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Non credo sia un caso che l’intervento di Lester Grinspoon al seminario di Forum droghe alla fine di settembre, piatto forte del primo numero della nuova serie di “Fuoriluogo”, cada a puntino nel dibattito sulla canapa medica dopo l’annuncio di Turco: da sempre, la nostra mission è quella di offrire idee e approfondimenti in collegamento col movimento e con le sue priorità politiche.

Su questa via maestra cammineremo ancora, così come ancora parleremo di “droghe e non solo”: peraltro, l’accordo fra Forum droghe e Arci (commentato da Paolo Beni) corona l’impegno storico del giornale e la pervicacia nel mettere al centro (della politica) il tema delle droghe, stringendo alleanze coi movimenti di varia ispirazione sociale. Anche la nuova collocazione di “Fuoriluogo”, come inserto centrale del “manifesto”, darà una mano a parlare di più col “popolo della sinistra”: la droga non è residuale nella politica della vita quotidiana, semmai è scomoda nel balletto delle parti della politica spettacolo. Ma questa è un’altra storia.

Ci saranno anche importanti cambiamenti. In primo luogo, una maggiore interlocuzione col
nostro sito, per rilanciare, e in alcuni casi avviare, il dialogo coi lettori. In armonia, l’ultima pagina del nuovo “Fuoriluogo” sarà intitolata “lettere e punti di vista” (ma non la leggerete qui per via della pubblicità; pazienza, la lanceremo meglio a novembre). Inoltre, il sito dovrà sempre più assolvere il ruolo di “vetrina internazionale”, tempestivo negli aggiornamenti e al tempo stesso fonte ben organizzata di materiale di documentazione.

Insieme, giornale e sito, cercheranno di rispondere alla nuova fase politica. Non si tratta più di organizzare la resistenza contro i rigurgiti proibizionisti (almeno ce lo auguriamo), quanto di offrire ai policy makers una guida ragionata a ragionevoli riforme. Nessun intento pedagogico, al contrario ci proponiamo di interloquire col senso comune sulle droghe. Un esempio di come abbiamo lavorato: nel dibattito che si è riacceso intorno alle safe injection rooms, in Toscana e a Torino, al recente convegno su dieci anni di riduzione del danno, “Fuoriluogo” ha funzionato come strumento di informazione e di orientamento a livello
trasversale: dai consumatori, agli operatori, agli amministratori. D’ora in poi ci piacerebbe che ai volontari e ai dirigenti dei circoli ricreativi venisse naturale di rileggersi “Fuoriluogo”, quando nel quartiere si discuterà (e magari si litigherà) per l’apertura di un drop in per tossici e immigrati.

Torniamo alla questione del giorno, le aperture governative sulla canapa medica. Che rappresentano una svolta culturale, si è detto da più parti. Vero, ma perché la svolta si consumi sino in fondo occorre abbandonare l’ipocrisia “farmaceutica”, come ci ricorda Grinspoon su queste pagine, ovvero la retorica della pillola (o dello spray) “buoni”(e consentiti) di contro all’erba-demonio (e vietata). Sia chiaro: i malati hanno diritto alla pasticca di Marinol, se la preferiscono. Ma gli altri pazienti (finora la maggioranza) hanno diritto all’erba, se gli funziona meglio. Quanto alla coltivazione, oggi preclusa dalla Fini-Giovanardi: basta approvare una riforma che penalizzi solo le condotte a fini di spaccio e potremo organizzare anche da noi i club di autoproduzione dei pazienti. Insomma, basta votare la “proposta Boato”. Non è facile, ma bisogna provarci.