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La mobilitazione per il referendum sulla cannabis che ha coinvolto migliaia di persone alla fine della scorsa estate raccogliendo oltre seicentomila firme in pochissimi giorni ha rivelato in modo dirompente quanto la riforma in senso antiproibizionista delle politiche sulle droghe sia considerata una priorità da un numero crescente di cittadini.

Milioni di cittadini italiani, consumatori o meno, sono convinti che non abbia davvero più alcun senso accanirsi con norme iper repressive sulle condotte relative agli stupefacenti e che mantenere l’attuale normativa abbia degli effetti controproducenti e perversi finendo per rendere le autorità pubbliche complici delle organizzazioni che gestiscono il traffico illegale e nemiche dei cittadini, della loro salute e libertà.

Con il giudizio di inammissibilità emesso dalla Corte Costituzionale nel febbraio scorso è stata negata la possibilità di un vero dibattito sul tema che si concludesse con una modifica della norma attraverso l’intervento popolare. L’unica possibilità di modificare la legge è tornata ad essere per il momento la via del Parlamento. Qui, in commissione Giustizia alla Camera, dal 2019 è all’esame una proposta di legge a mia prima firma che prevede la depenalizzazione della coltivazione domestica di cannabis per uso personale e la diminuzione delle pene per i reati di lieve entità, prevedendo questa fattispecie in un articolo autonomo, evitando imputazioni pesanti che si risolvono solo all’esito del processo. Si limiterebbe così il peso sui tribunali e il sovraffollamento nelle carceri. E’ importante sottolineare che la Conferenza nazionale sulle droghe – il principale appuntamento istituzionale governativo che, in base alla legge, dovrebbe fornire al parlamento le indicazioni per eventuali modifiche della legge – tenutasi a Genova nel novembre scorso, ha indicato come necessarie, sul piano penale, esattamente le misure contenute in questa proposta. Ora, dopo anni di audizioni, rinvii per dare precedenza a provvedimenti ritenuti più urgenti, altri rinvii spesso strumentali e ostruzionistici, si è arrivati al momento della verità: l’inizio delle votazioni sugli emendamenti per portare rapidamente la proposta di legge in aula dove è iscritta in calendario per il mese di giugno. Colpo di scena: al Senato viene incardinato in commissione l’esame di alcuni testi sugli stupefacenti e viene annunciato dal presidente leghista della commissione Giustizia che sarà adottato come testo base la proposta della Lega. Tutti dicono che ciò sia frutto di uno scambio indecente che vede da un lato la prosecuzione dell’iter sul suicidio assistito al Senato (con Pillon tra i relatori) dall’altro  l’avvio della discussione, a puri fini di propaganda, del testo “zero droga”. Dei veri apprendisti stregoni  devono essersi messi all’opera per questo risultato oppure è il segno che anche tra le forze “progressiste” non si è così convinti né sul fine vita né sulla cannabis. Ma c’è di più, in questo modo si stanno violando i regolamenti di Camera e Senato che prescrivono che non si proceda con l’esame di progetti di legge che hanno oggetti identici o strettamente connessi con progetti già all’esame dell’altro ramo.

Con queste manovre si sta tentando di chiudere il cerchio per impedire che anche per via parlamentare, dopo che è stata impedita la via referendaria, sia conquistato un qualsiasi intervento di riforma delle politiche sulle droghe.

Dobbiamo sventare questo tentativo chiamando tutti gli attori istituzionali e politici alle proprie responsabilità: i presidenti delle Camere devono impedire un degrado delle istituzioni e le forze politiche devono tenere una condotta coerente con gli annunci dei propri leader: ricordiamo tutti che Letta e Conte ai tempi del referendum affermarono  che la proposta da loro sostenuta era proprio quella giacente in commissione alla Camera.