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Aula B stipata per la prima udienza del processo Aldrovandi. Ieri mattina alle 9.30 nel tribunale di Ferrara è andato in scena il primo atto della vicenda che da oltre due anni tiene banco sulla cronaca cittadina. Era il 25 settembre 2005 infatti quando il 18enne Federico Aldrovandi morì durante una colluttazione con quattro agenti di polizia.

Oggi Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri si sono presentati davanti al giudice Francesco Maria Caruso per rispondere dell’accusa di omicidio colposo del ragazzo. Dopo la lettura del capo d’imputazione si è passati allo svolgimento degli atti preliminari. In primo luogo l’ammissione degli oltre 400 testimoni indicati nelle liste di accusa, difesa e parti civili. La prima richiesta del giudice infatti è stata quella di filtrare il folto numero e ridurre il più possibile l’elenco alle comparizioni essenziali, specialmente per quanto riguarda i residenti di via Ippodromo, il luogo dove morì Federico. Sono ben 92 i residenti della zona che compaiono nelle liste delle parti civili che, secondo gli avvocati Fabio Anselmo e Riccardo Venturi, potrebbero aver visto o sentito qualcosa durante quella notte.

Nel giudizio di Caruso ha prevalso il diritto alla prova sul principio di economia del processo e sono stati dichiarati ammissibili quasi tutti i testi. Dopo tre ore di camera di consiglio infatti il giudice ha fatto solo una piccola scrematura, sollecitando gli avvocati a chiamare in giudizio solo chi sia “in possesso di conoscenze direttamente o indirettamente rilevanti ai fini del processo”. È stato stilato anche il calendario delle udienze. Le parti si ritroveranno in aula il 29 novembre, sempre alle 9.30, per ascoltare 13 amici di Federico che passarono con lui le ore precedenti all’incontro con i poliziotti e 7 abitanti di via Ippodromo, “per ricostruire – ha spiegato il pm Nicola Proto – dalla sera prima fino al mattino del 25 settembre l’accadimento dei fatti”.

Le successive udienze sono state fissate per il 7 e 12 dicembre 2007 e per l’11 e 30 gennaio 2008. Al termine degli atti preliminari Luca Pollastri ha letto in aula un messaggio a nome di tutti gli imputati: “Sentiamo il dovere – ha detto – di riservare le prime parole pronunciate a questo processo ai familiari di Federico Aldrovandi. Comprendiamo e condividiamo il dolore per la perdita del loro figlio, ma nel contempo riaffermiamo con serena fermezza la convinzione della piena correttezza del comportamento da noi tenuto in quella tragica mattina del 25 settembre 2005. Siamo certi – ha concluso l’imputato – che il dibattimento che oggi si apre saprà dimostrarlo, fugando tutte le ombre che sono state sollevate nei nostri confronti in questi due anni di calvario giudiziario”.

Le reazioni

“La loro voce vera si è sentita nel corso del dibattimento e hanno voluto con questa dichiarazione condividere il dolore dei familiari di Aldrovandi, ma nello stesso tempo con fermezza e serenità ribadire la loro totale estraneità a questo addebito, la loro totale innocenza rispetto ai fatti contestati”. E’ l’avvocato Alessandero Pellegrini, avvocato dei poliziotti (completano il collegio di difesa Giovanni Trombini, Gabriele Bordoni e Michela Vecchi), a rilasciare la prima dichiarazione a caldo del dopo processo. E la dichiarazione spontanea resa in udienza dai quattro agenti imputati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi è il fatto che scuote maggiormente gli animi all’uscita dell’Aula B del tribunale. Animi nettamente contrastanti.

A cominciare da quello della madre di Federico, Patrizia Moretti: “Quello che hanno detto dopo due anni di silenzio assoluto solo perché erano davanti al giudice lo trovo offensivo. Non lo accetto”. La tensione aveva raggiunto il culmine proprio durante la lettura della dichiarazione. “Mentre il giudice leggeva l’imputazione – dice Moretti – mi sono sentita nei panni di mio figlio. Aver visto i volti di quelle persone mi ha fatto stare veramente male. Però continuo, sono qui a testa alta insieme a tutti coloro che ci accompagnano in questo percorso, per vedere davanti al giudice la loro condanna”.

Sulla stessa linea Lino, il padre. “Non si può fare una dichiarazione così ipocrita, senza un minimo di anima – attacca il genitore che è anche uscito dall’aula durante la lettura -. Non vedo in quei colleghi (Lino Aldrovandi appartiene al corpo dei vigili municipali, ndr) quell’umanità che dovrebbe esserci. La sensazione che ho provato mentre li guardavo è stata terribile, mi è mancato il respiro. Sono dovuto uscire dopo che hanno letto quel messaggio perché trovavo pazzesco che dopo due anni si leggesse un comunicato del genere, magari scritto da qualcunaltro e nemmeno sentito”.

Parte dai dettagli tecnici invece Fabio Anselmo, legale della famiglia costituitasi parte civile. “Il processo è partito ed è partito bene, di fronte a un giudice estremamente competente che lo saprà gestire al meglio”. Quanto alle liste dei testi il legale ritiene la decisione del giudice Caruso “estremamente equilibrata: l’utilità o meno dei testi potrà cambiare nel corso del processo. Al termine delle deposizioni del personale della questura citato dal pm Proto, probabilmente molte testimonianze potrebbero non risultare sovrabbondanti”. Il riferimento è alle incongruenze emerse riguardo alla prima serie di indagini, quando il caso non aveva ancora assunto dimensioni nazionali. “E’ chiaro che questa è una vicenda – conferma Anselmo – che per come è nata e proseguita nei primi sei mesi di inchiesta, sarebbe finita con l’archiviazione”.

Infine la parola passa agli amici di Federico, che il 29 novembre saranno i primi a testimoniare in aula. “Siamo contenti di essere ascoltati subito – dice Paolo Burini -; era un peso che ci volevamo togliere dopo due anni molto faticosi. È chiaro però che questo è solo l’inizio”.