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La questione della salute mentale è tornata davvero nell’agenda politica? Spinte anche dagli effetti dell’emergenza pandemica, importanti agenzie istituzionali hanno dichiarato urgente dedicare attenzione per le condizione delle persone che soffrono disagio mentale.

Il direttore generale Oms ha rivolto ripetuti richiami ai governi affinché «assumano impegni ambiziosi … per supportare e prendersi cura delle persone affette disturbi mentali e proteggere i loro diritti umani e la loro dignità».

Il ministero della Salute italiano (va detto: sollecitato dalla pressione delle associazioni del «Coordinamento nazionale salute mentale«) ha organizzato, dopo vent’ anni di blackout, la 2a Conferenza nazionale per la Salute Mentale. Nella Conferenza, che ha visto migliaia di partecipanti, gli interventi dei ministri della Salute e della Giustizia sono stati rivolti anche alle condizioni di salute delle persone detenute, in carcere o in Rems.

Perfino al «G20 Salute» di Roma è stata dedicata una sessione specifica al tema della salute mentale. Primi segnali di attenzione arrivano dal versante dei finanziamenti: per il 2021 sono stati vincolati 60 milioni aggiuntivi per progetti destinati a «rafforzare i Dsm, per il superamento della contenzione meccanica, per la qualificazione dei percorsi … dei pazienti con disturbi psichiatrici autori di reato …».

Segnali incoraggianti dunque. Tuttavia sappiamo bene che non bastano.

Forti sono anche le resistenze e i ritardi nell’applicare la riforma che ha chiuso i manicomi giudiziari, la legge 81/2014. Il monitoraggio e la manutenzione del delicato e difficile processo di superamento degli Opg è stato dimenticato da Governo e Regioni. Così si è trascurato di valorizzare la parte della riforma che privilegia i progetti di cura e riabilitazione con misure alternative alla detenzione.

In questo modo si sono sovraccaricate le Rems (e i loro operatori) di compiti impropri (mentre dovrebbero essere extrema ratio); si è alimentata una patologica lista di attesa per l’ingresso in Rems di persone spesso con misura di sicurezza provvisoria, che quasi sempre trovano risposta in contesti di cura non custodiali, smentendo chi reclama un aumento delle Rems e vuole cancellare il vincolo del numero chiuso.

In questa situazione un magistrato di Tivoli ha presentato una questione di legittimità costituzionale. La Consulta, per ora, ha risposto chiedendo al governo chiarimenti sullo stato di attuazione della legge 81/2014. Bisogna reagire, con segnali chiari e forti: prima di tutto riattivare l’Organismo nazionale di monitoraggio per accompagnare e sostenere il superamento degli Opg. Questo è un impegno assunto dal governo proprio nel corso dell’ultima Conferenza salute mentale: occorre pubblicare subito il decreto di nomina.

Ma occorre fare di più: abolire gli articoli del codice Rocco che destina i «folli rei» non imputabili al binario speciale della misura di sicurezza, mantenendo così la separazione tipica della logica manicomiale.

Da questa consapevolezza è nata la decisione di agire in via legislativa per superare la non imputabilità per vizio di mente e prefigurare misure alternative alla detenzione, con la presentazione della proposta di legge n. 2939 alla Camera dei Deputati, a firma Riccardo Magi.

L’abolizione del doppio binario per i «folli rei», completando la riforma per il superamento degli Opg, può restituire cittadinanza e, insieme, reclama un cambiamento radicale della drammatica condizione nelle carceri, il potenziamento delle misure non detentive, un rilancio dei servizi per una salute mentale di comunità, per assicurare il pieno diritto alla tutela della salute e alla cura.

Di tutto questo si discuterà nel seminario «Salute mentale e folli rei: lo stato dell’arte e la battaglia per la riforma» in programma a Treppo Carnico dal 17 al 19 settembre (www.societadellaragione.it/treppo).

* Osservatorio stopopg