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Torino, il primo dicembre, ospiterà la Conferenza interregionale sulle dipendenze, con il promettente titolo “La governance nel settore delle dipendenze: il ruolo delle Regioni e Province Autonome – Scenari attuali e prospettive”. L’iniziativa nasce dalla necessità di superare il profondo conflitto esplicitato dalle Regioni nell’ambito della Conferenza nazionale sulle dipendenze tenutasi a Trieste lo scorso marzo: lì, le amministrazioni locali non solo ebbero uno spazio ridotto all’osso, del tutto inadeguato al loro ruolo, ma furono attaccate apertamente sia dal sottosegretario Giovanardi che dal Capo Dipartimento nazionale antidroga, nell’ambito di un più ampio e duro attacco ai servizi pubblici. Torino, dunque, potrebbe rimettere i puntini sulle i: mettendo al centro le competenze regionali, creando confronto tra le policies locali, ridisegnando approcci e sistemi grazie una attenta valutazione di sistemi organizzativi e impianti normativi. Insomma, fare ciò che Trieste non ha fatto, e farlo avendone i titoli, dato che sono proprio le Regioni ad avere la responsabilità in materia di dipendenze. Una responsabilità che deve a volte farsi largo tra tentativi reiterati di nuovo centralismo, come dimostrano i ricorsi intentati contro parti della stessa legge Fini Giovanardi. Il titolo della Conferenza torinese appare promettente: parlare di governance infatti dovrebbe significare non fermarsi ai tecnicismi organizzativi, ma alzare lo sguardo sulla complessità delle risposte di sistema, e sulla adeguatezza delle sue cornici normative, paradigmatiche e metodologiche. Cosa significa infatti “governare” un fenomeno così sfaccettato e complesso come i consumi di droghe e le dipendenze, se non promuovere e attuare delle policies che di questa complessità abbiano il polso e a questa complessità siano adeguate? A Trieste, questa complessità è stata mutilata a priori, sacrificata sull’altare dell’imperativo ideologico caro al governo, e alcune domande di fondo sono state clamorosamente eluse, posizionando il confronto nel campo ben delimitato dala patologizzazione del fenomeno, da una lato, e dalla sua repressione dall’altro. Come si fa a ragionare di governance lasciando fuori la valutazione dei risultati dell’attuale cornice legislativa, il rapporto tra i benefici e i danni che comporta, la sua efficacia o il suo fallimento? E come si fa a ragionare di governance se si lascia – per ragioni politiche – fuori dal dibattito uno dei quattro pilastri su cui si basano le politiche sulle dipendenze in tutta Europa, la riduzione del danno, che è proprio quella parte delle policies che ha il compito di tenere bassa la temperatura dei danni e dei rischi per i consumatori e per la società?
Trieste non ha risposto, ha solo ribadito l’approccio governativo dell’obiettivo unico dell’astinenza e della punibilità del consumatore, nulla importandosene di risultati e costi sociali. Le Regioni, non possono permetterselo: si confrontano, attraverso il lavoro dei servizi pubblici e accreditati, ogni giorno con la necessità di risposte diversificate; si misurano, come i Comuni, con un impatto sociale, culturale e di convivenza cui nessuna norma penale può dare risposte, e che esige policies locali pragmatiche, mediatrici, partecipate. Chi davvero ha compiti di governance, non può permettersi di essere indifferente né all’assetto normativo dentro cui deve operare, né ai vincoli e ai lacci che limitano la possibilità di attingere a tutto ciò che l’evidenza e la valutazione scientifica mette a disposizione di una policy locale. Non è un caso che la riduzione del danno in tutta Europa sia nata dal basso, dalle municipalità e dalle regioni, e non è un caso se, già dalla fine degli anni ’80, siano state le amministrazioni locali a invocare meno repressione e più politiche sociali, spesso scontrandosi con i propri governi nazionali. La Conferenza di Torino, allora, dovrebbe assumersi la responsabilità di colmare almeno tre vuoti: valutazione degli esiti della legge, pieno accreditamento delle politiche di riduzione del danno, percorsi partecipativi aperti a tutti gli operatori pubblici e privati e alle associazioni, non solo ai grandi network.

(Leggi la lettera-appello di Forum droghe in vista della conferenza sulle droghe di Torino, www.fuoriluogo.it )