Tempo di lettura: 3 minuti

L’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona (OEDT) ha recentemente pubblicato la consueta Relazione annuale sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa. Come sempre, l’OEDT si propone di offrire una panoramica dei consumi nell’Unione. Al contempo, individua ogni anno un tema al quale dedicare qualche decina di pagine, con l’illusione di chiarire la faccenda. Procediamo per gradi e partiamo dai consumi. È ormai una battaglia persa quella di auspicare una maggiore omogeneità, sia con riferimento alle fasce d’età considerate, sia in merito agli anni in cui sono stati raccolti i dati a livello europeo. Ad ogni modo, maneggiando le pinze del caso, dalla lettura del rapporto apprendiamo che sembrano esservi alcune piccole novità per quanto riguarda il consumo di Cannabis (in calo), mentre “non vi sono segnali di miglioramento per quanto riguarda il consumo di cocaina ed eroina”. I consumatori lifetime di Cannabis (almeno una una volta nella vita) sono circa 74 milioni, cifra che scende a circa 22 milioni con riferimento all’ultimo anno e a 12 milioni con riferimento all’ultimo mese. I consumatori lifetime di cocaina sono circa il 4% della popolazione dell’Unione (13 milioni), cifra che si riduce ad un terzo (4 milioni) per quelli che dichiarano di aver consumato almeno una volta nell’ultimo anno ( last year) e a 1,5 milioni per quelli che hanno usato nell’ultimo mese (last month). Sono 12 milioni gli europei che hanno fatto uso di anfetamine almeno una volta nella vita, mentre sono 2 milioni a dichiarare un consumo nell’ultimo anno e la metà i consumatori nell’ultimo mese. Per gli oppiacei (un calderone dove l’OEDT non specifica mai di quali sostanze parla), apprendiamo che i consumatori “problematici” (altra definizione tutt’altro che chiara) sono circa 1,5 milioni.

Venendo al tema speciale: con le parole dell’Osservatorio, “la poliassunzione costituisce un altro aspetto notevolmente problematico, in presenza di una gamma sempre più ampia di sostanze disponibili e di modalità sempre più complesse di assunzione di stupefacenti”. Peccato, ancora una volta, che sfugga il legame diretto tra questi aspetti e le politiche proibizioniste. E peccato che la stessa chiave di lettura non venga presa in esame di fronte a quello che Gotz, il direttore dell’Osservatorio, definisce un “bersaglio mobile”, cioè il “problema del costante aumento della complessità del mercato delle droghe sintetiche in Europa, dove fornitori altamente innovativi riescono a eludere i controlli offrendo sostituti non regolati”.

La parte più interessante del Report è quella sulle politiche di riduzione del danno. Anche perché vengono riprese alcune riflessioni già avanzate nei precedenti Report. Conforta dunque constatare che la riduzione del danno, secondo lo OEDT, debba essere “inclusa a tutti gli effetti” in “una politica efficace sulle droghe” e che occorra passare da un “sistema adatto a tutti a un insieme di misure mirate”. Vale a dire, la riduzione del danno non è più un tabù, anche se non è del tutto chiaro se quello dell’Osservatorio sia un auspicio oppure una resa di fronte alle politiche che stanno fortunatamente prendendo piede in diversi paesi dell’Unione.

E conforta anche il fatto che l’OEDT non storce troppo il naso sui programmi che prevedono lo scambio di aghi e siringhe, laddove afferma che tali programmi “possono operare a livello locale (…) talvolta nell’ambito di un quadro legale nazionale specifico che ne consenta l’attuazione, tuttavia in genere senza che ciò sia strettamente necessario”. Tradotto, questo significa che finalmente ci si sta allontanando dall’idea che tali politiche rappresentino “favoreggiamento” o “incitamento” all’uso di droghe (virgolettato nel Report). Tutto questo lascia ben sperare, anche se può sorprendere il lettore italiano, visto l’ostracismo al termine stesso, riduzione del danno, decretato dal Dipartimento antidroga; per non dire delle recenti inqualificabili affermazioni dello zar Giovanardi in merito alla morte del giovane Cucchi.

Insomma, l’OEDT resta ancora schiavo di alcune lacune imbarazzanti, ma ha cominciato ad aprire gli occhi. Purtroppo, anche in materia di droga, dalle nostre parti viene il sospetto di essere sempre meno europei.