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Dirce Blochlinger è portavoce di Vevdaj, la Federazione svizzera delle associazioni di familiari di consumatori di droghe, e animatrice della rete europea dei gruppi di genitori European Alliance of Acceptance-oriented Families of Drug Users (Efdu). L’abbiamo incontrata a Torino, proprio in occasione della riunione della rete, nell’ambito del progetto comunitario “Correlation”, per lo sviluppo di pratiche sociali di empowerment.

Puoi raccontarci gli obiettivi della Federazione e l’approccio culturale secondo cui lavorate?
Vevdaj è nata a Zurigo trent’anni fa, quando il problema era soprattutto l’eroina, e le famiglie si sentivano colpevolizzate e stigmatizzate. Poi nel 1986 è nata la Federazione delle associazioni regionali e locali. Noi sosteniamo la politica svizzera sulle droghe, quella nota come dei quattro pilastri: prevenzione, cura, lotta al traffico (e non ai consumatori, beninteso!) e riduzione dei rischi. Gli obiettivi prioritari per noi sono tutelare la salute fisica e psichica delle persone che consumano droghe ed evitare che il consumo porti alla esclusione dalla società. Questo obiettivo non è sempre facile, perché non tutti in Svizzera sono a favore di una politica liberale. Lavoriamo soprattutto attraverso i gruppi di autoaiuto, ma organizziamo anche manifestazioni pubbliche, spesso in collaborazione con i drop in o i servizi sociali delle municipalità.

In Italia, le famiglie dei consumatori sono spesso diffidenti verso la riduzione dei rischi e spesso finiscono con l’essere tra le migliori alleate di un approccio rigidamente proibizionista. Come avete trattato al vostro interno questo aspetto?
Il desiderio più grande è sempre che i figli smettano di consumare sostanze, nella convinzione che così la pace possa tornare in famiglia, ma l’esperienza dimostra che smettere di assumere non è facile. Attraverso i gruppi di autoaiuto i genitori apprendono che c’è un periodo di grandi turbolenze che la famiglia deve affrontare, e che l’astinenza è un obiettivo a lungo termine. Per questo la nostra associazione ha lavorato per far accettare ai genitori il concetto della riduzione dei rischi. Sono state le esperienze molto drammatiche di altre famiglie a convincerli: molti giovani consumatori hanno spesso pagato con la vita, altri hanno contratto malattie, e penso che questo serva a convincere che l’astinenza non può essere l’unica soluzione. Non serve mirare all’astinenza e pensare che basti una pressione sui consumatori per far capire loro che quella non è la via giusta. È indispensabile tutelare sia la salute di queste persone sia la loro dignità umana, e accettare interventi come lo scambio di siringhe, le terapie metadoniche e la distribuzione controllata di eroina.

Insomma, più di tanti discorsi, l’argomento vincente è stata l’esperienza e lo scambio di esperienze tra famiglie…
Sì, certo. Molti ci dicevano che l’astinenza era “il” traguardo, molte famiglie erano sottoposte a un lavaggio del cervello da istituzioni con queste ideologie, o anche da ex consumatori astinenti, ma noi vedevamo che quel concetto di astinenza faceva anche morire molte persone. Ci sono persone per cui l’astinenza va bene, ma ce ne sono altre che hanno ancora bisogno della sostanza per affrontare la quotidianità, e allora la riduzione dei rischi è un ponte, per poter vivere meglio, anche considerando che spesso ci sono patologie come la depressione che vanno curate ben prima della dipendenza. Il confronto è comunque sempre vivo dentro la Federazione. L’accettazione del concetto di riduzione dei rischi è un processo lungo e spesso la gente lo comprende solo attraverso l’esperienza personale, verificando come sia negativo escludere del tutto questo quarto pilastro.

Chi sono i familiari che partecipano ai vostri gruppi?
Sono per lo più genitori, anche se ci sono fratelli, partner e ultimamente anche dei nonni. I figli consumano soprattutto eroina e cocaina ma anche cannabis usata fuori controllo, per esempio a cominciare dal mattino. E poi alcool, che sta diventando sempre più problematico. Molto rari i genitori di ragazzi che usano canapa ricreativa, per la quale comunque sosteniamo che la proibizione non risolve, ci vuole un approccio diverso. Sono più presenti le madri, circa l’80%, ma ci sono anche i padri, sebbene gli uomini partecipino in un modo diverso. Noi donne abbiamo più bisogno di parlarne, di scambiare vissuti, mentre i maschi tendono di più ad agire a livello pubblico. A volte i padri si difendono tirandosi fuori e allora le madri si trovano sole, magari con una coppia in aperta crisi. L’associazione è un luogo dove aiutarle e tentare una mediazione.

Che rapporti avete sviluppato con il sistema dei servizi?
Con i servizi, per lo più ci sono buoni rapporti. Ma c’è anche la conflittualità, soprattutto con genitori di consumatori di lunga data e in condizioni difficili, magari con problemi psichici o di depressione, per i quali i genitori si attivano e rivendicano in modo particolare anche se sono più che adulti. Noi sosteniamo i genitori e facciamo da mediatori, e interveniamo anche come associazione, quando si tratta di denunciare all’Ufficio della Sanità le cose che non vanno: ci sono casi in cui i consumatori non vengono trattati come ogni altra persona.

A che punto è la costruzione della rete europea, dopo la riunione di Torino?
La Efdu include familiari da Olanda, Svizzera, Danimarca, Scozia, Germania, e dall’incontro di Torino, anche dall’Italia, con l’Arnica. Abbiamo voluto creare la rete con l’obiettivo principale di preservare salute e dignità dei consumatori, e di promuovere lo scambio di esperienze. È piuttosto difficile contattare i gruppi, soprattutto dove, al contrario di quanto accade in Svizzera, sono integrati dentro le comunità terapeutiche, e quindi anche l’argomento riduzione dei rischi è più difficile. Per questo apriamo la rete anche ai singoli genitori che ritengano che questo approccio sia importante. A loro noi diciamo che solo chi sopravvive ha poi l’occasione un giorno di orientarsi all’astinenza, e chi muore per l’astinenza non ha più nessuna chance. La sopravvivenza dei nostri figli, fratelli e partner è la priorità assoluta.

Efdu www.correlation_net.org/efdu (anche versione italiana)
Vevdaj www.vevdaj.ch (solo tedesco)
Dirce Blochlinger dirce.blochlinger@vevdaj.ch (parla italiano)