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La recente Relazione annuale 2006 sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa, pubblicata dall’Emcdda (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze) si propone di descrivere il consumo di droghe illecite nei Paesi dell’Unione, nonché le “nuove tendenze” in materia di droghe sintetiche e l’evoluzione dei prezzi.
In generale, apprendiamo che le droghe costano sempre meno e sono sempre di più, così come il numero dei consumatori. Sempre più consumatori, poi, fanno richiesta di «trattamento per la loro sostanza primaria», con la difficoltà – in verità, non proprio nuova – da parte degli operatori di intervenire di fronte alla poliassunzione.
L’analisi dell’Emcdda adotta uno schema concettuale noto e ricorrente: la droga è un “problema”. Non deve quindi sorprendere l’incapacità dell’Osservatorio di stare al passo con i tempi, ad esempio in tema di «nuove tendenze». Dove sia la “novità” proprio non si comprende, visto che sono almeno 15 anni che se ne parla. E l’impressione è che si sbatta in prima pagina questo tema più per alimentare l’isteria sociale verso le droghe che per cercare di comprendere realmente il fenomeno. Per non tacere, poi, del fatto che se «l’Emcdda si trova di fronte alla sfida di monitorare uno spettro ben più ampio di sostanze rispetto a un decennio fa» (le parole sono del direttore Götz) è perché l’aumento di sostanze in circolazione è un prodotto inevitabile del proibizionismo: laddove si vieta la sostanza A, qualcuno cercherà di produrre la sostanza B. È un gioco a rincorrersi, che vede il proibizionismo perdente da sempre. E in questo senso, pare davvero ridicola anche l’enfasi posta sul nuovo «sistema di allerta precoce», ideato per «raccogliere segnali sulle nuove sostanze alla moda». Nel 2005 ben 14 sostanze sono finite in lista nera (!), ma c’è da chiedersi quante ne siano sfuggite agli 007 dell’Emcdda.
Con riferimento ai consumi, la cannabis rimane la droga illecita preferita dagli adulti (età compresa tra i 15 e i 64 anni): 65 milioni l’hanno provata almeno una volta nella vita, 22,5 milioni nell’ultimo anno, mentre il consumo negli ultimi 30 giorni coinvolge 12 milioni di europei. Al secondo posto, troviamo la cocaina e le anfetamine, con livelli di consumo molto simili: circa 10 milioni sono i consumatori “almeno una volta nella vita”, mentre 1,5 milioni sono i consumatori “negli ultimi 30 giorni”. Per l’ecstasy i livelli sono leggermente più bassi. Per la “droga delle droghe”, l’eroina, le “analisi sofisticate” dell’Emcdda ci dicono che il consumo problematico (definito in modo semplicistico «consumo per via parenterale oppure consumo a lungo termine») coinvolge maggiormente Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta ed Austria, mentre i valori più bassi sono riferiti da Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Cipro, Lettonia, Paesi Bassi.
Alla luce di questi dati, l’Emcdda lancia l’allarme e invita alla «collaborazione». Ma al contempo segnala che vi sono (forti) «differenze da paese a paese sia nella metodologia sia nell’anno della raccolta dei dati». Viene allora da chiedersi come interpretare questi dati, cioè se abbia senso farlo. Sotto questo profilo, l’analisi dell’Emcdda pare infatti fondarsi su una serie di lacune metodologiche che non possono essere taciute. Anche perché al problema dell’attendibilità si sovrappone quello della comparazione tra le survey di diversi Paesi. Vale a dire, l’Emcdda non offre certezze sui criteri adottati per la raccolta dei dati, sia a livello “interno”, sia a livello comparativo; e la mancanza di criteri standardizzati lascia più di un dubbio sull’opportunità di dedicare del tempo alla lettura della Relazione 2006.
Per fare alcuni esempi, non c’è concordanza sulle fasce d’età considerate, dato che il calderone degli adulti (età compresa tra i 15 e i 64 anni) da alcuni viene riempito a partire dai 12 anni, da altri dai 15 oppure dai 18, per arrivare, in alcuni casi ai 60 anni ed in altri ai 64 o più. Anche gli anni di rilevazione differiscono. Ad un “Portogallo 2001” viene affiancata serenamente una “Bulgaria 2005”. Per non dire, poi, che anche il metodo di rilevazione è disomogeneo: alcune indagini sono state svolte tramite questionario telefonico, altre tramite intervista diretta, altre ancora per posta. Una metodologia davvero sconcertante!
A chi giova questa confusione? Certamente è il contrario di “un’azione concertata”. Come ha ricordato Peter Cohen in un intervento alla conferenza “La strada verso Vienna 2008”, tenutasi recentemente al Parlamento europeo, l’Europa «dovrebbe promuovere la ricerca per capire l’uso di droga in differenti culture e per capire come mai i livelli di consumo di droga variano a seconda dei paesi considerati ed anche all’interno di un medesimo paese». Ovvero, l’Europa dovrebbe interrogarsi sui modelli di consumo, e non solo sui livelli. Soltanto conoscendo i modelli reali si possono praticare politiche serie e ragionevoli. Ma questo gioverebbe ai “drogati” e meno ai salari degli zar antidroga, a qualunque latitudine.

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