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Non è stata solo questione di orari ieri, nell’aula B del tribunale di Ferrara. Preponderanza nel dibattimento che ha visto protagonisti tre uomini della questura sono state anche le parole, quelle dette e, forse soprattutto, quelle non dette.

Intorno alle 6 Luca Casoni, responsabile dell’Ufficio denunce, si fa portare da una pattuglia in via Ippodromo. A un certo punto si trova al telefono con Marcello Bulgarellli e, alla domanda del superiore (insospettito del brevissimo lasso di tempo intercorso tra la chiamata di supporto ai carabinieri e la richiesta di un’ambulanza) “cosa è successo?”, sembra che lui dica “stacca” (“potrei averlo detto, non ne sono sicuro”). “Staccare” significa in questo caso “continuare la conversazione senza essere registrati”, ma Casoni non ricorda cosa si siano detti in quel frangente (“lo facciamo quando vogliamo parlare liberamente”). Qualcosa di sicuro, visto che il frammento di conversazione consegnato ai nastri dura una ventina di secondi, mentre – secondo i tabulati Telecom – quella telefonata dal cellulare è durata 1 minuto e 18 secondi.

Poco prima Bulgarelli aveva parlato con uno degli agenti intervenuti che gli aveva spiegato di aver avuto a che fare “con un pazzo di 100 chili che ci è saltato addosso… un pazzo duro, ci ha spaccato anche la macchina. Ha spaccato una portiera, un vetro, tutto…. Abbiamo avuto una lotta di mezz’ora con questo… È proprio matto. Cioè l’abbiamo bastonato di brutto perché…” (seguono voci sovrapposte e non si percepiscono le altre parole). Poi continua il poliziotto: “solo che adesso è svenuto, non so, è mezzo morto. È svenuto, non lo so io. Qualche cosa è…”. Pochi minuti dopo Bulgarelli viene richiamato da uno dei quattro agenti per avvertire un funzionario e chiedergli di venire: “Questo è morto”. Alla domanda “mi puoi dire perché?” la voce si fa troppo bassa per essere percepibile.

Una volta in via Ippodromo Casoni si renderà conto che qualcosa di grave è successo, tanto che all’arrivo del medico legale “ho detto alla dottoressa di scrivere tutto perché ho capito che era una cosa da finire in tribunale”. Anche lui dei manganelli rotti saprà solo dopo: “in un primo momento me la sono anche presa coi colleghi…”.

Bulgareli poi, visibilmente emozionato (“confuso dalle troppe domande” secondo la difesa) entrerà più volte in attrito con quanto esposto poco prima dal collega e alla fine spiegherà le cancellazioni sul registro dei fogli di intervento “per sbaglio, avevo invertito due interventi diversi”.

È Massimo Dossi, ispettore dell’Upg, l’ultimo a essere ascoltato. Dossi ricostruisce meticolosamente quello che ha visto e sentito quella mattina. In primo luogo quello che gli hanno riferito gli imputati Pollastri e Pontani al suo arrivo: “un’ombra è uscita dal parchino di via Ippodromo e si è scagliata contro la vettura con un calcio. Poi è salito sul cofano e con un salto ha provato a colpire al volto con un calcio un agente; questi si è scansato e il ragazzo è caduto a cavalcioni sulla portiera aperta per poi franare per terra”. Gli agenti risalgono in auto e innestano la retromarcia per fermarsi dieci metri più indietro, qui tenterebbero di parlare al giovane: “c’è qualcosa che non va? – riferisce sempre de relato Dossi -; poi cercano di fermarlo ma inutilmente, risalgono in macchina e indietreggiano di altri dieci metri, fino a fermarsi davanti al cancello”. All’arrivo della seconda pattuglia Federico sarebbe avanzato verso di loro, avrebbe provato a “colpirli con un calcio volante e, caduto a terra, è stato immobilizzato e ammanettato”.

Quanto ai manganelli, Dossi apprende della loro esistenza solo verso le tre di pomeriggio, quando in questura vengono portati nel suo ufficio per farli vedere al dirigente Paolo Marino (“erano stati trasferiti nella macchina intatta che è rientrata alla base”). “Forlani mi ha detto – racconta l’ispettore – che il suo si era rotto durante la colluttazione; l’altro era di Pollastri, che mi ha detto che molto probabilmente si era rotto per fermare le gambe del ragazzo che scalciavano”.

Al termine dell’esame incrociato è intervenuto il giudice Caruso per fare domande d’iniziativa concernenti più che altro il “merito” delle indagini. “Non avete pensato – rivolgendosi a Dossi -, mentre effettuavate i rilievi e sentivate i quattro poliziotti come persone informate dei fatti, che i protagonisti di questa vicenda potessero in un futuro essere indagati?”. “No”, è stata la risposta.

La prossima udienza fissata per il 13 febbraio. In aula compariranno come testimoni dell’accusa Paolo Marino, dirigente sezione volanti, il comandante della squadra mobile Pietro Scroccarello e Marco Pirani, ufficiale di polizia giudiziaria. Le parti civili chiameranno a deporre l’ex questore di Ferrara Elio Graziano, il vicequestore aggiunto Gennaro Sidero e l’ispettore della mobile Alessandro Cervi.