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La riunione di Vienna della Commission on narcotic drugs (Cnd), l’organismo cruciale nella politica Onu sulle droghe, non ha avuto quest’anno grande storia, anche se almeno una decisione importante è stata presa, in vista della scadenza dei dieci anni dall’Assemblea Generale al Palazzo di vetro del 1998: l’appuntamento è rimandato al 2009, non sarà una nuova assemblea generale, ma solo un meeting della Cnd “ad alto livello”, ossia con una più ampia partecipazione politica di ministri e capi di governo. E si svolgerà, come di consueto, a Vienna. Dunque un’assise ridimensionata rispetto alla trionfale adunata che Antonio Costa avrebbe voluto tenere a Shangai, per celebrare un secolo di proibizione.
Il rinvio al 2009 è motivato col proposito di meglio valutare i risultati delle azioni decise nel 1998: alla scadenza annuale del 2008, la agenzia diretta da Costa (Unodc) dovrà presentare un rapporto sullo stato dell’arte, che sarà valutato alla Cnd dell’anno successivo. Pare dunque delinearsi il solito percorso burocratico e inconcludente, già infelicemente sperimentato in occasione della valutazione di “mezzo termine”, nel 2003. Unica novità è la decisione di coinvolgere nella valutazione le Ong, che dal canto loro dovrebbero localmente attivare, a cascata, il processo partecipativo. È presto per giudicare il peso reale che le associazioni potranno giocare in sedi dove ogni nota un po’ diversa è vista come attentato alla liturgia proibizionista; va comunque registrato che neppure questa piccola innovazione è passata senza opposizioni. Sull’unica questione importante su cui la Cnd era chiamata a esprimersi, la declassificazione del dronabinolo, è stato deciso il rinvio. È la seconda volta che la proposta dell’Oms, di riconoscere al Thc sintetico una maggiore validità terapeutica, cade nel vuoto. Nel 2002, la richiesta dell’Oms non approdò neppure al tavolo di discussione, di sicuro per paura che andasse a indebolire la campagna contro la canapa che l’Unodc di Costa stava allora lanciando. Stavolta, la Cnd ha rimandato la palla, chiedendo ulteriori approfondimenti scientifici: richiesta un po’ paradossale se si considera che la proposta di declassificazione viene proprio dal comitato di esperti sulle droghe del sommo organismo mondiale che si occupa di salute. Più vera, e più deprimente, la (solita) motivazione politica: se si riconoscono le proprietà benefiche del principio attivo della canapa, si spuntano le armi per combatterla.
La vicenda sta lì a dimostrare che i temi caldi sono ancora quelli del meeting di Vienna 2003: la paventata depenalizzazione della canapa e la riduzione del danno. In queste pagine abbiamo dato conto del rapporto 2006 dello Incb e dell’attacco frontale alle “stanze del consumo”. A Vienna, la Germania, l’Olanda e la Svizzera hanno risposto per le rime al presidente dello Incb, Philip Emafo, ribadendo le finalità di salute pubblica delle “stanze” nonché il loro fondamento giuridico. Ma lo scontro è più ampio, sui principi stessi della riduzione del danno e sui programmi che più interessano i paesi emergenti, quelli di scambio siringhe. Nonostante l’opposizione esplicita degli Stati Uniti e dello Incb (che li ignora), un numero crescente di paesi applica questo tipo di prevenzione: dal Brasile, all’Iran, alla Cina. Per non dire che da tempo tali programmi sono approvati e sostenuti dall’Unaids, l’agenzia Onu per la lotta all’Aids.
L’Italia ha portato una ventata di politica vera nei vuoti rituali di Vienna. La presenza del ministro Ferrero è stata di per sé una rottura in un’assise dominata dagli apparati. E l’annuncio dell’impegno del governo sulla proposta di convertire l’oppio afghano in morfina è stato accolto con attenzione e interesse. Subito la delegazione americana ha chiesto un incontro, esprimendo la sua contrarietà. Anche questa è storia che si ripete.