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Nelle valli dell’Alto Friuli da secoli si muore per droga: l’alcol infatti è da sempre l’amico-nemico, compagno nelle feste e negli incontri, droga che distrugge gli abusatori e le loro famiglie. Non c’è invece un vero allarme per le droghe illegali, presenti ma, “spinelli” a parte, poco diffuse. Eppure qui, in aprile, un’indagine nelle scuole superiori ha portato all’arresto di 6 minorenni e alla denuncia di altri 17 (fra cui 9 minori) per cessione di cannabis. Altri 45 sono stati segnalati alla Prefettura. L’indagine ha poi coinvolto la zona di Udine con altri 14 arresti (di cui 6 minori), 6 denunce a piede libero e 36 segnalazioni. Severità e modalità dell’azione (arresti di ragazzi all’alba, invio in comunità, ecc.), rese possibili dall’attuale normativa ma certo inusuali (non solo in Friuli), hanno portato ad una preoccupata presa di posizione anche del pubblico tutore dei minori dottor Milanese.
Al di là della preoccupazione per gli adolescenti coinvolti, l’accaduto suggerisce alcune considerazioni.

La prima è l’evidenza della capacità (sempre negata dai promotori) dell’attuale legge di colpire anche i semplici consumatori (cessioni o acquisto collettivo sono parte inevitabile del consumo), per di più prevedendo sanzioni severissime, che partono da 6 anni di carcere, da 8 se la cessione avviene a scuola. Pene così lontane dal senso comune (si rischia meno per rapina o stupro) falliscono proprio nell’obiettivo di educare alla legalità (così come genitori violenti non aiutano a crescere). Se colpa e pena non sono proporzionate, se comportamenti privati vengono assimilati a gravi crimini e come tali puniti (non dovrebbe accadere solo nei regimi illiberali?), la legge non è più vissuta come tutela, ma come minaccia.

La seconda è il rischio che una legislazione così severa, le cui conseguenze sui giovani colpiti possono essere assai più gravi di quelle del consumo, proprio perché più ideologica che razionale spinga o ad aderire acriticamente alla vulgata proibizionista, o a spostarsi, per reazione, a un altrettanto acritico antiproibizionismo (due posizioni che reciprocamente si alimentano). Si può, invece, essere contrari ad una legge al tempo stesso miope e feroce, e assieme contrastare l’abuso di qualsiasi droga, legale o illegale (si può dire, com’è vero, che la cannabis è meno pericolosa dell’alcol, senza però banalizzarne i possibili effetti). Fra la repressione penale (inutile e controproducente) e le solite ingenue, costose e altrettanto inutili campagne preventive, c’è spazio per costruire, soprattutto per i minori, un sistema serio e credibile di norme e limiti, eguali per alcol, tabacco o cannabis, che proteggano senza perseguitare (sull’esempio del divieto di fumo nei locali pubblici, apprezzato anche dagli adolescenti).

La terza è che famiglie e società, smettendo di delegare alla legge i propri compiti educativi, potrebbero magari scoprire che trasmettere gusto di vivere, fiducia, interessi, ma anche valore del limite e coerenza educativa (in metà delle famiglie si abusa di alcol, farmaci o tabacco), fa più prevenzione di mille discorsi e di tante condanne.