporto 2007 dello Incb ha sferrato l’attacco all’uso tradizionale della foglia di coca, definito «non in linea con le convenzioni del 1961». Lo Incb chiede ai paesi andini di «stabilire come reato penale il possesso della foglia di coca per uso personale», adducendo «il ruolo giocato dalla foglia di coca nella progressione verso la dipendenza».
A Vienna, la Bolivia di Evo Morales ha promosso una controffensiva in grande stile. In un briefing, il vice ministro per la difesa sociale Felipe Caceres ha presentato il piano governativo per ridurre la produzione illegale per la cocaina e al contempo assicurare il fabbisogno legale di foglia di coca. La Bolivia punta sulla pianificazione delle colture concordata coi contadini, invece che imposta con mezzi violenti. In tal modo si è già avuta una riduzione da circa 70.000 ettari coltivati a coca a 27.000 (con l’intento di scendere ancora). Di questi, solo il 10% alimenta la produzione illegale di cocaina, mentre oltre l’80% è usata secondo la tradizione indigena della masticazione. La Bolivia vuole il rispetto della propria cultura, in linea con la Dichiarazione dei diritti umani e con quella recentissima (2007) dei diritti delle popolazioni indigene: chiede perciò che la foglia di coca sia tolta dalle tabelle delle Convenzioni. Al tempo della Convenzione del 1961, il problema della foglia non esisteva perché gli indigeni non avevano voce in capitolo. Oggi i boliviani rivendicano che la foglia di coca è parte della loro identità culturale. «I paradigmi invecchiano e anche le convenzioni vanno aggiornate» commenta Francisco Thoumi del Transnational Institute di Amsterdam.