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Con il successo a sorpresa del Move Forward Party (MFP) alle elezioni generali del maggio 2023, un’ondata di speranza e ottimismo sembra aver investito tutta la Thailandia. Tra i candidati alle elezioni, il MFP ha fatto campagna per i cambiamenti politici più ampi, in particolare per rivedere le pene per il reato di insulto, diffamazione o minaccia alla monarchia (sezione 112 del Codice penale), legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, de-centralizzare la gestione finanziaria del governo e limitare la portata del ruolo dei militari nel governo, che si era ampliato dopo il colpo di Stato militare del 2014. Inoltre, il MFP ha dichiarato che le sue priorità in politica estera includeranno il perseguimento della cooperazione internazionale e la promozione dei diritti umani. È positivo vedere la promessa di migliorare l’impegno democratico, la trasparenza e la responsabilità del governo e l’equa distribuzione delle risorse in tutto il Paese. Tuttavia, i piani del MFP per la revisione delle politiche sulle droghe in Thailandia, in particolare per quanto riguarda il mercato della cannabis, attualmente legalizzato ma non regolamentato, rimangono incerti.

Nell’agosto 2023, la Camera dei Rappresentanti e il Senato che compongono il Parlamento thailandese decideranno con un voto se Pita Limjaroenrat diventerà Primo Ministro. Poiché il Senato è composto da 250 persone nominate dai militari, il loro voto è cruciale per decidere se il leader del MFP diventerà primo ministro e formerà il governo. Il MFP ha formato una coalizione con altri 7 partiti per aumentare la propria percentuale di voti alla Camera: questa il 22 maggio 2023 ha approvato un memorandum d’intesa che delinea 23 punti programmatici. Le due prese di posizione politiche riguardanti specificamente la droga affermano che la coalizione intende: “affrontare con urgenza i problemi legati agli stupefacenti” e “classificare la cannabis come stupefacente e introdurre una legge che ne regoli l’uso“. Vale la pena notare le altre posizioni politiche rilevanti sulla riforma della polizia, delle forze armate e del sistema giudiziario, sul rafforzamento del sistema sanitario pubblico e sul ripristino del ruolo di leadership della Thailandia nel blocco regionale del Sud-Est asiatico noto come ASEAN – anche se i dettagli di ciascuna posizione politica devono ancora essere delineati.

Il MFP ha promesso che gli attuali titolari di licenze per la produzione e la vendita di cannabis non saranno colpiti dalle future riforme della politica sulla cannabis. Tuttavia, sembra insostenibile che la cannabis venga riclassificata come stupefacente, che il suo uso venga regolamentato e che i titolari di licenze per la coltivazione e la vendita di cannabis non subiscano alcun impatto – tutto allo stesso tempo. I prossimi due mesi che precedono il voto parlamentare per l’elezione del Primo Ministro potrebbero vedere compromessi tra il MFP e altri partiti politici e senatori, che definiranno più chiaramente la forma delle riforme della politica sulle droghe previste dalla nuova coalizione guidata dal MFP. C’è anche il rischio che le incertezze, le contraddizioni e la confusione nelle politiche del governo sulla cannabis e sulle altre droghe rimangano.

Vale la pena di riflettere sul fatto che, nell’ultimo decennio, le riforme più progressiste della politica sulle droghe in Asia sono state portate avanti dalla Thailandia, inaspettatamente sotto il governo militare. Nell’anno precedente alla rimozione della cannabis dall’elenco delle sostanze stupefacenti, entrata in vigore il 9 giugno 2022, la Thailandia ha legalizzato il kratom (una pianta indigena del Sud-est asiatico e comunemente usata in alcune comunità rurali thailandesi come leggero stimolante per trattare la stanchezza) e ha adottato il Codice degli Stupefacenti (che conteneva pene ridotte e norme di condanna rivedute per ridurre i livelli di incarcerazione e passare a fornire una risposta sanitaria al consumo di droga).

A differenza dell’adozione del Codice degli Stupefacenti e della legalizzazione del kratom, che sono avvenute dopo anni di consultazioni che hanno coinvolto funzionari governativi, giudici, organizzazioni della società civile e comunità interessate, le riforme legali della cannabis nel 2021-2022 sono state in gran parte guidate dal Ministro della Salute Anutin Charnvirakul che, come leader del partito Bhumjaithai, ha sostenuto la legalizzazione della cannabis durante la campagna elettorale del 2019. Quest’ultimo è parte del motivo per cui le politiche sulla cannabis rimangono altamente politicizzate e senza un accordo parlamentare sul quadro regolamentare per gestirne l’uso e la fornitura. Per troppo tempo, le politiche sulle droghe sono state dettate dalla politica, da un’ideologia fuorviante e dalla morale, a scapito di 100.000 persone imprigionate per reati di basso livello come l’uso e il possesso di droga, torturate in custodia dalla polizia e maltrattate nelle cosiddette strutture di riabilitazione dalle droghe (molte delle quali sono gestite dalla polizia e dai militari). Il fatto che tali violazioni dei diritti umani siano rese possibili troppo facilmente da leggi sulle droghe che ne criminalizzano l’uso e la cessione deve essere al centro delle considerazioni del nuovo governo thailandese nel determinare il suo approccio alla politica sulle droghe.

Mentre il MFP e gli altri membri entranti della Camera dei Rappresentanti elaborano la composizione della nuova amministrazione tailandese, si spera che essi siano guidati dai loro proclamati principi di governance democratica e di rispetto dei diritti umani nelle loro decisioni sulla politica sulle droghe.

In particolare:

1. Per quanto riguarda la politica sulla cannabis, al fine di sviluppare posizioni politiche che siano fondate su principi di giustizia sociale, diritti umani e riduzione del danno e che portino a risultati migliori per la sicurezza umana e la salute pubblica, risulta necessario:

  • studiare l’impatto della criminalizzazione prima del 9 giugno 2022 e della legalizzazione dopo tale data per valutare gli impatti positivi e negativi sulle comunità in Thailandia;
  • imparare dai modelli di regolamentazione legale di altri Paesi, ad esempio Canada, Uruguay e Stati Uniti, e prendere in considerazione orientamenti basati su dati concreti per garantire risultati positivi per le comunità, come l’educazione pubblica sulla prevenzione dell’uso dannoso e la prevenzione della concentrazione delle imprese per garantire un’equa distribuzione dei profitti;
  • tenere consultazioni pubbliche per raccogliere i contributi e le esperienze delle persone che usano, coltivano e vendono cannabis in tutto il Paese e considerare le prospettive dei diversi gruppi interessati,

2. Sull’attuazione del Codice degli stupefacenti, al fine di sviluppare politiche attuative che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi del Codice degli Stupefacenti, secondo processi trasparenti, responsabili e partecipativi, è necessario:

  • garantire che l’espressione “riduzione del danno” menzionata nel Codice sia interpretata e applicata secondo la sua vera definizione, che implica investimenti nell’eliminazione dello stigma, della discriminazione, della criminalizzazione, della punizione e di altri abusi contro le comunità intersezionali di persone che fanno uso di droghe, comprese le persone LGBTQ+ che fanno uso di droghe;
  • valutare i progressi nell’attuazione per valutare in che misura il Codice stia raggiungendo i suoi obiettivi di riduzione del numero di persone incarcerate per reati di droga, fornendo alternative accessibili all’incarcerazione e programmi di riabilitazione dalle droghe realmente volontari anziché forzati;
  • eliminare il ruolo delle forze armate e della polizia nella fornitura di servizi sanitari e assistenziali per le persone che fanno uso di droghe, la cui responsabilità dovrebbe essere affidata a enti governativi specializzati nell’assistenza sanitaria e sociale, con la priorità di consentire l’erogazione di servizi gestiti dalle comunità locali;
  • organizzare consultazioni pubbliche per sollecitare raccomandazioni sulle migliori pratiche ed esperienze da parte delle comunità intersezionali di persone che fanno uso di droghe, di persone precedentemente imprigionate per reati di droga, di persone che subiscono in altro modo l’impatto delle politiche sulle droghe (ad esempio famiglie, amici, partner, datori di lavoro di persone che fanno uso di droghe), nonché di operatori esperti nel campo della riduzione del danno, della salute e della fornitura di servizi legali di tutto il Paese.

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[L’articolo originale di Gloria Lai è sul sito di IDPC – Traduzione a cura della redazione]