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Il recente meeting del Segmento ad Alto Livello della Commission on Narcotic Drugs (CND) del marzo 2019 ha posto, in maniera anche più evidente di sempre, la spinosa ed irrisolta questione della valutazione delle politiche globali sulle droghe. Da un lato l’evidenza – nelle cifre fornite dalle stesse fonti istituzionali nonché dagli interventi di molti degli stati membri e delle organizzazioni della società civile – del totale fallimento dell’approccio determinato dalle Convenzioni internazionali nel gestire e governare il fenomeno, dall’altro lo sfarinarsi, fino alla sparizione dal discorso politico, di queste evidenze in fase di rilancio della strategia Onu sulle droghe. La potente inerzia della risposta politica globale ai fenomeni del consumo di droghe, su cui vivono di rendita interi sistemi di potere, economici e geopolitici, continua a riproporre il tema del dialogo tra ricerca (per la valutazione dell’impatto e dei risultati) e politica, e l’esito appare scoraggiante. Il nodo non è certo tecnico, le politiche pubbliche si possono valutare ed esistono modelli soddisfacenti per farlo, ma è decisamente politico: perché, stando sul livello globale, è evidente che una seria valutazione degli esiti non direbbe solo e tanto che le strade intraprese non portano agli obiettivi prefissati, ma finirebbero con il mettere in discussione gli obiettivi stessi. Quel “mondo senza droghe” della war on drugs finirebbe sotto processo come obiettivo strategico della politica globale ben più dei fallimenti tattici per (non) raggiungerlo.  Questo temono i difensori dello status quo, a prescindere dai drammatici costi umani, economici e di giustizia sociale che sono sotto gli occhi di tutti.  Ed è proprio questo che sa il movimento per la riforma delle drug policy che sulla valutazione continua a puntare, come ben evidenziato, per esempio, sia dalle iniziative di valutazione indipendente (come il Rapporto ombra curato da IDPC in occasione di Vienna 2019) che dal rilancio dell’approccio di valutazione basato sul rispetto dei diritti umani e ancorato agli obiettivi Onu dell’Agenda 2030. Accade così anche in Italia. Anzi peggio, perché noi non abbiamo nemmeno un Piano d’azione nazionale sulle droghe da valutare (quello di Giovanardi e Serpelloni risale al 2010, mai approvato dalle Regioni e mai riscritto) e l’inerzia è ormai cristallizzata da una indifferenza della politica mai vista prima. I dati contenuti nella Relazione annuale al Parlamento non sono, agli occhi di un decisore politico, uno strumento utile per capire quale direzione si debba prendere: ci sono dati di processo (cosa si fa), elementi di conoscenza del fenomeno del tutto parziali, e nessun indicatore di risultato e tanto meno di impatto (cosa cambia e in che direzione cambia). Anche da noi, sono ricerche indipendenti quelle che cercano risposte a questo vuoto: l’annuale Libro Bianco, per esempio. Serve uno scatto, su questo terreno. Lunedì 7 ottobre, un gruppo di associazioni cercherà di fare un passo avanti, si troverà a Roma per discutere di valutazione delle politiche sulle droghe e offrire ai politici una sponda razionale per ripensarle. L’appuntamento è alle ore 15.00 presso la Sala di Santa Maria in Aquiro in Piazza Capranica 72 (iscrizione  gratuita ma obbligatoria entro venerdì 4 ottobre alle 12 su fuoriluogo.it). Una occasione – fornita dal progetto europeo Civil Society Forum on Drugs Project, partner italiano Forum Droghe – per chiamare la politica ai suoi compiti e, insieme, per offrire quel vasto patrimonio di sapere che il movimento di riforma, nazionale e globale, ha accumulato. E che sarebbe davvero ora di investire.

Tutta la documentazione citata nello speciale Valutazione delle politiche sulle droghe on line su Fuoriluogo.it.

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