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In un dibattito paralizzato da veti politici e ostaggio di disinformazioni e campagne ideologiche, qual è quello sulle droghe e sulle tossicodipendenze in Italia, le affermazioni espresse dal procuratore generale della Cassazione Ferdinando Galli Fonseca, possibiliste circa la somministrazione controllata di eroina, sono apparse "rivoluzionarie" e hanno determinato violente reazioni. Eppure, si trattava di semplici ipotesi sperimentali e di obiettive constatazioni del fallimento delle attuali strategie e leggi proibizioniste, incentrate sulla repressione. Ma, al di là delle polemiche politiche, la strada è operativamente percorribile in Italia? Ne abbiamo parlato con Gianluca Borghi, assessore alle politiche sociali dell’Emilia Romagna, Regione che ha approvato un ordine del giorno sulla somministrazione controllata di eroina. Le dichiarazioni di Ferdinando Galli Fonseca hanno riaperto un dibattito sulle tossicodipendenze, in Italia spesso caratterizzato da schematismi ideologici e da contrapposizione tra le parti politiche. Qual è la sua valutazione sul merito e sull’opportunità dell’intervento del procuratore generale? Ce n’era bisogno, purtroppo. Perché nel nostro Paese, troppo spesso, la politica ha fatto della tossicodipendenza un terreno di conquista, di scontro, di confronto quasi solo ideologico. L’intervento del procuratore della Cassazione è certamente utile e credo ne vada interamente colta anche la carica di sollecitazione verso le istituzioni. Cosa è accaduto in Emilia Romagna dopo questo intervento? Il dibattito è stato molto ampio e, anche in questo caso, si sono riprodotte posizioni e schieramenti che avevamo visto già in altre occasioni. Quanto è accaduto in Consiglio regionale con la discussione, e successiva approvazione, dell’ordine del giorno presentato dalla maggioranza sulla somministrazione controllata di eroina, ha costituito un momento importante, alto, di dibattito. Come si è arrivati a questa approvazione? Prima di tutto è importante chiarire una cosa: l’Emilia Romagna ha approvato nel 1996 una direttiva sulla riduzione del danno; un atto amministrativo cogente, da applicare e applicato nei servizi pubblici. Noi non partiamo quindi da oggi: abbiamo alle spalle non soltanto un impegno politico, o un’enunciazione, ma un atto amministrativo importante e di indirizzo a tutti i servizi. Da allora, hanno trovato particolare stimolo le iniziative sulla riduzione del danno, che riguardano non soltanto i servizi pubblici ma che – nel sistema integrato che abbiamo costruito – vedono comunque un confronto anche con il privato sociale. Quali sono i servizi offerti dalla Regione? Sono attive unità mobili in molte città. Proprio pochi giorni fa, sono stato a Ravenna a vedere da vicino l’esperienza straordinaria avviata dell’unità mobile attivata dall’USL di quella provincia con la collaborazione di tutti i SERT: basti dire che, nel corso del 1997, questo servizio ha avuto tremila contatti con persone tossicodipendenti. Sono esperienze operative che impongono la necessità di continuare, di insistere, di affinare sempre più anche le politiche di riduzione del danno; le quali, ovviamente, non esauriscono da sole tutto lo spettro di azioni che questa Regione fa, ma che, certo sono importanti. Abbiamo istituito centri di ritrovo per tossicodipendenti "storici"; abbassato la soglia di tutti i nostri servizi; svolto azioni all’interno del carcere (come Regione, abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con il ministro Flick lo scorso 4 marzo); destinato risorse economiche per i tossicodipendenti che hanno necessità particolari. Infine, c’è questa risoluzione del Consiglio regionale sulla somministrazione controllata di eroina. Quali sono le linee guida e gli obiettivi della risoluzione? Noi siamo ben consapevoli di non poter, allo stato, attuare una tale sperimentazione. Abbiamo però voluto inserirci propositivamente in questo dibattito, assieme ad altre Regioni, come Lazio, Toscana e Sicilia, dichiarando un’attenzione e una disponibilità, sulla base anche di valutazioni tecniche e scientifiche, a mio avviso molto significative; come, ad esempio, il seminario organizzato dalla Regione con il dott. Philippe Lemann, responsabile per il governo della Confederazione elvetica del progetto di somministrazione controllata di eroina. Ciò detto, la nostra Regione, come del resto qualsiasi altra, non può iniziare a fare alcunché, senza che il governo introduca l’eroina nell’elenco delle sostanze di cui è ammessa la sperimentabilità. Se questo dovesse accadere (e questo abbiamo chiesto al governo con l’ordine del giorno approvato), riteniamo che dovrebbe essere un intervento ad altissima soglia. Vale a dire, rivolto a tossicodipendenti con numerosi fallimenti alle spalle ed effettivamente sperimentale, cioè modificabile sulla base dei risultati. Perché, laicamente, riteniamo necessario conoscere, provare, riprovare e modificare le nostre azioni: nel tema della tossicodipendenza, purtroppo, chi ha manifestato troppe certezze, spesso è stato smentito dai risultati. L’inserimento dell’eroina tra le sostanze "sperimentabili", che, come lei sottolinea è precondizione di ogni operatività al riguardo, a suo parere, è un’evenienza reale, almeno nel futuro prossimo? Temo di no, perché alcuni autorevoli esponenti del governo, fra cui soprattutto Rosy Bindi, il cui ministero è direttamente competente, mi pare abbia dato una valutazione decisamente non possibilista. Anche se non ci sono i presupposti per arrivare presto a una somministrazione controllata di eroina, lei registra segnali di cambiamento nel dibattito generale sulle droghe? I segnali ci sono. Però nella mia Regione, la quale, purtroppo, non fa testo. Nel senso che in nessun’altra realtà come l’Emilia Romagna è presente un sistema integrato di servizi, una rete di opportunità residenziali del privato sociale disponibile – a parte alcuni rarissimi casi – a essere attivamente in causa della definizione delle politiche. Noi abbiamo uno strumento che si chiama "Gruppo tecnico-consultivo regionale", attraverso il quale passano, prima delle decisioni della Giunta, tutti gli atti rilevanti. E lì ci sono pubblico e privato che discutono assieme. Credo, comunque, che le cose stiano lentamente cambiando anche nel contesto nazionale. Fino a poco tempo fa, la riduzione del danno in Italia era un tabù. Ora, specie dopo la Conferenza di Napoli, si può considerare un dato di non ritorno. Tuttavia, vedo le difficoltà della politica ad affrontare laicamente questi problemi: un limite particolarmente italiano. Di somministrazione controllata sta discutendo la Spagna, in Inghilterra di fatto è possibile, la Svizzera la sta facendo, comincerà in Australia. In Italia, aver semplicemente ipotizzato questa misura ha scatenato reazioni estreme. E questo non fa bene all’avanzamento complessivo delle politiche.