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Altro che paese normale! L’impazzimento è totale e davvero la crisi della politica pare senza sbocco. Dopo un anno dal cambio di governo non la delusione ma lo sgomento è il sentimento diffuso tra militanti ed elettori. Non vi sono progetti, proposte e soluzioni per risolvere o quanto meno affrontare i tanti problemi sociali aggravati da una cultura che fomenta odio ed egoismo, ma sempre più spesso si alza l’evocazione dell’emergenza come categoria dello spirito. Tutto è declinato come emergenza testimoniando l’impotenza del fare e l’incapacità di leggere la realtà. Questa modalità è propria delle forze che vivono sulla demagogia populistica al fine di creare sfiducia e far sorgere la richiesta dell’uomo forte, dell’uomo della provvidenza capace di soluzioni miracolistiche. Quando la adottano forze della sinistra o democratiche è la prova di una subalternità pericolosa. L’affermazione più grave tra le tante di Livia Turco in questo mese di esternazioni sull’opportunità della presenza dei carabinieri nelle scuole e sull’utilizzo dei kit nelle famiglie, è stata quella di avere confessato la sua preoccupazione per mesi di «far passare un messaggio chiaro sull’emergenza droga tra i giovani».
Dai dizionari o almeno dal linguaggio della politica andrebbe eliminata questa che non è più una parola ma un volgare fonema. È desolante che dopo tanti anni di pedagogica insistenza non siamo riusciti a far capire ai rappresentanti di forze non proibizioniste che non si dovrebbe mai parlare di droga al singolare e tanto meno di «emergenza droga», se non si vuole cadere nella rete della costruzione ideologica del proibizionismo che ha edificato una sorta di pensiero unico basato sulla war on drugs, sulla lotta del Bene contro il Male, una guerra preventiva il cui obiettivo salvifico prevede la persecuzione dei consumatori delle sostanze vietate arbitrariamente e “a prescindere”. L’allarme “droga” è il cavallo di battaglia della narcoburocrazia, dei Costa e degli Arlacchi che legano la propria sopravvivenza alla prosecuzione all’infinito di un sogno impossibile, un mondo senza droga, per l’appunto.
Il Cartello “Non incarcerate il nostro crescere” ha accolto l’appello di Forum Droghe e ha lanciato per il 26 giugno, giornata mondiale della demagogia salvifica, un presidio davanti alla Camera dei Deputati per dire basta al fuoco amico che in questi dodici mesi ha colpito chi aveva sperato in un cambiamento sostanziale nella politica sulle droghe. Sei mesi fa l’editoriale di Fuoriluogo (novembre 2006) invitava con durezza l’Unione al rispetto del programma. Ora la situazione è ancora più grave e soprattutto meno seria. Non solo non si è fatto nulla per rimediare ai guasti della svolta proibizionista e punitiva della legge Fini-Giovanardi che, approvata con un colpo di mano, doveva essere immediatamente cancellata non solo per il merito ma per ragioni istituzionali di rispetto del Parlamento; ma di fronte a una offensiva terroristica, a una campagna mediatica di criminalizzazione della canapa da parte delle maggiori testate giornalistiche si è rimasti inerti e silenziosi. In alcuni casi, addirittura, esponenti dell’Unione hanno cavalcato l’onda repressiva e rinunciato a un minimo di decenza e di moralità e onestà politica.
Il Presidente Prodi ha dichiarato che l’aria si è fatta irrespirabile nel nostro paese. Se è vero non è certo per le tracce di cocaina che l’ennesima seria ricerca avrebbe rilevato nel cielo di Roma.
Abbiamo pazientato fin troppo. Come sosteneva con ironia Giancarlo Arnao, è tempo di difenderci con i nostri cannoni!