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“Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione al vestiario, all’abitazione, e alle cure
mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”. (Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 25) “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 2) Il sistema italiano di garanzia dei diritti fondamentali di cittadinanza si basa su questi principi: è in
forza delle affermazione della Dichiarazione Universale dei diritti umani e della nostra Costituzione che il Parlamento del nostro paese ha approvato leggi e fissato regole di tutela della dignità di ogni
cittadina e cittadino con una particolare attenzione ai più deboli, ai più fragili, ai più poveri.

L’abbiamo chiamato “Stato sociale”
Oggi lo Stato sociale è messo in discussione, c’è il rischio fondato che una sempre maggiore quantità di bambini e bambine, giovani, uomini e donne, anziani siano privati dei servizi essenziali (difesa della salute, istruzione, casa, lavoro, pensione) e si vedano cadere inesorabilmente nel
baratro della povertà e nell’abbandono da parte delle Istituzioni e della comunità di appartenenza.
La causa dell’allargarsi progressivo della quantità di persone povere è da ricercare non solo nella situazione di crisi globale che stiamo vivendo, ma anche nell’affermarsi negli ultimi decenni della teoria del liberismo economico, della globalizzazione selvaggia e incontrollata, delle speculazioni finanziarie, nella decisione consapevole della politica di abbandonare a sé stessi i più deboli per curare soprattutto gli interessi dei già ricchi che, anche in periodo di crisi, continuano ad arricchirsi
sempre di più a danno della stragrande maggioranza dei cittadini del nostro paese.
L’aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche non è più tollerabile anche perché è spesso causa di violenza tra le persone e prefigura il rischio di conflitti intergenerazionali, di genere, di censo.
Noi gridiamo a gran voce il nostro sdegno per questa ingiustizia e diciamo che non possiamo più accettare questa situazione.
Tanto meno possiamo subire inermi la decisione di rispondere con il carcere, la detenzione, la via penale a problemi la cui natura è sociale. Denunciamo la mancata applicazione del dettato costituzionale che prevede come finalità della detenzione il recupero e reinserimento sociale di tutte le persone ristrette della libertà. Non è credibile uno Stato che rinuncia alla sicurezza sociale per proporsi come garante della sicurezza penale.

Crediamo sia giunto il momento per dire che lo Stato sociale va salvato dall’assalto dei barbari e che si deve tornare all’affermazione dei diritti di cittadinanza sanciti dalla nostra Costituzione.
Bisogna riprendere con forza a rimuovere tutte le barriere che impediscono ad ognuno di sentirsi cittadino.
Per questo diciamo necessario procedere ad una riforma dei comportamenti della politica alla quale chiediamo che si faccia carico soprattutto dei più poveri, degli affaticati, di coloro che non vedono futuro per loro, i loro familiari i loro figli.
Si possono fare delle cose concrete e noi non temiamo di indicarle precisando che su queste siamo disponibili a mettere in campo quanto a nostra disposizione in parole, proteste, mobilitazione sociale.
Ogni cittadino deve poter contare su un Reddito Minimo che gli permetta di poter vivere dignitosamente.
Anche chi, partendo da altri paesi del mondo, decide di risiedere in Italia deve poter usufruire delle condizioni utili a potersi inserire come cittadino portatore di diritti e di responsabilità.
Chi perde il lavoro deve sapere che viviamo in un paese che è pronto ad attivare una serie di azioni di tutela che lo salvino dal rischio povertà: vengono normalmente chiamati ammortizzatori sociali e sono necessari soprattutto per chi lavora i situazione di precarietà occupazionale.
La salute è un diritto primario che non può essere negato a nessuno sia che si trovi nelle condizioni di cittadinanza riconosciuta che nel limbo della irregolarità.
L’istruzione è un bene primario da cui rischiano l’esclusione soprattutto le fasce più emarginate e fragili alle quali sempre più si propone una istruzione di secondo livello, si nega l’accesso agli studi
universitari e specialistici, si impedisce di poter usufruire di livelli di eccellenza: anche la scuola si sta stratificando per censo di appartenenza.
La casa non può essere un lusso, ma rimane un diritto tutelato dalla legge: migliaia di famiglie italiane ne sono prive e non esiste alcuna politica orientata a dare un tetto a chi è senza.
Le politiche fiscali devono essere improntate alla progressività in base del reddito percepito dal nucleo di appartenenza, va eliminata la piaga dell’evasione fiscale e una quota certa del gettito va destinata ai bilanci degli Enti locali
Le risorse economiche destinate ai cosiddetti servizi alla persona (meglio noti come servizi sociali: assistenza domiciliare, asili, strutture di accoglienza, personale che si occupi di chi sta male e vive
nel disagio) diminuiscono costantemente e il loro reperimento rimpallato tra Stato-Regioni-Comuni.
Chiediamo che vi sia certezza di finanziamento per questi servizi che rappresentano la spina dorsale dello Stato sociale italiano.
In Italia gli operatori, i professionisti che lavorano nei servizi sociali sono all’incirca uno ogni … abitanti: chiediamo che si passi ad un rapporto di uno ogni … abitanti: le risorse umane sono uno
dei pilastri dei servizi di cittadinanza a livello territoriale e rappresentano un investimento sul benessere e la dignità delle cittadini e dei cittadini.

Pensiamo che non vi sia alternativa a lottare contro la povertà e il progressivo impoverimento di fasce sempre più ampie di nostri cittadini e riteniamo che ogni sforzo vada fatto perché non si arrivi allo smantellamento del sistema di difesa costruito in questi anni.
Denunciamo il rischio di ritornare ad uno Stato caritatevole e assistenziale che si limita a prendere atto che la povertà è tra di noi come male ineliminabile e che chi vi cade dentro possa aspettarsi
solo degli interventi assistenziali, una tantum, saltuari: è tempo di cambiare il nostro modello di società assumendo i criteri della solidarietà, della giustizia, della pari dignità di ognuna e ognuno.
Il benessere di ognuno è la garanzia del futuro per l’intera collettività.
Non può esservi sviluppo, ripresa economica, crescita se migliaia di famiglie vivono strutturalmente sotto la soglia minima che permetta loro di sopravvivere dignitosamente. Questa situazione è anticostituzionale e cozza contro la dichiarazione universale dei diritti umani.
Torniamo ad affermare l’esigenza di dare diritto ai diritti: lo chiediamo con forza alla politica e alle istituzioni del nostro paese.
Non si può invocare responsabilità se dilaga l’ingiustizia sociale e la discriminazione. Non vi può essere futuro per una democrazia che nega i diritti di cittadinanza.
Dalla crisi si esce solo aumentando le tutele, non togliendole.
Lo Stato o è sociale o non è.